L’insigne medioevalista Alessandro Barbero ha pubblicato per il Corriere della Sera dei libri, alcuni incentrati sul basso Medio Evo. Sono testi diretti ad un pubblico di non specialisti, comunque connotati da rigore scientifico, attesa la figura dello storico. Anche nelle sue conferenze coniuga un eloquio diretto e semplice per raggiungere un vasto pubblico al quale fornisce pillole di sapienza storica destando l’interesse dell’uditorio.
Il titolo della pubblicazione riprende una frase pronunciata dai rivoltosi nel corso del tumulto dei Ciompi a Firenze.
L’opera si articola in quattro saggi. Il primo è quello della Jacquerie in Francia nel 1358, il secondo è il tumulto dei Ciompi a Firenze nel 1378, il terzo è l’insurrezione inglese nel 1381, la quarta ed ultima è la rivolta dei Tuchini nel canavese del 1386. Le quattro ribellioni sono tutte concentrate in un trentennio della seconda metà del XIV secolo.
La rivolta dei Tuchini è probabilmente la meno conosciuta. Le stesse origini dei nomi di tre delle quattro insurrezioni (Jacquerie, Ciompi e Tuchini) sono di origine incerta o frutto di una fantasia estemporanea dell’epoca, come illustra l’autore. A Firenze, ad esempio, in ricordo del tumulto, vi è la Piazza dei Ciompi in una zona limitrofa al centro.
Le prime tre si accesero e si spensero nell’arco di poche settimane mentre la rivolta nel canavese si articolò in quasi quattro anni dando luogo a forme che, in termini moderni, si potrebbero definire di autogestione.
Il Professor Barbero tiene ad evidenziare che non si trattò di rivolte nate sulla spinta di quelli che si potevano definire “pezzenti”, persone prive di ogni sostentamento.
Tra gli insorti figuravano contadini, alcuni mercanti ed altre figure lavorative di secondo piano del Trecento come bottegai, artigiani ed altro. Si evidenzia che i contadini non erano solo persone con basso reddito ma molti avevano da vivere dignitosamente per l’epoca.
Costoro erano afflitti da corvée nei confronti dei Signori, da insicurezze sui contratti di affitto delle terre, promuovevano istanze per non essere posti in condizioni di servaggio, chiedevano maggiore dignità e remunerazione del lavoro, diminuzione delle tasse, come in Inghilterra quando fu introdotto il testatico nel maggio del 1381. Si trattava, dopotutto, di istanze sociali formulate non certo da diseredati ma da chi aveva un minimo di cultura, capacità ed esperienza lavorativa o commerciale. Persone che miravano a migliori trattamenti in generale.
In Francia, in Inghilterra e nel canavese mai fu messa in discussione l’autorità regia o del Savoia. Firenze era un Comune. La migliore sintesi è nelle magistrali parole del Professor Barbero: “Non è quando non si arriva alla fine del mese, ma quando si comincia a stare meglio e non si ha più fame che si alimentano maggiori speranze per il futuro e si acquista consapevolezza dei propri diritti, e questa costante accomuna epoche solo in apparenza così distanti come quella medioevale e la nostra”.
Ovunque vi furono violenze gratuite di massa, non disgiunte da vendette personali, che incastonarono stupri, ruberie, case e castelli depredati e dati alle fiamme, esecuzioni di nobili, signori e traditori o ritenuti tali. I rivoltosi bruciarono migliaia di documenti che non giungeranno ai posteri, cercando di cancellare tutto quanto potesse documentare e sancire delle ingiustizie ai loro occhi o non trovando quanto da loro ricercato.
Non meno feroce fu la successiva repressione verso i rivoltosi; molti furono brutalmente uccisi, decapitati od impiccati. C’è da evidenziare che i resoconti giunti sino a noi, siamo nella seconda metà del Trecento, furono elaborati dai pochi che sapevano scrivere; erano prevalentemente monaci, notai, avvocati, letterati che non si schierarono certamente dalla parte del popolo minuto e dei rivoltosi.