L’itinerario inizia da Agostino e, passando per Bonaventura, è arrivato a Benedetto XVI, ha lambito Francesco e giunge a Leone XIV che, nel suo primo discorso, si dichiara “figlio di Agostino, agostiniano”, nel pensiero e nella pratica religiosa ed apre il ministero pontificale con l’augurio di pace.
La stessa parola con cui proprio Agostino chiude il suo trattato di filosofia e teologia della storia – il perché dello svolgersi delle vicende umane – “De Civitate Dei contra paganos”.
Una pace diversa da quella che “obbliga il saggio ad accettare quella giusta e l’uomo a dolersi dell’ingiustizia, la quale appartiene agli uomini, seppure da essa non dovrebbe sorgere la necessità di far guerra” (Libro XIX, 7) .
Quella, dice Leone, di Gesù Cristo dopo la sua resurrezione, la vittoria sulla morte che ne certifica, per chi crede, la divinità:”La pace sia con voi, questo è il primo saluto del Cristo Risorto, il Buon Pastore che ha dato la vita per il suo gregge”.
Per Benedetto XVI, non la pace eterna che verrà dopo la fine del mondo, “e allora sarà la pace”. Quella che“Dio istituisce su questa terra, spettatrice di così tanto sangue, come a mostrare alla fine come invece avrebbe dovuto o potuto essere la realtà secondo i suoi disegni”. Sono parole che Ratzinger scrisse da studente, a metà degli anni ’50, nella tesi per la licenza di insegnamento dedicata alla teologia della storia secondo san Bonventura da Bagnoregio, che fu il primo grande riformatore dell’ordine francescano.
Non a caso, nell’Introduzione, il giovane Ratzinger premette che “una teologia e una filosofia della storia nascono soprattutto nei periodi di crisi della storia dell’uomo”.
Così l’opera di Agostino, risultato della analisi della crisi dell’impero romano. Così la rivisitazione da parte di Bonaventura nel momento in cui le famiglie del suo Ordine (circa trentamila francescani sparsi per il mondo) rischiavano di far implodere il disegno di Francesco. Il santo rinnovatore del quale ha preso il nome e praticato l’insegnamento papa Francesco.
Ed oggi la lettura che Leone XIV offre ai fedeli e al mondo “a tutte le persone, tutti i popoli, tutta la terra” riecheggia le parole di Ratzinger: “ una unità fondamentale: sia Agostino che Bonaventura sanno che alla Chiesa, che spera nella pace un giorno a venire, è affidato l’amore per il presente e che il regno della pace eterna cresce nel cuore di coloro che realizzano nel proprio tempo la legge dell’amore di Cristo”.
Un fil rouge dunque, che il nuovo papa annoda e la pace che ricerca è “fine del nostro bene”, come dice Agostino. Tutti la vogliono. “Anche quelli che vogliono la guerra, desiderano con la guerra raggiungere una pace” che, però, diviene poi dominio ed ingiustizia.
Nel IV libro del De Civitate Dei, non a caso, si rifà all’aneddoto, ricavato dal De re pubblica di Cicerone, del pirata che ad Alessandro Magno diceva di non sentirsi diverso da lui. Ambedue infestavano i mari:”Io con un a piccola imbarcazione e perciò mi chiamano pirata; tu lo fai con una grande flotta e sei definito per questo condottiero”.
Due aggettivi colpiscono nella definizione di pace proposta da papa Leone. Non la conclusione statica di “giusta e duratura”, ma la dinamicità di pace“ disarmata e disarmante”. In sostanza, costruzione continua, work in progress da non interrompere, nella consapevolezza che “Ogni uomo cerca la pace anche facendo la guerra, ma nessuno vuole la guerra facendo la pace”.