C’è chi dimentica il PIN del bancomat e nonostante le ingarbugliate dinamiche di recupero riesce alla fine a tornare in possesso della fatidica sequenza numerica.
Qualcun altro, invece, non ricorsa la parola chiave per entrare nella casella di posta elettronica, ma qualche domanda segreta o un indirizzo mail alternativo si profilano come strumenti idonei per superare l’affannosa emergenza.
La storia della vivace startup, che offre infrastrutture finanziarie alle società di criptovaluta e si è trovata in bancarotta principalmente perché non riesce ad accedere a un portafoglio fisico di criptovalute con 38,9 milioni di dollari al suo interno, è tutta un’altra cosa…
La vicenda comincia con il non aver scritto frasi di recupero, chiudendosi per sempre fuori dal portafoglio in qualcosa che ha chiamato “The Wallet Event” e finisce davanti a un giudice fallimentare.
La società si chiama “Prime Trust” e si propone come realtà fintech di moneta elettronica progettata per aiutare altre startup a offrire piani pensionistici di criptovaluta, interfacce know-your-customer, garantire liquidità e una serie di altri servizi.
Prima di questo episodio si vantava di riuscire ad aiutare le aziende a costruire scambi di criptovalute, piattaforme di pagamento e creare stablecoin per i propri clienti, ma a giugno “Prime Trust” inizia una estate pessima.
Lo Stato del Nevada ha chiesto, infatti, di prenderne il controllo perché era prossima all’insolvenza. Un giudice federale le ha poi ordinato di cessare tutte le operazioni perché presumibilmente utilizzava il denaro dei clienti per coprire le richieste di prelievo di altre società.
E così l’azienda ha dichiarato fallimento, diventando uno degli esempi più emblematici della criptoeconomia dove purtroppo regna la “mancanza di supervisione operativa e della spesa” e non mancano “problemi normativi”.
In termini pratici “Prime Trust” ha perso l’accesso a un portafoglio fisico che teneva decine di milioni di dollari in entrata. Per diversi anni l’azienda ha depositato presso questo indirizzo i depositi dei clienti per decine di milioni di dollari. Nel dicembre 2021, quando un cliente ha richiesto un prelievo significativo di ETH che la società non poteva soddisfare – da altri portafogli – ha deciso di ritirarlo da questo portafoglio “fisico” e in quella circostanza è saltata fuori l’impossibilità di accedervi.
Il denaro bloccato nel portafoglio vale attualmente 38,9 milioni di dollari al 22 agosto. Ovviamente “Prime Trust” si è guardata bene dall’informare le autorità di regolamentazione o i clienti di questo “problemino” nonostante da mesi fosse consapevole della situazione.
Tra le dichiarazioni più bizzarre del loro amministratore delegato ad interim ci sono l’ammissione che “si è trattato di un evento aberrante” e la rassicurazione che “è estremamente improbabile che si ripeta”….