Nella fine degli anni ’50 del secolo scorso l’Olivetti creava il primo calcolatore elettronico italiano: l’Elea 9003
In questa mia breve storia del computer vorrei evidenziare come, in solo mezzo secolo, si siano evolute le tecnologie che governano l’hardware e il software di questo meraviglioso mezzo di comunicazione, di elaborazione e memorizzazione dei dati e di calcolo da non poter essere paragonato a nessun altro settore della tecnica applicata.
Spero soprattutto di riuscire a metterne in luce, anche solo parzialmente, come l’uso totalizzante di un così potente mezzo che invade tutti i settori della nostra vita, possa turbare la serenità nella convivenza civile fino a determinare, a volte, delle vere e proprie patologie. Saltando a pié pari gli antenati e i progenitori del computer, mi limiterò, quindi, a focalizzare gli ultimi 50-60 anni della sua evoluzione, sia perché li ho vissuti personalmente, sia perché dagli anni cinquanta ad oggi si sono verificate le strabilianti mutazioni della macchina e del suo sistema operativo.
Proprio nel 1950 può partire la storia del computer concepito come lo intendiamo oggi: una macchina veloce nell’input/output dei dati e nelle sue capacità di calcolo, ma soprattutto concepito non come una potente calcolatrice, ma come una macchina in grado di risolvere una varietà di problemi, anche legati al business.
A Filadelfia i due inventori dell’ENIAC (Electronic Numerical Integrator and Computer), J. Presper Eckert e John Mauchly, concepirono e realizzarono l’UNIVAC (Universal Automatic Computer); e da quel fortunato inizio le maggiori aziende del settore elettronico, IBM in testa, iniziarono una corsa sfrenata a migliorare l’accesso dei dati, i processori, le memorie, i linguaggi di programmazione, i sistemi operativi.
Il tutto in perfetta sintonia con il parallelo sviluppo dei componenti elettronici che usano i computer: dalle valvole e i relè ai transistor, ai circuiti integrati, ai microprocessori.
E nel campo dei sistemi di programmazione si assiste ad un enorme e veloce sviluppo dei modi di comunicazione col computer: dai linguaggi macchina proprietari a quelli di alto livello detti naturali.
A questa competizione tra i colossi dell’informatica mondiale partecipò, appunto dagli anni cinquanta in poi, anche l’OLIVETTI con il suo grande artefice Adriano Olivetti. Egli, nel 1952 aprì un laboratorio a New Canaan, nel Connecticut, con l’obiettivo di esplorare le possibili applicazioni dell’elettronica ai prodotti per ufficio e, tre anni dopo, istituì il laboratorio di Pisa sfruttando la collaborazione con l’Università di quella città.
L’iniziativa aveva un obiettivo strategico: far evolvere l’azienda dalla produzione meccanica, per cui era famosa in tutto il mondo, verso il nascente settore dell’elaborazione elettronica. Ecco la storia di quest’avventura conclusasi felicemente: 1956 – progettazione a Pisa dell’ELEA 9003; 1958 – prototipo a valvole; 1959 – prototipo a transistor; 1959 – versione definitiva: un sistema completamente transistorizzato all’avanguardia per la concezione logica, la tecnologia e il design.
Di questo elaboratore elettronico (così si chiamavano i computer con nome italiano), vanto della ricerca e produzione italiana, ne furono venduti 40 esemplari a grandi aziende, banche, enti pubblici; la sua linea di produzione fu realizzata a Borgolombardo nel 1960.
Da qui in poi la storia dell’evoluzione dell’informatica e successivamente dell’integrazione di essa con le telecomunicazioni (ITC), l’ho vissuta anche personalmente avendo lavorato in quattro grandi aziende elettroniche mondiali operanti nel settore dei computer per l’informatica e le telecomunicazioni (Olivetti, General Electric, Philips e Siemens).
