Ci hanno detto di scegliere tra l’aria condizionata e la pace. Ma forse il Premier – in piena sindrome di Pilato – dovrebbe prendere spunto da altri Gesù e Barabba.
La domanda oggi dovrebbe riguardare altre questioni di non minor peso, almeno per chi ha ancora una coscienza o qualche principio da rispettare.
Ci hanno raccontato che non si riesce a parlare con l’Egitto e ancor meno si può avere riscontro alla richiesta degli indirizzi cui notificare ai carnefici di Giulio le carte del processo sul suo omicidio.
Oggi sul Corriere della Sera la spiegazione delle nostre relazioni internazionali, del peso attribuito a questo o quel problema, del valore del reale impegno riversato dalla diplomazia e dalla politica.

Un titolo a caratteri cubitali fa capire anche ai più imbecilli che il dialogo con Il Cairo c’è. Eccome. Ma si parla d’altro.
La prevalenza del portafogli sul cuore è storia vecchia. Ne hanno scritto, e poi ne hanno riscritto, e in tanti ne hanno scritto ancora come si può vedere digitando su Google o qualunque altro motore di ricerca “ENI” e “Regeni”.
Amnesty International anni fa aveva chiesto al colosso italiano dell’energia di intervenire e su La Repubblica uscì “Regeni: l’ENI ai genitori «Noi al vostro fianco per scoprire la verità»”. Era il 1° marzo del 2016.
Forse negli oltre sei anni trascorsi, presi emotivamente da altre priorità, non c’è stata occasione di toccare l’argomento…
Si potrebbero far scorrere fiumi di parole, cercando di drenare la bile che il cittadino perbene sente scoppiare dentro di sé, ma sarebbe – come sempre – tempo perso.
Si vadano ad ammainare gli striscioni che hanno addobbato le piazze. Ci si tolga il braccialetto giallo dal polso. In un rigurgito di onestà almeno intellettuale si urli a squarciagola “sticazzi!”.
Ogni volta che ci si appresterà a cucinare o ad accendere la caldaia si pensi che quella fiamma sta bruciando la speranza. La speranza dei genitori di Giulio e quella di chi ha davvero cercato di condividerne il non rimarginabile dolore.