La guerra in Ucraina si trascina da ormai 9 mesi, con fasi alterne e con gravi perdite umane da una parte e dall’altra. Fino ad oggi ogni via al negoziato è stata bloccata dalla linea unitaria voluta dagli Usa, che cerca a tutti i costi un logoramento delle forze russe.
Questo scenario ha visto l’Europa ancora una volta senza una propria linea di azione. Bruxelles si è affrettata in ogni circostanza possibile a sottolineare come l’Unione Europea abbia risposto compatta all’invasione russa. Compattezza in realtà solo di facciata, poiché nessuna decisione comune è stata intrapresa al di là della ferma condanna dell’invasione. Non una sola azione alternativa è stata introdotta. Il dibattito sulla questione guerra è stato soppresso con una campagna di stampa assolutamente di regime.
Poche le voci fuori dal coro; chiedono una soluzione di pace, un cessate il fuoco, di riattivare i canali diplomatici. Tutto vano ed inascoltato. I nostri decisori politici sono terrorizzati dall’intraprendere una qualche azione diversa dalla linea imposta. Sarebbe come toccare la concertina elettrificata messa intorno ai campi di concentramento nazisti: morte certa.
Eppure, i sondaggi dimostrano largamente che questa guerra non la vuole nessuno. I cittadini europei, come la stragrande parte della popolazione mondiale è per la ricerca di una soluzione di pace. Che si raggiunga attraverso una trattativa: e come tutte le trattative non è possibile dire in anticipo come si possa concludere; quali concessioni dall’una e dall’altra parte si possano o si debbano fare. Sono questioni che si dipaneranno, appunto, durante la trattativa.
In tutta Europa sono cominciate le manifestazioni di piazza, ma con molti distinguo ed il messaggio è stato di fatto silenziato.
Intanto ci aspetta la recessione, che si sommerà ad una forte inflazione ed a una crisi energetica non di breve periodo. Alcuni analisti prevedono che il picco di questa crisi non sarà nel 2023 ma nell’anno successivo.
Sul fronte bellico le forze ucraine teleguidate e armate dagli Stati Uniti e dal Regno Unito stanno avanzando e riconquistando significative aree ad est del paese.
Ma Putin ha tre armi speciali nel suo arsenale: la prima è l’inverno. Congelare la battaglia è in questo momento un vantaggio per l’esercito russo ed uno svantaggio per quello Ucraino. La seconda arma è quella tradizionale Russa: il numero di soldati. Prendere tempo con l’arrivo dell’inverno consentirà ad i russi di far arrivare truppe fresche al fronte e rimpiazzare così i soldati caduti oltre a poter effettuare una rotazione. Opzione questa che gli Ucraini non hanno. Il loro esercito sta raccogliendo tutte le forze possibili anche quelle meno addestrate e professionali, per non sguarnire il lungo fronte. Ma non hanno rincalzi.
Ma la terza arma che Putin potrebbe utilizzare è rappresentata dall’ EMP.
EMP è una sigla inglese che sta per: “Elecrtomagnetic Pulse”; si tratta in sostanza di una bomba che esplodendo emette un potentissimo campo elettromagnetico che è in grado di distruggere qualsiasi apparato che utilizzi circuiti elettrici al suo interno. Quindi può mettere fuori uso qualsiasi elettrodomestico, apparato militare, centrali elettriche, generatori di corrente. In pratica è in grado di catapultare l’area colpita in una condizione preindustriale e priva di tutte quelle attività che si basano sull’energia elettrica. Un enorme blackout non facile da ripristinare.
I vettori che possono generare una simile esplosione sono molteplici: l’EMP può essere generato da una esplosione nucleare a bassa intensità, un chilotone o meno, tanto che la dottrina sovietica non la considera come arma nucleare, data la sua bassa potenza. Hiroshima aveva una capacità di circa 15 chilotoni. Oppure la bomba EMP può essere non nucleare e sparata da un cannone a lunga gittata, da un aereo o da un drone. Inoltre, forze speciali opportunamente infiltrate in territorio nemico possono farla detonare presso impianti sensibili, mettendoli fuori uso e generando un enorme effetto domino in tutto il paese.
Insomma, potremmo assistere ad una nuova fase della guerra e ancora una volta noi europei, saremo spettatori passivi di un disastro che nessuno sembra voler fermare seriamente. L’autorevole voce del Papa continua a rimanere un grido nel deserto.