Il modello vulnerabilità-stress, Ingram & Luxton (2005) è una teoria che spiega come in alcune persone l’effetto combinato della vulnerabilità genetica che potrebbe rimanere teoricamente silente per tutta la vita, per effetto di fattori stressanti, genera la comparsa dei sintomi di disturbo mentale a cui la persona era vulnerabile ma che da ora è malattia. La vulnerabilità ad un disturbo mentale funge da antecedente biologico all’insorgenza del disturbo. Talvolta ciò che si definisce vulnerabilità viene usata come un disturbo già presente, ma si snatura il termine, che, mentre ha un significato medico molto preciso, si usa come sinonimo di fragilità che è un termine molto generico che corrisponde ad un disfunzionamento patologico o ad un ipo-funzionamento psicopatologico, cioè al disotto dei limiti della norma. Va inoltre distinta dalla diatesi, che consiste in una risposta iper-reattiva a stimoli semplici; concetto che traslato dalla medicina è la risposta psichica di intensità incongrua a stimoli minimi che oggi è, in parte, alla base dei disturbi di personalità (che qualitativamente interessano molti di noi, se non tutti).
Un esempio paradigmatico che è sempre bene ricordare è l’insorgenza degli attacchi di Panico ritenuti una vulnerabilità inespressa a seguito dell’uso di cannabinoidi, così diffuso oggi e ritenuto così innocuo. L’uso di cannabinoidi produce una reazione vagale, con diminuzione della pressione arteriosa e il fisiologico riflesso di tachicardia compensativa. In soggetti vulnerabili, quest’artificiale aumento della frequenza cardiaca senza un reale motivo ambientale viene letto come un pericolo invisibile e di qui l’insorgenza di un attacco di Panico. La persona potrebbe vivere tranquillamente tutta la vita senza Panico ma l’incontro con il fumo “di canne” anche a 50 anni fa si che insorga una patologia che altrimenti sarebbe rimasta inespressa.
A un livello più generale, il modello vulnerabilità-stress rappresenta una relazione semplice, lineare. Quindi, al livello più elementare, molti modelli suggeriscono che lo sviluppo di un disturbo dipenda dagli effetti combinati di stress e vulnerabilità. Un modello di vulnerabilità-stress, ad esempio, può suggerire che fattori di stress relativamente piccoli possano portare all’insorgenza del disturbo in una persona che è altamente vulnerabile, mentre un altro modello di vulnerabilità-stress potrebbe suggerire che un evento stressante di intensità maggiore potrebbe causare una reazione simile nella persona con scarsa vulnerabilità. Sebbene vari modelli possano accordare un ruolo più forte per un componente rispetto all’altro, questa idea presuppone l’additività, cioè che la diagnosi premorbosa e stress si sommino in qualche modo per produrre il disturbo. Questa concettualizzazione così semplice viene messa in discussione da molti autori.
Un aspetto trascurato nei modelli di vulnerabilità in psicopatologia, è che tale correlazione possa cambiare nel tempo. L’interazione mutevole può essere spiegata attraverso il riferimento proposto da Post (1992). In risposta ai dati che mostrano come ripetuti episodi di depressione all’interno di alcuni individui inizino ad apparire con un impatto stressogeno decrescente, egli suggerisce che i casi ripetuti di disturbo causino cambiamenti neuronali che si traducono in maggiore sensibilità allo stress. Con una maggiore sensibilità, occorre meno stress per attivare i processi necessari che portano alla psicopatologia. L’applicazione di queste idee ai modelli di diagnosi-stress suggerisce che la relazione precoce tra questi costrutti non è necessariamente statica. Sebbene gran parte dei modelli a cui si fa riferimento sono per lo più statici, modelli dinamici restano importanti anche per comprendere meglio i meccanismi di recupero e recidiva. Un concetto che riguarda questo discorso è anche l’invecchiamento: la vulnerabilità a sviluppare patologia psichiatrica riguarda, non secondariamente, l’invecchiamento cerebrale che aggiunge ad un aumento della vulnerabilità, una maggiore forza dei sintomi e una resistenza alle cure. In altri casi, invero più rari, l’invecchiamento può portare alla riduzione della sintomatologia psichiatrica.
Lo sviluppo della psicopatologia secondaria a vulnerabilità è ovviamente complesso e coinvolge numerosi fattori ed interazioni tra questi: diatesi, invecchiamento, grado e tipi di vulnerabilità. I modelli di vulnerabilità-stress restano comunque utili dispositivi euristici (Monroe & Simons, 1991) che ci consentono di comprendere potenzialmente come i fattori predisponenti di vari domini possano aumentare la suscettibilità alla psicopatologia e successivamente creare le condizioni sufficienti per l’insorgenza del disturbo.