Ultima puntata. Anche perché si è già dedicato troppo tempo alla Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-26, documento che in verità non lo merita, né per la forma, né per i contenuti, come già visto in precedenza.
Né per lo stile, di cui andiamo a parlare.
Un documento redatto in nome e per conto della presidenza del Consiglio, per chi non lo sa “struttura di cui si avvale il Presidente del Consiglio dei Ministri per l’esercizio delle autonome funzioni di impulso, indirizzo e coordinamento attribuitegli dalla Costituzione e dalle leggi della Repubblica”, deve essere fatto bene, molto bene.
Non è il caso in esame. Di refusi ce n’è una collezione: pag. 5 “…attuazione della varie iniziative……” e ancora “… su ciascuna area, la strategie…”; pag. 11 “Il Rischio dell’Omogeinizzazione”; pag. 29 “Lo sviluppo di una strategia nazionale per l’Intelligenza Artificiale deve essere basata sul presupposto”. No: deve essere basato; si accorda con sviluppo.
Dite che un errore può scappare? No, mi dispiace. Errori così banali non possono scappare. Basta usare un qualsiasi programma di elaborazione testi per trovarli tutti. In automatico. Senza nemmeno ricorrere all’intelligenza artificiale.
Passiamo all’italiano. Lingua difficile da padroneggiare. Però è magnifica, da rispettare. Un documento della Presidenza del Consiglio deve usare l’italiano “certificato”, quello dell’Accademia della Crusca per intenderci. Non è stato fatto.
Quando si parla di ricerca, la si distingue nelle sue varie fasi di sviluppo: ricerca di base o fondamentale, ricerca applicata, ricerca industriale.
Per qualche ignoto motivo gli estensori del documento, invece di ricerca di base, parlano di “ricerca fondazionale”. Orribile perversione della parola inglese foundational. Si poteva evitare, come si poteva evitare di usare il termine “scientometria” (pag. 36). Quanti sanno che indica le attività di misurazione e analisi della produzione scientifica? Il termine, altro anglicismo, traduce in italiano l’inglese scientometrics, che a sua volta traduce il termine russo naukometrija.
Andiamo avanti. Quando si scrive un documento di Strategia è buona norma usare sempre i verbi al presente, evitando futuro e condizionali.
Si legge nel documento: “Confinarsi in una posizione di meri utilizzatori dell’IA sancirebbe, infatti, sul lungo periodo non solo una dipendenza strategica da soluzioni che potrebbero non fornire adeguate garanzie, ma porterebbe finanche visto l’impatto che tali tecnologie hanno sulla nostra società a una omogenizzazione e stereotipizzazione culturale.”
Lasciamo perdere la punteggiatura alquanto creativa. Leggete lo stesso paragrafo con i verbi al presente: “Confinarsi in una posizione di meri utilizzatori dell’IA sancisce, infatti, sul lungo periodo, non solo una dipendenza strategica da soluzioni che possono non fornire adeguate garanzie, ma portano a una omogeneizzazione e stereotipizzazione culturale”. Il messaggio e la sua urgenza cambiano radicalmente.
A proposito di omogeneizzazione e stereotipizzazione culturale. Qualcuno può spiegarmi perché nella “Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026”, ci sono almeno (posso essermene persa qualcuna) 296 parole in inglese di cui solo 4 hanno l’onore di una traduzione in italiano e una è pura scritta male?
Il che significa una media di 7,79 parole in inglese per pagina. Alla faccia dell’omogenizzazione culturale.
Se proprio si devono usare termini in altre lingue, si può avere la cortesia di fornire traduzione e spiegazione per ciascuna di esse e non solo per quattro?
Se poi ci sono parole così “appealing” (adeguiamoci allo stile della casa…) ovvero attraenti, da essere utilizzate diciasette volte, vedi “upskilling” e “reskilling”, costa davvero così tanto dire in quale accezione vengono utilizzate? In quella neomarxista dove il “deskilling” è “una forma di controllo sociale dei lavoratori realizzata mediante la parcellizzazione del lavoro, che consente di organizzarlo in compiti semplici, ripetitivi che richiedono scarso uso del pensiero”?
Oppure nell’accezione dove il “deskilling” (si traduce banalmente con dequalificazione) “si riferisce al processo di continuo abbassamento dei livelli di qualificazione in un’economia nazionale, che si traduce in un proletariato non qualificato. È una forma di controllo sociale in cui il lavoro è organizzato in compiti semplici e ripetitivi con poca riflessione mentale. Tuttavia, è importante notare che in un’economia industriale non si è ancora verificata una dequalificazione complessiva” (definizione generata da intelligenza artificiale basata su: Enciclopedia internazionale delle scienze sociali e comportamentali, seconda edizione, 2015).
