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CORONAVIRUS, IL BACILLO DELL’IGNORANZA E GLI UNTORI DELLA DISINFORMAZIONE

di Umberto Rapetto
10/02/2020
in EDITORIALI
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Passino le scie chimiche, passi pure che sulla Luna non ci sia mai sbarcato nessuno, ma che il Coronavirus sia stato creato nei laboratori del “Richard Lugar Center for Public Health Research” finanziati dagli americani in quel di Tbilisi (la capitale della Georgia) mi sembra un pochino troppo.
A sparare vere e proprie fake news “atomiche” sono i cannoni di certa stampa che – complice il vento di Internet – riescono a raggiungere ogni angolo del mondo e a spettinare la cittadinanza culturalmente disarmata e sprovvista dei debiti anticorpi capaci di resistere al bacillo dell’ignoranza.
La missilistica è costituita da una serie di siti web che qualcuno ritiene vicini al Cremlino o quanto meno a qualche politico russo interessato ad attribuire agli Stati Uniti l’uso di armi biologiche contro la Cina.
Il sito Topcor.ru, ad esempio, spiega che la contaminazione sia una mossa per minare l’economia cinese e fermare – quasi Wuhan fosse la novella Hiroshima della seconda guerra mondiale – una concorrenza non altrimenti contrastabile.
Katiushya.org, invece, ritiene che il “2019-nCov” (o Coronavirus che dir si voglia) sia il grimaldello utilizzato per scardinare gli equilibri interni della Cina, mettendo a dura prova l’ordine pubblico locale con l’epidemia e testando le capacità di difesa della Repubblica Popolare sull’angosciante fronte NBCR (nucleare, batteriologico, chimico e radiologico… per chi ha poca dimestichezza con certe sigle tanto care agli addetti ai lavori).
Non bastassero le pubblicazioni online – agevolate dal clima autoreferenziale di link incrociati con altre fonti tutt’altro che attendibili – saltano fuori i sedicenti esperti che affollano il piccolo schermo. Se qualcuno pensava che fosse un privilegio tutto italiano, possiamo tranquillizzare la Rete intera e serenamente dire che ogni Paese ha la sua
torma di strateghi in pianelle e giacca da camera che sono pronti a partecipare ad un talk show in cui raccontare cose che non sanno e a cui – ad onor del vero – non credono nemmeno loro.
Evitando di fare nomi e cognomi (la tentazione è forte, ma la “pietas” prende il sopravvento) dei connazionali in cui si sono reincarnati Sun Tzu e Madame Curie, non ci si può esimere dal citare l’esperto militare Igor Nikulin.
Il tizio, che evoca i nostrani Napoleone tirati fuori dagli armadi alla bisogna per presentare al pubblico il Presidente e Vicepresidente (Nino Frassica docet) di questo o quel Centro Studi, avrebbe ripetutamente dichiarato che il virus altro non è che una bieca operazione di sabotaggio statunitense. Dinanzi alle telecamere e ai microfoni di TV Zvezda, il signor Nikulin avrebbe insistito nel rimarcare che gli americani ricercano attivamente i vettori di malattie letali per sperimentarli su popolazioni avversarie e per verificare al contempo l’efficacia di cure e rimedi per la propria gente.
A questo punto chi si domanda il perché della citazione del Richard Lugar Center nell’incipit dell’editoriale è presto accontentato. Secondo REN TV (finita nel mirino dei cacciatori di bufale di Mythdetector.ge) il laboratorio
georgiano di ricerca è la fucina in cui sarebbe stato sviluppato il Coronavirus. Quella struttura non è la prima volta che finisce nel mirino della “disinformatia”, perché – come riportato in precedenza da EUvsDisinfo – è stata anche accusata di un accidentale focolaio di epatite C e di un misterioso trattamento di sangue trasportato dai diplomatici
statunitensi per creare armi biologiche contro la Russia.
Non mancherebbero nemmeno i politici pronti a cavalcare le roboanti tesi complottiste. Tra questi il nazionalista russo Vladimir Zhirinovsky, membro del Parlamento di Mosca, cui si deve non solo la tesi dell’aggressione sanitaria sferrata dagli USA alla Cina ma anche quella dell’interesse delle società farmaceutiche statunitensi a fare business con un prossimo vaccino.
Fermiamoci qui.
Se la strada per risolvere l’emergenza del Coronavirus è lunga, per salvarsi dal bacillo dell’ignoranza basta davvero fare pochi passi. Si tratta di arrivare a prendere il telecomando del televisore o a portare le dita sul pulsante on/off dello smartphone o del computer: è sufficiente spegnere tutto e provare a documentarsi come si faceva una volta.
Se poi proprio non si può fare a meno di ricorrere alle scorciatoie digitali, si adoperi almeno l’accortezza di verificare le fonti e di tenere la bocca chiusa per evitare di essere presi all’amo da qualche titolo impressionante redatto appositamente per pescare incauti e creduloni.

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Umberto Rapetto

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