Un titolo degno del ragionier Fantozzi è la miglior sintesi di quel che sta accadendo nel devastato scenario dell’Italia Digitale.
Il cambio di Governo è stata la magica occasione per sfuggire al “redde rationem”: i manager pubblici che nulla hanno fatto per modernizzare questo Paese hanno deciso di rassegnare le dimissioni dagli incarichi finora ricoperti e a cui erano pervenuti a seguito di discutibili chiamate “a divinis” nella precedente legislatura.
Armati di profondo e viscerale sdegno (lo stesso che molti addetti ai lavori, ma con maggiore sincerità, hanno legittimamente provato al momento della loro designazione) molti eroi del progresso tecnologico nazionale hanno sbattuto la porta non accettando l’arrivo di nuovi padroni e del loro seguito.
Probabilmente non cambierà nulla e si proseguirà nella recessione cultural-scientifica, ma sapere che non c’è stato bisogno di mandare a casa chi tra questi, senza averne titolo, si faceva chiamare “dottore” come si conviene a chi parcheggia mentre compie ardite manovre, è già motivo di particolare soddisfazione.
Il processo evolutivo della nostra sgangherata Nazione non avrà bisogno – per restare in tema di resa dei conti – di una Norimberga del bit. Già questa sarebbe una buona notizia, anche se ai monomaniacali della giustizia non dispiacerebbe che qualcuno tirasse le somme dell’appena conclusa stagione di promesse e sogni irrealizzati.
Il senatore Alessio Butti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione, almeno una cosa buona l’ha fatta. Il suo “metus potestatis” è bastato ad innescare l’evacuazione di dirigenti che in futuro potrebbero non far sentire la loro mancanza.
Adesso si tratterà di vedere come e chi andrà a scegliere per rimpiazzare gli “esodati volontari”. Se la coscienza e l’amor patrio prevarranno su altre chiavi di gestione della “res publica”, si corre il rischio di vedere qualche risultato ma è meglio non nutrire fallaci speranze.
La tradizionale cernita tra i docili puledri della propria scuderia lascia poco spazio all’individuazione di bizzosi cavalli di razza che potrebbero cambiare il sonnolento trotto con cui procede l’Italia. In pratica finirà con il non cambiare nulla, ma l’averci regalato l’anche solo fulminea illusione di un mutamento epocale è pressoché impagabile.