Invece reskilling, in italiano riqualificazione, è il processo di insegnamento di nuove competenze a un dipendente per migliorarne la conoscenza del lavoro svolto o per fargli assumere nuove posizioni, più avanzate. Da non confondere con la riqualificazione (retraining), di cui stranamente non viene fatta menzione, processo di reintroduzione di una competenza a un dipendente a cui manca una recente esperienza pratica o una conoscenza attuale di tale competenza.
Non è che sia poi così difficile usare l’italiano invece dell’inglese. Sempre che si abbia sufficiente conoscenza dell’uno e dell’altro.
Interessante anche notare la bibliografia del documento. Ventitrè voci in tutto, di cui due universitarie, Stanford University e Politecnico di Milano e ben 5 relative a società di consulenza: McKinsey, PwC (Price Waterhouse Coopers), World Economic Forum, EY (Ernst & Young,), The European House-Ambrosetti. Quest’ultima per un lavoro fatto per la Microsoft. Si poteva fare ben di più visto che si ha a che fare con un documento di riferimento.
Per finire una breve nota sulla commissione che lo ha redatto: inizialmente formata da 13 elementi è passata poi a 14. Come mai non è dato di sapere, ma un “good guessing” (seguiamo lo stile della Commissione), ovvero tirando a indovinare, suggerisce che siano state ragioni scaramantiche.
D’accordo che si è tecnologi e moderni, ma in 13 intorno al tavolo pare che proprio non ci si debba stare… e dai risultati nessuno di loro si è preso la responsabilità di fare il correttore di bozze. Lavoro forse troppo umile per cotanti luminari.
Sempre a proposito di Commissione, ispirati da Leporello (vedi Don Giovanni di W.A. Mozart, libretto di Lorenzo Da Ponte), “…il catalogo è questo… un catalogo egli è che ho fatt’io, osservate, leggete con me…
Coordinatore: Gianluigi Greco, professore di informatica all’Università della Calabria e presidente di AIxIA, associazione italiana per l’intelligenza artificiale.
Membri: Viviana Acquaviva, astrofisica;
Padre Paolo Benanti, eticista, consigliere di Papa Francesco sull’IA e professore alla Pontificia Università Gregoriana;
Guido Boella, Vice Rettore vicario dell’Università di Torino;
Marco Camisani Calzolari, divulgatore scientifico;
Virginio Cantoni, professore emerito (Sistemi di Elaborazione delle Informazioni), Università di Pavia;
Maria Chiara Carrozza, presidente Consiglio Nazionale delle Ricerche;
Rita Cucchiara, docente presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia;
Agostino La Bella, professore ordinario di Ingegneria economico-gestionale presso l’Università di Roma Tor Vergata;
Silvestro Micera, professore di Bioelettronica presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e presso il politecnico (EPFL) di Losanna (CH) dove ricopre la Cattedra della Fondazione Bertarelli in Neuroingegneria Traslazionale.
Giuliano Noci, professore di Strategia e Marketing al Politecnico di Milano;
Edoardo Carlo Raffiotta, professore di Diritto costituzionale all’Università di Milano Bicocca e avvocato;
Ranieri Razzante, professore di Tecniche di gestione dei rischi di riciclaggio presso l’Università di Bologna e Docente di Tecniche e regole della cybersecurity presso l’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa;
Antonio Teti, responsabile del Settore Sistemi Informativi e Innovazione Tecnologica dell’Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara, dove è docente di IT Governance e Big Data. Esperto di Cyber Intelligence, ICT Management e ICT Security.
Ottima scelta. Però… come mai non c’è nessuno che sia esperto di Strategia? Eppure per scrivere un documento di strategia sarebbe stato alquanto utile.
Come dite? C’è il professor Giuliano Noci, docente di Strategia e Marketing al Politecnico di Milano.
Invece no. Se si va a cercare, gli interessi del professor Noci sono nel campo del marketing. Trattasi di bravo docente, ottimo ricercatore, più che valido amministratore universitario, esperto di marketing. Forse anche di strategie di marketing, ma La Strategia è altra cosa.
Conclusione: Quattordici membri nella commissione e nemmeno uno che si occupi di strategia a tempo pieno.
Non c’è da stupirsi che il documento “Strategia per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026” non abbia superato l’esame.
Nessun dramma: c’è sempre una prossima sessione. Si consiglia vivamente la Presidenza del Consiglio di prepararsi meglio.
Meno chiacchiere e più fatti: reali, oggettivi e misurabili.
Così non va.