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ALEX ZANARDI, IL CAMIONISTA, I RESPONSABILI DELL’INCIDENTE

di Umberto Rapetto
21/06/2020
in EDITORIALI
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Il mitico “Zanna” combatte con la morte e l’infinita platea di chi gli vuole bene non smette di cercare aggiornamenti e di sperare che un miracolo restituisca presto “Iron Man” alla moglie Daniela, al figlio Niccolò e ai suoi ammiratori.

Larga parte della stampa ha parlato del suo “investimento” da parte di un mezzo pesante, colpevole – invece – solo di percorrere la sua corsia e di aver fatto ogni manovra possibile per evitare la collisione o almeno lo scontro frontale.

Il camionista, comprensibilmente sotto choc, è stato sottoposto agli esami tossicologici e all’alcoltest risultando negativo a quegli accertamenti. I tornanti della strada, la pendenza, la dimensione e il peso dell’autotreno fanno immaginare una andatura tutt’altro che spericolata. Le testimonianze oculari e i rilievi sembrano escludere una condotta azzardata o la minima infrazione da parte del conducente. Il quarantaquattrenne che il destino ha voluto alla guida di quel mezzo si ritrova indagato per “lesioni gravissime” e qualcuno si chiede se la sua posizione giudiziaria potrebbe peggiorare nel caso in cui Alex non dovesse farcela. Omicidio colposo?

Il cittadino qualunque si pone tante domande di cui è fin troppo facile farsi interpreti.

Cosa ci faceva un camion su quella strada? Nulla di strano, visto che la circolazione non era stata interrotta e che il conducente veicolo in questione non solo non ha commesso imprudenze e anzi si sarebbe adoperato per evitare/limitare l’impatto.

Perché la strada non era chiusa in occasione della manifestazione sportiva? Secondo il dottor Sgalla, il superdirigente del Ministero dell’Interno da cui dipende – tra l’altro – la Polizia Stradale, i partecipanti all’evento erano semplici ciclisti che dovevano attenersi alle regole del codice della strada.

Allora non era un evento pur non competitivo? Sempre secondo quel che riporta il sito Notizie.it, era “qualcosa” promosso dalla Federazione Ciclistica Italiana e – pur prevedendo partenza, percorso, tempi di passaggio e di arrivo come nelle corse “vere” – non aveva alcuna connotazione giuridica di gara e nemmeno di manifestazione cicloturistica.

Ma se non era niente, perché su Facebook era stato annunciato un saluto istituzionale sulla piazza di Pienza? Secondo il sindaco non ci sarebbero state comunicazioni ufficiali.

Se non era stato formalizzato alcunché, perché la carovana sarebbe stata scortata da due mezzi della polizia municipale? Pare che la “Staffetta tricolore” di Obiettivo 3 fosse stata seguita dai vigili di Sinalunga che per i tratti successivi avevano allertato i colleghi di Montepulciano, Pienza e Montalcino.

Fermiamoci qui. Lo stillicidio di domande non porta da nessuna parte.

A qualcuno potrebbe cominciare a scattare qualche “se…” e sarebbe la fine. Meglio concentrare la nostra attenzione sulla sicurezza, quella di tutti i giorni, quella di ogni cosa, quella da pensare “prima” e non “dopo” qualsivoglia incidente. E si deve tener conto che a volte ci si mette pure il caso a vanificare ogni tentativo di ridurre i rischi. Ma non far nulla o rassegnarsi al destino sarebbe drammaticamente colpevole, così come trovare i responsabili non aiuta a ridare la vita a chi l’ha messa in gioco o la serenità di chi ha la colpa solo di essersi trovato nel posto sbagliato al fatidico momento.

Abbracciamo Alex e Marco. Al primo l’augurio di ristabilirsi in fretta e tornare a sorriderci e a infonderci il coraggio di cui abbiamo bisogno ogni giorno. Al secondo l’auspicio di ritrovare la serenità dopo l’“atto dovuto” della Procura e il dolore di aver fatto solo tutto il possibile e non un prodigio.

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Umberto Rapetto

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