Ho impiegato alcuni giorni a riprendermi dalla sorpresa. Non ho letto le 2971 pagine della sentenza della Corte d’Assise di Appello di Palermo, arrivata tempestivamente trent’anni dopo i fatti, ma mi sono accontentato degli stralci che la stampa ha riportato.
Ho pensato – e non riesco a smettere di farlo – alle famiglie di chi ha generosamente servito questo Paese fino all’estremo sacrificio, mentre altri sedicenti fedeli uomini delle istituzioni si prodigavano eroicamente nella “improvvida iniziativa” di scendere a patti con nobiluomini del calibro di Bernardo Provenzano.
Ho pensato agli orfani e alle vedove di chi non aveva capito che con la Mafia non si doveva combattere ma trovare accordi.
Dopo 37 anni in uniforme (e poi 10 per riflettere sul perché l’avevo dovuta appendere al chiodo) mi sono visto costretto a rivedere il significato di termini bizzarri come “lealtà”, “dovere” e altri etimi cui scorrettamente mi sono ostinato ad attribuire una certa sacralità.
Ho appreso, forse con infantile stupore, che i giudici di primo grado – quelli che avevano severamente paventato la disponibilità a cedere alle minacce di Cosa Nostra – erano incorsi in un “errore di sintassi giuridica”. Probabilmente quei magistrati – oggi clamorosamente smentiti – erano deboli di grammatica, gracili in ortografia e chissà quali lacune avevano in fonetica, morfologia e semantica…
In certi momenti è persino difficile arrabbiarsi e l’imbarazzo è talmente forte da minare il desiderio di far sentire la propria voce.
Nelle Accademie e nelle Scuole di Polizia si smetta di trasferire conoscenze e valori, ma si spieghi piuttosto che si può fare qualunque cosa purchè animati da “buoni propositi” in ossequio ad un tanto sospirato “la loi c’est moi”. Si collochi nel loro ingresso e negli spiazzi antistanti un ciclopico monumento di Niccolò Machiavelli che calpesta codici e volumi di diritto dando le spalle a chi oggi piange i propri morti in una battaglia che non valeva la pena intraprendere.
Nel marasma di infastidite emozioni, sono sbalordito nel vedere che nessuno è sceso in piazza per manifestare la benché minima indignazione.
Al dolore si affianca soltanto una profonda vergogna. Auguriamoci che non sia reato.