Lo chiamano Online Reputation Management e la sua sigla, per quelli sbrigativi, è ORM.
E’ la difficile missione che va ad operare in un contesto delicato, quello della percezione pubblica positiva di un marchio, un’azienda o una persona. E’ faccenda articolata perché include il monitoraggio della reputazione, la gestione di qualsiasi contenuto o feedback dei clienti (o anche solo della collettività, magari condizionata dalla concorrenza o da chi vuol solo demonizzare una certa realtà) che potrebbe danneggiare il marchio, e infine l’utilizzo di strategie per prevenire e risolvere problemi che potrebbero danneggiare l’immagine, la credibilità di una determinata entità.
Nell’era digitale il cosiddetto ORM è lo strumento di osservazione, analisi e sintesi di quel che attraverso i mezzi di informazione, i siti web, i social e ogni altro ambito di aggregazione virtuale porta a tracciare l’identikit di una impresa, di una banca, di una struttura sanitaria, di un ente pubblico. E’ quel che la gente cerca di conoscere prima di rapportarsi con qualcuno o qualcosa. E’ il delicatissimo unico fotogramma in cui i più sbadati riassumono pagine e pagine di storia.
L’impressione personale e il sentito dire diventano (e lo sono sempre stati) i fattori che condizionano il successo di qualsiasi iniziativa. E oggi, che i dispositivi tecnologici non sono megafono e zoom soltanto per chi vuol farsi sentire ma soprattutto per chi vuol farsi un’idea e decidere di conseguenza.
E’ un percorso lungo e complesso che può prendere avvio dalla verifica che la propria attività sia adeguatamente rappresentata e che la clientela (pregressa, attuale e potenziale) ne abbia ottima considerazione.
In primo luogo occorre dotarsi di una sorta di cassetta degli attrezzi o, forse meglio, dell’inventario di quel che potrebbe servire.
Chi vuole giocare questa partita può sfruttare i supporti a pagamento per la gestione della reputazione online, ovvero i mezzi che a fronte di un accordo economico si offrono di presentare un determinato marchio e la relativa sfera di azione: rientrano in questo ambito gli annunci sui social media, i post “sponsorizzati”, Google Ads e le promozioni operate dagli “inflencer”.
Esistono poi i media “guadagnati”, quelli che – per meriti e abilità di vario genere – danno copertura alle iniziative del marchio: è il caso di stampa, blog & vlog , forum e canali di messaggistica che parlano, raccontano e promuovono cose valide senza pretendere la corresponsione di somme o altri benefici.
Il “grimaldello” più efficace per conquistare simpatia, ammirazione, stima e così a seguire è senza dubbio il proprio sito web, che rappresenta il biglietto da visita ed equivale alla stretta di mano con cui si apre un dialogo. La sensazione immediata è molto importante perché trasferisce valori certo più importanti del semplice colpo d’occhio: competenza, professionalità, affidabilità, serietà sono immediatamente percepite. Un web inadeguato equivale ad una porta sbattuta in faccia ed innesca commenti e recensioni che possono saltar fuori chissà dove e chissà quando…
Il sito aziendale non è figlio unico, ma ha una serie di gemelli che si presentano sotto forma di pagine social sulle più diverse piattaforme e hanno in genere un “atteggiamento” più confidenziale con i clienti o con chi si vorrebbe diventassero tali.
Si scopre in fretta che non conta la verità, ma la popolarità. E se si abbinano i due ingredienti e se diventa popolare anche il fatto che è tutto davvero così, il gioco è fatto.
Quel che si dice di un’organizzazione può essere contrastato con quello che si dirà. Nessuna situazione è irrimediabile, ma occorrono tempo e metodo.
E’ determinante avere la consapevolezza della dinamicità della reputazione e della sua vulnerabilità. Agli sforzi per creare la giusta atmosfera va abbinata una costante azione di intelligence per prevenire le brutte sorprese che purtroppo sono sempre in agguato.