Pannelli fotovoltaici galleggianti!!!
Ricorda proprio uno dei megacomandi di UFO Robot Goldrake, in Italia conosciuto come Atlas UFO Robot. Ricordate?
Invece no, si tratta di un’idea molto valida. I pannelli fotovoltaici richiedono spazio. A parità di energia prodotta, una centrale elettrica fotovoltaica richiede una superficie 70 volte maggiore di una a combustibile fossile.
Allora perché non usare la superficie dei bacini idrici artificiali, magari quelli utilizzati dalle centrali idroelettriche?
Un gruppo di ricerca internazionale ha pubblicato il 13 marzo 2023 su “Nature Sustainability” il lavoro “Energy Production and water savings from floating solar photovoltaics on global reservoirs”, ovvero Produzione di energia e risparmio di acqua, a scala globale, mediante pannelli fotovoltaici galleggianti su bacini idrici”. Vale la pena riportarne alcune delle conclusioni.
Se si coprisse, con pannelli fotovoltaici galleggianti, il 30 per cento degli invasi esistenti al mondo, circa 114mila 555, si potrebbero produrre circa 9 mila 454 Terawattora (TWh) all’anno di elettricità. Se vi piace la notazione scientifica con indicazione dell’errore, si scrive 9,434 ± 29 TWh yr−1, due volte quanto viene prodotto con tutte le fonti all’anno negli Stati Uniti, il doppio di quanto producono oggi, a scala mondiale, le centrali idroelettriche: 4,418 TWh yr−1, dato 2020.
Un Terawatt è pari a un miliardo di chilowatt. Sono quindi 9mila 454 miliardi di chilowattora (1 kW=1000 Watt) all’anno.
Data la vicinanza dei bacini idrici ai centri abitati, la ricerca afferma che si potrebbe produrre con i pannelli galleggianti abbastanza da soddisfare le necessità energetiche di 6mila 256 comunità e/o città in 124 paesi, comprese 154 metropoli.
Non c’è nulla da inventare o da mettere a punto. Si installano i pannelli, quelli normalmente in vendita, su dei galleggianti che vengono opportunamente ancorati al fondo e fra di loro. Si tratta di utilizzare l’esperienza e le soluzioni dei pontili galleggianti dei porti turistici.
Ovviamente occorre tenere presente che il livello dell’acqua può variare anche rapidamente, in positivo e in negativo, si deve tenere conto di eventuali correnti e venti dominanti, loro intensità e direzione. Quindi l’ancoraggio deve essere sufficientemente “lasco” da permettere i necessari movimenti, sia verticali che orizzontali.
Vero che costa più di un’analoga installazione a terra, però presenta un importante vantaggio. Ha a che fare con l’acqua. Ombreggiando la superficie del bacino si riduce in modo importante l’evaporazione dell’acqua. La stima parla di una riduzione percentuale pari a 46 ± 3. Vengono così conservati 106 ± 1 km3 di acqua (106 mila miliardi di litri). Una quantità di acqua tale da soddisfare le necessità di 300 milioni di persone all’anno.
La ricerca stima che gli USA, con i loro 26 mila bacini, la cui superficie è pari a circa 64mila 749 chilometri quadrati, coprendoli sempre solo per il 30 per cento, possano essere in grado di produrre 1900 TWh anno risparmiando circa 21 miliardi di metri cubi di acqua. Dolce e potabile.
Sempre in TWh anno, la Cina può produrne 1100, il Brasile 865, l’India 766 e l’Egitto 60. Quest’ultimo risparmiando circa 757 milioni di metri cubi di acqua. Non poco.
Interessante notare che per circa 40 paesi le cui economie sono considerate in via di sviluppo, come Zimbabwe, Myanmar e Sudan, la capacità potenziale di produzione supera la domanda complessiva attuale.
Se qualcuno vuole divertirsi, in Italia ci sono 526 grandi dighe e 20mila piccoli invasi. A voi trovarne la superficie complessiva. Poi prendete come valore per la capacità di generazione fotovoltaica per unità di superficie per anno lo stesso della Spagna, ovvero (182 ± 3) kWh m2 yr−1 e moltiplicate per i metri quadri totali disponibili. Prendete il risultato, calcolatene il 30 per cento e potrete confrontare quanto ottenuto con i dati della ricerca.
Interessante notare che i bacini in questione spesso alimentano centrali idroelettriche. Il che comporta significativi vantaggi. In primo luogo non sono necessari investimenti aggiuntivi per collegare i pannelli galleggianti alla rete. Si condividono quelli della centrale idroelettrica. Poi la tipica periodicità delle fonti rinnovabili viene attenuata se non eliminata dalla produzione idroelettrica. Di giorno si va con il solare, la notte con l’idro. Non solo. Se per qualche motivo, ad esempio periodi di siccità e necessità di altri usi della riserva di acqua, viene ridotta o azzerata la capacità di produzione della centrale idroelettrica, ci pensa il fotovoltaico a compensare.
Il “floatvoltaics”, gioco di parole in inglese fra floating, galleggiare e photovoltaics, è anche una soluzione molto valida per alimentare le microreti, ovvero reti locali, non collegate alla rete generale di distribuzione elettrica. Di giorno produce più della domanda, accumulando energia in batterie, per poi restituirla nelle ore notturne.
Nulla viene detto nello studio sulla possibilità di avvalersi di questa soluzione per la produzione dei cosiddetti e-carburanti. Ovvero carburanti di sintesi prodotti mediante l’elettrolisi dell’acqua e assorbimento di anidride carbonica dall’atmosfera. La resa energetica è bassa, il rapporto è pari a 5 a 1, ma se l’elettricità è disponibile, perché non farlo. Si possono così produrre carburanti a impatto zero che possono essere utilizzati dagli aeroplani, ad esempio.
Come sempre ci sono anche problemi da affrontare, verificare e, se necessario, risolvere. Ombreggiare l’acqua può avere un impatto sulla crescita delle piante acquatiche, causare ipossia (mancanza di ossigeno) negli strati profondi e ridurre la qualità dell’acqua, modificare la circolazione delle correnti, dare fastidio agli uccelli migratori che usano i bacini come stazioni di sosta nei loro spostamenti.
Ancora. Quale deve essere la disposizione dei galleggianti su cui sono installati i pannelli per ottimizzare la produzione, minimizzare i costi di manutenzione e i possibili impatti ambientali?
Insomma la questione è da approfondire, ma è una buona idea.
Molto buona.
L’ambiente ringrazia.