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C’È DIFFERENZA AD ESSERE REGINA

di Massimo Di Muzio
11/12/2022
in RIFLESSIONI
C’È DIFFERENZA AD ESSERE REGINA
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TE LO LEGGO IO

Suggeriva Ovidio alle ragazze da marito, di non dimenare troppo le chiappe ‘’buttandole di qua e di là’’. L’Ars Amandi è cosa difficile. E non per tutti.

Il povero Memo adesso lo sa: una sfioratina alla natica e sei esecrato dalla Nazione.

Rivolta delle panchine rosse, delle scarpette rosse, e presto delle borsette rosse e delle giarrettiere rosse. Giustamente, per carità! 

Honni soit qui mal y pense (Disonorato sia chi pensa male): la Giarrettiera che – secondo Edoardo III e fin al suo erede Carlo, anche lui III, è di rango superiore all’Ordine del Cardo e a quello di san Patrizio e magari anche alla Stella al Merito della Repubblica – la giarrettiera, dicevamo, è cosa da Monarchia.

Questo Istituto, presente in Inghilterra, in Belgio, Olanda, Svezia e Spagna, non sembra rallentare più di tanto l’evoluzione delle democrazie.

Poveri Savoja, che gli Alleati decisero di espulgere dal Gotha attivo per compromissione col fascismo!

E sarebbe magari successo anche ai Windsor: lì il Mountbatten ed Edoardo VIII, non troppo alieni da simpatie per il nazionalsocialismo, sono stati dismessi con la motivazione: ‘’come capo titolare della Chiesa d’Inghilterra – che all’epoca disapprovava il risposarsi dopo il divorzio se un ex coniuge fosse stato ancora vivo’’ – non andava bene che una divorziata fosse regina regnante. E allora addio giarrettiera e ammennicoli.

Ahimè Carlo, quali pene per l’amore! E come cambiano i tempi. Grazie Mammà per aver sempre tollerato le avventure amatoriali di Filippo – evidentemente consenzienti – e per avere campato abbastanza da diluire nell’oblio le opposizioni di Canterbury. E restano perpetue le tue dichiarazioni d’amore al Tampax.

Cambiano i tempi, cambiano le simpatie, cambiano gli accordi politici tra gli Stati. Ed anche gli atteggiamenti personali vengono giudicati con metro variabile.

Leggiamoci insieme, allora le brillanti storie dei debosciati della Corte Francese, le follie libertine della Reggenza (1715-1723). Morto Luigi XIV, al figlio troppo piccolo per regnare venne affiancato il Reggente Philippe II d’Orléans: debosciato, amatore erculeo in competizione per amanti col duca di Richelieu.

La vita a Versailles – falso specchio dorato di un paese immiserito dalle guerre del Re Sole, curiosamente e provocatoriamente paragonabile al falso mondo dei palcoscenici televisivi – si svolge in un tourbillon di scambisti amorosi, di Madame salottiere e in calore, di viscontesse madri di molti figli ‘’dei quali lo sposo potrebbe a ragione non ritenersi il padre’’.

Nelle settemila lettere della principessa Palatina, Claudio Guidi ci guida raccogliendo il libertinaggio delle dame di Francia a Palais-Royal, come lo racconta Marivaux.

Ma, si dirà, erano cagne in calore o scalatrici di potere, usando il sesso: nihil sub sole novi!

Torniamo al Memo: bruciato per la mano morta.

Alla Corte non mancava mai la Principessa di Monaco, in pratica la tris-tris-trisnonna di Carolina e Stephanie. E di Albertone. Ahimè, si legge che la sessantenne imbellettata e imparruccata principessa amasse infilare la mano nella patta dei garzoni e camerieri che servivano la soupe a tavola, davanti ai nobili commensali: quelli gemevano e gli altri ridevano. Altri tempi, altre principesse.

Perché queste storie?

Riporta la Critica Letteraria (116/2015) che, alla corte di Ferdinando IV, l’abate Galiani, nato a Chieti, proprio di primo pelo non era. E al ballo mascherato, a Corte, palpò, pizzicandolo, il sedere di una dama elegante: tolta la maschera, era la Regina Maria Carolina. Offesa. Risentita.

Ma l’Abate, piegando il capo, sussurrò: ‘’Madame la Reine, si votre coeur est si dur que votre cul, je suis perdu’’. Blasé, Madame sorrise. E fu il perdono.

Memo, Memo: hai palpato la regina sbagliata.

E, per rispetto delle nostre madri, figlie, nipoti, compagne ed amanti, ci dissociamo dal gesto irrispettoso, non consentito; vogliamo trasmettere ai nostri figli, nipoti, studenti e compari la gioia del reciproco consenso, che esclude la violenza.

Pier Enrico Gallenga & Massimo di Muzio.

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Massimo Di Muzio

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