Ma non vorrei tediare il lettore con l’elencazione di tutti i mutamenti, rapidi e consistenti, per passare da quei sistemi che, come si può notare anche dalla foto, occupavano qualche centinaio di metri quadrati, ai PC e suoi derivati di oggi (portatili che pesano poche centinaia di grammi) e alla strabiliante interconnessione con le reti di telecomunicazioni (in special modo internet e la banda larga).
Oltre che evidenziare i lati positivi di questa rivoluzione tecnologica, voglio però mettere in luce qualche sua conseguenza pratica alquanto preoccupante su cui bisogna riflettere.
I vantaggi dello sviluppo delle tecnologie elettroniche hanno portato alla semplificazione dei sistemi informativi e delle telecomunicazioni in modo tale da renderli accessibili e fruibili direttamente dalla massa di utilizzatori finali. Mentre qualche decina di anni fa era necessaria un’interfaccia di esperti tra i sistemi e gli utenti: i cosiddetti analisti e programmatori del software e gli operatori dell’hardware, oggi queste persone sono completamente sparite.
I sistemi si sono così semplificati da poter essere accessibili direttamente dall’utente finale e i programmi sono diventati standard, sviluppati da apposite società. E’ sparita la fase di personalizzazione del software applicativo che ogni utente doveva realizzare all’interno della propria azienda. Tutto ciò non può che essere considerato un grande vantaggio nell’economia dell’approccio ai sistemi informativi.
Dal punto di vista dell’utilizzo personale, inoltre, l’uso del computer moderno ha raggiunto fasce di persone che per decenni erano state escluse da questo mondo.
Il vantaggio quindi si allarga dalle aziende alle più svariate categorie della vita civile, soprattutto quella della conoscenza come la scuola e la formazione professionale.
Sarebbe incompleto, però, trascurare i lati negativi di questa strabiliante rivoluzione; potremmo mai limitarci ad enumerare le virtù terapeutiche di una medicina senza elencarne le controindicazioni? Internet, oltre alla diffusione della pornografia e della pedofilia, ha permesso e, purtroppo sta permettendo tuttora, l’indottrinamento e il reclutamento dei terroristi. Ed è complicatissimo, se non impossibile, operare su di esso azioni di controllo e repressione.
Attenzione, inoltre, a usare con intelligenza il computer come mezzo comunicativo assieme ai suoi derivati (iPad, iPhone, iPod touch) senza diventare dipendenti cyber-relazionari, cioè attivare le relazioni virtuali on-line a scapito dei rapporti nella realtà con la famiglia e gli amici reali.
In questo mondo degli eccessi notiamo anche quello della dipendenza dal cellulare, far sì che la “comunicazione telefonica” diventi un sostituto della “comunicazione reale”, che lo strumento telefonico prenda il sopravvento e finisca per sostituirsi alla realtà.
La Caritas in un suo documento annovera la cyber-dipendenza, cioè l’uso eccessivo e totalizzante del computer e del telefono cellulare, come una delle cause dell’esclusione sociale. Tale dipendenza, assieme a molte altre che superficialmente possono sembrare innocue, è insidiosa non solo perché difficilmente riconoscibile, ma perché meno trattabile con mezzi terapeutici.
Siccome il rapporto con i dispositivi di comunicazione moderni è rischioso in quanto parzialmente controllabile, è importante usare la prevenzione piuttosto che la cura. Allenare, soprattutto i ragazzi, ad un rapporto equilibrato con il computer e il cellulare, limitato nel tempo e capace di autocontrollarsi: bisogna che i più giovani della famiglia siano educati a concedersi qualche salutare pausa in presenza di persone rassicuranti come i genitori, i nonni e gli educatori.
E’ provato infatti ormai che tali mezzi, in periodi particolarmente difficili della vita, diventino oggetti su cui canalizzare stati di disagio (affettivo, relazionale, ecc.), ecco perché bisogna alzare la guardia e prevenire.