Il 4 agosto è stata pubblicata la “Lettera del Santo Padre Francesco sul ruolo della letteratura nella formazione”. Inizialmente, Papa Francesco aveva dedicato le sue riflessioni ai futuri sacerdoti, con l’obiettivo di risvegliare l’amore per la lettura ed educarli a riconoscere il pluralismo dei linguaggi umani; considerato il valore della lettura di romanzi e poesie nel cammino di maturazione di qualunque persona, le ha poi estese a tutti i cristiani.
Nella Lettera, il Pontefice chiede: “Come possiamo parlare al cuore degli uomini se ignoriamo, releghiamo o non valorizziamo “quelle parole” con cui hanno voluto manifestare e, perché no, rivelare il dramma del loro vivere e del loro sentire attraverso romanzi e poesie?”.
E risponde, definendo la letteratura “un accesso privilegiato al cuore della cultura umana e, più nello specifico, al cuore dell’essere umano”: “una via d’accesso, che aiuta il pastore a entrare in un fecondo dialogo con la cultura del suo tempo”.
“Prima della onnipresenza dei media, dei social, dei cellulari e di altri dispositivi, questa (ndr. la lettura) era un’esperienza frequente”, scrive il Pontefice, sottolineando che “non si tratta di qualcosa di superato”… “Quando neanche nella preghiera riusciamo a trovare ancora la quiete dell’anima, un buon libro ci aiuta almeno a passare la tempesta” e “ci apre nuovi spazi interiori che ci aiutano ad evitare una chiusura in quelle poche idee ossessive che ci intrappolano in maniera inesorabile”.
A differenza di ciò che avviene con l’uso dei media audiovisivi, prosegue il Papa, la lettura amplia il proprio universo personale, in quanto “il lettore è molto più attivo. In qualche modo riscrive l’opera, la amplifica con la sua immaginazione, crea un mondo, usa le sue capacità, la sua memoria, i suoi sogni, la sua stessa storia piena di drammi e simbolismi, e in questo modo ciò che emerge è un’opera ben diversa da quella che l’autore voleva scrivere”.
In tale dinamica ognuno cercherà i libri che parlano della propria vita e nella narrazione ritroverà i propri desideri, le gioie, gli amori, le passioni, accanto ai bisogni, alle solitudini, ai drammi, alle miserie, alle desolazioni. Nel fare ciò, la persona, immedesimandosi nei personaggi, si prepara “a comprendere e quindi ad affrontare le varie situazioni che possono presentarsi nella vita”. E vi è di più, supererà quella che il Papa chiama la propria “incapacità emotiva” e riuscirà nuovamente a “emozionarsi davanti a Dio, davanti alla sua creazione, davanti agli altri esseri umani”.
Il Pontefice – portando, poi, i contenuti della lettera a livelli più elevati – afferma che “il contatto con i diversi stili letterari e grammaticali permetterà sempre di approfondire la polifonia della Rivelazione”. E così suggella la “potenza spirituale della letteratura”, spiegando che “grazie al discernimento evangelico della cultura, è possibile riconoscere la presenza dello Spirito nella variegata realtà umana; è possibile, cioè, cogliere il seme già piantato della presenza dello Spirito negli avvenimenti, nelle sensibilità, nei desideri, nelle tensioni profonde dei cuori e dei contesti sociali, culturali e spirituali”.
E prosegue le sue riflessioni svelando che nella letteratura l’uomo può trovare le risposte alla diffusa “sete di Dio”; risposte fatte di “passioni, emozioni, sentimenti, racconti concreti, mani che toccano e guariscono, sguardi che liberano e incoraggiano, di ospitalità, di perdono, di indignazione, di coraggio, di intrepidezza: in una parola, di amore”, elementi di cui è composta la “carne di Gesù Cristo”.
Poi, citando Jorge Luis Borges (Buenos Aires 1899 – Ginevra 1986), delinea la sua definizione di letteratura: “ascoltare la voce di qualcuno”. “E non si dimentichi quanto sia pericoloso smettere di ascoltare la voce dell’altro che ci interpella! Si cade subito nell’autoisolamento, si accede ad una sorta di sordità spirituale, la quale incide negativamente pure sul rapporto con noi stessi e sul rapporto con Dio, a prescindere da quanta teologia o psicologia abbiamo potuto studiare”, spiega il Papa.
Ecco! Accanto alla necessità di placare la “sete di Dio”, l’uomo del terzo millennio ha l’urgente necessità di imparare ad “ascoltare la voce di qualcuno”, la voce dell’altro, anziché zittirla con una scusa o con l’altra!
Grazie! Santo Padre Francesco