DIFESA EUROPEA E I PAPPAGALLI DELLA POLITICA

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TE LO LEGGO IO

Alquanto frustrante vedere i capi di Stato europei comportarsi come pappagalli ben ammaestrati. Sentirli ripetere slogan conformisti, triti e ritriti, sulla necessità di aumentare la spesa per la difesa, per arrivare alla magica percentuale del 2,5 del Prodotto Interno Lordo, è semplicemente deprimente.

Il perché è presto detto: si tratta di denaro, ancora più denaro europeo, che finirà nelle casse dell’industria della difesa statunitense. Aziende come la Lockheed Martin, società del settore difesa e aerospazio da 71 miliardi di dollari di ricavi che da sola fattura quanto tutto il settore difesa dell’Unione Europea, nel versare in banca i suoi 5,3 miliardi di utile sentitamente ringrazia, felice e contenta.

Gli slogan conformisti dei pappagalli della politica sono il prodotto, alimentato da una propaganda molto efficace, di quello che Eisenhower, nel suo discorso di addio il 17 gennaio 1961, ha chiamato il “complesso militare-industriale” degli Stati Uniti:

“… Fino all’ultimo dei nostri conflitti mondiali, gli Stati Uniti non avevano un’industria bellica. I produttori americani di vomeri avrebbero potuto, col tempo e secondo necessità, fabbricare anche spade. Ma non possiamo più rischiare un’improvvisazione di emergenza nella difesa nazionale. Siamo stati costretti a creare un’industria bellica permanente di vaste proporzioni. A ciò si aggiungono tre milioni e mezzo di uomini e donne direttamente impegnati nel settore difesa. Spendiamo annualmente per la sola sicurezza militare più del reddito netto di tutte le aziende statunitensi.

Ora, questa combinazione di un immenso apparato militare e di una grande industria bellica è una novità nell’esperienza americana.

L’influenza complessiva – economica, politica, persino spirituale – si fa sentire in ogni città, in ogni parlamento, in ogni ufficio del governo federale.

Riconosciamo l’impellente necessità di questo sviluppo. Tuttavia, non dobbiamo non comprenderne le gravi implicazioni. Il nostro lavoro, le nostre risorse e i nostri mezzi di sussistenza sono tutti coinvolti. Così come la struttura stessa della nostra società.

Nei consigli di governo dobbiamo guardarci dall’acquisizione di un’influenza ingiustificata, ricercata o meno, da parte del complesso militare-industriale. Il potenziale per l’ascesa disastrosa di un potere mal riposto esiste e persisterà. Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa combinazione metta a repentaglio le nostre libertà o i processi democratici. Non dovremmo dare nulla per scontato.

Solo una cittadinanza attenta e consapevole può imporre la corretta integrazione dell’enorme apparato di difesa industriale e militare con i nostri metodi e obiettivi pacifici, affinché sicurezza e libertà possano prosperare insieme”.

Parole profetiche, di certo sconosciute al Presidente Trump e ai suoi fiancheggiatori, viste le recenti decisioni e azioni, per non parlare dei previsti massici e controversi tagli al bilancio del Pentagono.

L’Unione Europea, sulla falsa riga di quanto fatto in occasione della pandemia Covid, sta istituendo un fondo e prendendo collettivamente in prestito denaro al fine di contribuire a pagare l’aumento della spesa per la difesa dei paesi europei.

Iniziativa buona e giusta, se fosse accompagnata da conversazioni un po’ più sofisticate delle attuali ingiunzioni della Casa Bianca. Si può accettare, nel breve termine, di sprecare denaro arricchendo altri, solo se, di pari passo, vengono sviluppate misure volte a ridurre le grandi inefficienze dei sistemi d’arma europei, troppo spesso duplicati.

Si deve in modo concertato, estendere e integrare a livello europeo l’industria della difesa, per renderla in grado di fornire la maggior parte delle attrezzature e sistemi necessari per la difesa e sicurezza europea.

Si deve investire, invece di comprare a caro prezzo da soggetti terzi, perdendo capacità industriali, di ricerca e sviluppo, d’innovazione tecnologica. Perdendo posti di lavoro e ricchezza.

In troppi dichiarano che rafforzare l’industria europea della difesa sia una soluzione possibile solo nel lungo termine. Non è vero. Una coraggiosa volontà politica potrebbe fare in modo che gli obiettivi possano essere conseguiti in tempi più che ragionevoli.

Di certo occorre fare uno sforzo serio per spiegare ai cittadini perché la difesa europea sia una necessità impellente e come sarà necessario ridurre altre voci di bilancio, proprio quando le tesorerie pubbliche sono in sofferenza.

In parte a causa della crisi del 2008 innescata dai mutui subprime statunitensi, ma questa è un’altra storia per un altro racconto.

L’Unione Europea, insieme al Regno Unito, oltre ad un “fondo per il riarmo”, devono lanciare il “fondo per il dinamismo economico”, per stimolare gli investimenti all’interno dell’Unione Europea stessa, come raccomandato dal recente rapporto Draghi.

L’economia europea deve essere più vigorosa, deve cogliere tutte le opportunità per creare valore e posti di lavoro, dal cambiamento climatico alle necessità di sicurezza e difesa.

I punti di forza economici e finanziari di un paese costituiscono la sua prima fonte di indipendenza e “sovranità”. Dunque, è di fondamentale importanza mettere il turbo alla creazione di valore.

Senza aspettare oltre, ricordando che i pappagalli non prendono decisioni.

Quanto qui presentato è basato su un commento redatto dal Prof. G. Haour, Professore Emerito di Management della Tecnologia e Innovazione presso l’IMD Business School for Management, Losanna (CH), che si ringrazia sentitamente.