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GLI EREDI DEL KGB E CHI “TIENE FAMIGLIA”

di Umberto Rapetto
03/04/2021
in EDITORIALI
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Per fortuna Sean Connery è morto e nessuno degli eredi adirà le vie legali per l’incresciosa parodia della sua interpretazione nei panni di James Bond alle prese con le insidie dei servizi di Mosca.

Resta forte la speranza che la Royal Navy non faccia causa agli sceneggiatori sul set del parcheggio di Spinaceto: anche Bond, James Bond, era stato promosso capitano di fregata prima di transitare nei ranghi dell’intelligence britannica.

L’episodio che vede protagonista un nostro ufficiale di Marina che passa informazioni al nemico non innesca soltanto l’ilarità (e la rabbia) del povero cittadino spettatore dell’indecoroso show.

La vicenda induce tutti, nessuno escluso, ad alcune riflessioni e alle conseguenti amare considerazioni.

La ricostruzione delle indagini (le cui immagini filmate sono state catapultate sui mezzi di informazione) porta a delineare un contesto lontano da quelli magistralmente forgiati da Ian Fleming e invece molto più simile alle scenette di Bud Abbot e Lou Costello nelle indimenticabili scenette di Gianni e Pinotto.

Da qualche parte è saltato fuori che la spia russa aveva fatto visita più volte al nostro “eroe” negli uffici dello Stato Maggiore. Se non si era camuffato come il lupo nelle vesti della nonnina di Cappuccetto Rosso, la sua identificazione non richiedeva particolari sforzi ed era facile riconoscere la natura dell’ospite “a Palazzo”.

Le evidenze (tali anche per Mister Magoo) lasciano pensare che la parte buona di questo Paese abbia preferito non accontentarsi del “pesce piccolo”, ritenendo di poter pazientare pur di svelare una non escludibile organizzazione all’opera contro gli interessi nazionali e del Patto Atlantico.

Se davvero il fatto è solo una tessera di un ben più composito mosaico, è oggettivamente difficile stare tranquilli e ancor più impegnativo continuare a nutrire fiducia nelle Istituzioni e nelle persone che la rappresentano (e che magari lavorano per Putin o chissà chi altro).

Inutili stupirsi della condotta degli agenti russi, pagati proprio per fare quel mestiere e gli unici ad essere coerenti con le mansioni formalmente affidate.

Obbligatorio invece indignarsi. E i motivi possono essere e sono davvero tanti. A cominciare dalla spettacolarizzazione della vicenda.

E’ doloroso vedere un servitore dello Stato che “rubacchia” sistematicamente informazioni riservate, che si vende per pochi spiccioli, che tradisce perfino se stesso. E’ allucinante sentirsi raccontare la storia dello stato di necessità, quasi ci si trovasse dinanzi al pensionato che – davvero disperato – sottrae una piccola confezione di biscotti dagli scaffali del supermercato. Sarà sorprendente leggere che i superiori dell’ufficiale nella redazione delle sue “note caratteristiche” lo hanno giudicato “eccellente” (la voce più alta nella valutazione) e in quell’occasione si sono sperticati in lodevoli espressioni sottolineando la straordinarietà del suo profilo e tributandogli un compiacimento di cui sarebbe bello sapere quale fosse il fondamento.

Chi come me (nel grado di tenente) ha “meritato” un rarissimo “inferiore alla media”, oggi è felice di essersi distinto per il carattere troppo forte e poco propenso alla cieca subordinazione rispetto a quelli bravissimi e disciplinati come il collega particolarmente votato alle …“relazioni internazionali”.

Il pensiero corre ai “quattro cani”, non di Francesco De Gregori (notoriamente già “per strada”) ma quelli del capitano di fregata.

I più buoni sottolineano che in casa non c’era nemmeno un quadrupede a testa, i più feroci ritengono che fossero strumenti del reato e tenuti a disposizione per avere certezza di poter uscire in qualunque momento anche in vigenza del più rigoroso lockdown. Questi ultimi si domandano anche quanti cani avesse la spia russa e se – oltre al parcheggio – ci fossero stati incontri ai giardinetti nel corso dell’espletamento dei bisogni fisiologici dei rispettivi animali…

Difficile scherzare su un tema così drammatico, ma se si prende troppo sul serio la faccenda c’è rischio di andare incontro ad ulteriori comunque sgradevoli sorprese.

Qualcuno ci dica che non è vero, che non è successo nulla. La vicinanza temporale alla ricorrenza del fatidico primo Aprile potrebbe farci pensare ad un brutto scherzo.

Ma se lo scherzo è del destino, allora, qualcun altro ci dica quale sia la situazione della nostra Difesa, quali siano le iniziative diplomatiche, quali siano le contromisure per evitare il ripetersi di certe pericolose figure barbine.

Non lo faccia tramite Facebook – in mezzo a chi mostra la tavola imbandita per le festività o a chi “posta” le foto ricordo di una vecchia vacanza – ma utilizzando un canale un pochino più istituzionale. Nell’uovo di Pasqua la gente vorrebbe trovare un briciolo di serietà…

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Umberto Rapetto

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