MCLUHAN, I SUOI AFORISMI E IL MAELSTRÖM…

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TE LO LEGGO IO

Resisto a tutto tranne che alle provocazioni. Mi è stato chiesto di commentare un aforisma di Marshall McLuhan. Non facile. Cosa dire, cosa raccontare, che non sia già stato detto. Quindi, dicono che sia un mio fastidioso tratto di stile, non obbedisco e faccio qualcos’altro. Prendo spunto (e non solo) dal saggio di Roderick Munday “Marshall McLuhan declared that ‘the medium is the message’. What did he mean and does the notion have any value?”. In italiano: Marshall McLuhan ha dichiarato che “il medium è il messaggio”. Cosa intendeva e la nozione ha un qualche valore?”.

Invece di commentare, presento una domanda in stile partenopeo: parlare per aforismi ha senso, oppure… fa’ senso?

McLuhan nel 1947, nell’ambito dei suoi lavori per conseguire il PhD in letteratura inglese, analizzò il racconto di Edgar Allan Poe “Una discesa nel Maelström” dove vengono descritti i pensieri di un marinaio che riesce a salvarsi dall’orrido gorgo studiando, mentre precipita, il gioco delle correnti. Un racconto che di certo rimase nella memoria di McLuhan che, anni più tardi, utilizzerà la metafora del Maelström per descrivere il caos del mondo moderno: un vortice che ingoia e distrugge qualunque valore. Proprio le azioni del marinaio suggerirono a McLuhan una strategia di sopravvivenza: “È inevitabile che il gorgo dell’informazione elettronica ci sballotterà tutti come sugheri in un mare in tempesta, ma se restiamo calmi nello scendere nel Maelström, studiando il processo mentre avviene… possiamo uscirne fuori”.

Di certo Marshall ci si è immerso nel gorgo della rivoluzione digitale al punto di sviluppare la tesi che i media fossero l’estensione dei nostri sensi. “Understanding Media”, del 1964, sancisce il successo dello “Oracolo dell’era elettrica”, ovvero di McLuhan stesso. Grandi apprezzamenti, fama e il solito corollario di critiche pesanti. Dwight Macdonald[1], nella sua lettura critica di “Understanding Media” osserva che: ”… le sue parti sono superiori al tutto… una singola pagina lascia il segno, due stimolano, cinque fanno nascere seri dubbi, dieci li confermano…”.

L’osservazione, apparentemente crudele, non è priva di verità. McLuhan scrive per aforismi. Le sue “parti” sono superiori al “tutto”. Perché allora non studiare le parti senza preoccuparsi del tutto? Prendiamo ad esempio il concetto che, forse più di ogni altro, sintetizza la filosofia di McLuhan, ovvero “il medium è il messaggio”.

Interessante notare che “medium” non sta per “Media”. McLuhan assegna al termine un’accezione ben più ampia considerandolo “una qualsiasi tecnologia che estenda il corpo e i sensi umani”[2]. I vestiti sono un’estensione della pelle; la ruota una protesi dei piedi; la televisione un amplificatore della vista e così via. Ogni qualvolta un medium emerge, dunque quando una tecnologia amplifica uno dei sensi, questo prevale sugli altri, generando uno sbilanciamento. La tecnologia modifica l’equilibrio dei sensi degli individui e quindi la sensibilità della società che determinano e in cui vivono. Vero che non è mai accaduto che la tecnologia sia stata in grado di innescare e alimentare cambiamenti rivoluzionari, oppure epocali. Le tre forze di riferimento sono la politica, la società e l’economia, però la tecnologia è la causa indiretta di grandi cambiamenti culturali come il Rinascimento o la Riforma.

Seguendo questa linea di pensiero, McLuhan considera l’invenzione dell’alfabeto fonetico prima, poi della scrittura e infine della stampa, l’innesco della più profonda trasformazione dell’essere umano. Da una vita equilibrata in un mondo tribale e preistorico, dove tutta la conoscenza e l’essere veniva mediata dalla parola e dall’udito, si è passati a mondi via via più complicati, tutti da leggere e solitari. Si parla e si ascolta in tanti. Si legge da soli. L’invenzione dell’alfabeto porta alla maestria dell’astrazione simbolica, del pensiero astratto.

Bisogna aspettare l’era dell’elettronica per vedere la fine dell’impero della vista e il restauro dell’equilibrio dei sensi. Telegrafo, telefono, radio, televisione, computer, la Rete, sono tutte tecnologie “istantanee”. Non si possono chiudere, mettere sul comodino e leggere più tardi. Vero che esiste la possibilità di farlo, ma l’istantaneità aggiunge valore e comunque la fruizione richiede l’uso di tutti i sensi, non della sola vista. Le tecnologie elettroniche amplificano l’intero sistema nervoso fino a farlo diventare globale. Sentiamo, odoriamo, vediamo, tocchiamo il mondo intero. Siamo immersi nel Maelström dell’informazione. Per non naufragarci dentro bisogna capire quali siano le correnti dominanti. Il che implica invertire il tradizionale predominio del contenuto sul medium.

Dice McLuhan, a proposito del ruolo subordinato del contenuto: “ha più o meno la stessa importanza che può avere uno scarabocchio sul contenitore di un ordigno nucleare”. Il medium, ovvero la tecnologia, è stato trascurato per il semplice motivo che non si vede. La luce non si vede a occhio nudo, però illumina il mondo. La luce elettrica è informazione pura, un medium senza messaggio. Il messaggio è dato quando illumina qualcosa.

Il medium è il messaggio perché crea l’ambiente in cui si manifesta.

Gli aforismi di McLuhan non hanno contenuto. Glielo assegniamo noi quando illuminano nostre conoscenze, esperienze, intuizioni e magari sogni.

Sì, lo ammetto, ho di nuovo disobbedito. A voi capire cosa di quanto qui scritto e da voi letto, facendo violenza ai vostri sensi, obbligandovi a usare solo la vista, sia mio, oppure copiato, o modificato, o inventato.

Io, intanto, torno nel Maelström.

[1] D. Macdonald, (1968) “McLuhan Hot & Cool”; Gerald Emanuel Stearn (Editor), Middlesex, Penguin Books

^[2]M. McLuhan, (1995); Playboy interview from “Essential McLuhan”; Eric McLuhan and Frank Zingrone (editors), London, Routledge