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JAN PALACH

Giuseppe Bodi di Giuseppe Bodi
10/02/2025
in RIFLESSIONI
JAN PALACH
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TE LO LEGGO IO

Forse pochi ricordano questa terribile storia della fine degli anni sessanta.

Nella mattinata del 16 gennaio 1969 uno studente cecoslovacco uscì dal suo alloggio universitario nella periferia di Praga per dirigersi in centro. Nel tragitto imbucò tre lettere, comprò due contenitori di plastica, li riempì di benzina e raggiunse piazza San Venceslao, uno dei luoghi più frequentati della città.

Si posizionò ai piedi della scalinata del Museo Nazionale, si tolse il cappotto, inspirò dell’etere, si versò addosso la benzina, si diede fuoco ed iniziò a correre. Nonostante i soccorsi, morì per le gravissime ustioni tre giorni dopo. Il giovane, non ancora ventunenne, si chiamava Jan Palach (1948-1969). La censura parlò genericamente di suicidio di uno studente ma la verità in pochi giorni fece il giro del mondo.

Nelle lettere aveva scritto: “Io sono il primo a cui tocca l’onore di eseguire la nostra decisione. Sono il primo che ha avuto l’onore di scrivere la lettera e sono anche la prima torcia. La richiesta principale è l’abolizione della censura: se questa richiesta non sarà rispettata entro cinque giorni, vale a dire entro il 21 gennaio 1969, e se la gente non dimostrerà appoggio alla nostra azione, altre torce umane mi seguiranno”, firmata: “Torcia umana numero 1”.

Ancora cosciente, dichiarò che con il suo gesto voleva risvegliare la coscienza del Paese. Si racconta che il giorno dei funerali oltre mezzo milione di persone riempirono le strade di Praga. Vi furono vari tentativi di screditarlo definendolo un fanatico con problemi mentali.

Secondo le indagini e quanto presente negli archivi, il gruppo di “torce umane” non sarebbe mai esistito. La sua morte ebbe una tale risonanza da creare veramente un gruppo spontaneo di “torce umane”. Ci furono infatti una decina di tentativi di immolazione in Cecoslovacchia ed in altri paesi del Patto di Varsavia. Le loro storie furono tenute nascoste per anni.

Cosa era accaduto? La Cecoslovacchia era, all’epoca, sotto l’influenza sovietica e membro del Patto di Varsavia. Il Primo Segretario del Partito Comunista Cecoslovacco, Alexander Dubček(1921-1992), dal gennaio 1968, aveva avviato un processo di liberalizzazione politica nel Paese, definito “Primavera di Praga”.

Nella notte tra il 20 ed il 21 agosto 1968, truppe e carri armati del Patto di Varsavia invasero la Cecoslovacchia (“Operazione Danubio”). Parteciparono, oltre all’URSS, Polonia, Bulgaria ed Ungheria.

La “Primavera di Praga” aveva accelerato un processo di destalinizzazione iniziato, con molta lentezza, a fine anni cinquanta. A metà anni sessanta la crisi economica richiese interventi ispirati ad un diverso modello di sviluppo economico.

Gli intellettuali avanzarono istanze per una maggiore libertà politica. Le riforme furono un importante tentativo di Dubček di concedere ulteriori diritti ai cittadini della Cecoslovacchia attuando un processo di decentramento parziale dell’economia e di democratizzazione. Le libertà concesse includevano un allentamento delle restrizioni sulla stampa, sulla libertà di parola ed i viaggi; il Paese fu diviso in Repubblica Socialista Ceca e Repubblica Socialista Slovacca.

L’URSS temeva che le liberalizzazioni, tra cui la fine della censura e la sorveglianza politica da parte della polizia segreta, potessero divenire dannose per i loro interessi. La Cecoslovacchia avrebbe potuto separarsi dal blocco orientale e danneggiare l’Unione Sovietica, attese le capacità industriali cecoslovacche.

Le istanze di liberalizzazione si sarebbero potute estendere in altri Paesi del Patto di Varsavia. Il confine con l’Austria avrebbe potuto favorire fughe di dissidenti ed infiltrazioni di agenti occidentali. Europa ed USA decisero di non interferire.

Dubček non aveva previsto una potenziale invasione nonostante i movimenti di truppe lungo le frontiere. La leadership cecoslovacca credeva che l’URSS e i suoi alleati non avrebbero mai oltrepassato il confine cecoslovacco. Nell’aprile 1969 Gustáv Husák (1913-1991) subentrò aDubček “normalizzando” il Paese.

Ripristinò un solido governo del partito e ristabilì lo status della Cecoslovacchia come membro impegnato nel blocco socialista. Seguirono epurazioni in tutti i settori e vennero revocate le riforme varate durante la Primavera di Praga.

L’economia ritornò ad essere centralizzata e pianificata, fu incrementato il controllo della polizia e della censura, si rinforzarono i legami politici ed economici con i Paesi socialisti.

Meditiamo tutti sui valori delle libertà augurandoci che non dovremo piangere altri Jan Palachper difendere le nostre libertà.

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Giuseppe Bodi

Giuseppe Bodi

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