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DOPO COTTICELLI E TIANI, COME PUÒ UN CITTADINO AVER FIDUCIA NELLE FORZE DI POLIZIA?

di Umberto Rapetto
15/11/2020
in EDITORIALI
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Ho indossato un’uniforme per una quarantina d’anni, fino a sentirmela incollata. L’ho portata con orgoglio e l’ho lasciata per non veder calpestata la mia dignità.

A distanza di oltre otto anni dal mio sofferto congedo anticipato, incarno il cittadino medio e provo a guardare “il mio mondo” con terzietà, quasi non ci avessi vissuto e speso ogni mia energia.

Le performance televisive di Cotticelli (prima su Rai Tre e poi a La7) e la sbalorditiva esibizione del “ciondolo anti-Covid” di Tiani sono entrate nelle case della gente qualunque con inevitabile sorpresa di chi civilmente credeva nelle Istituzioni.

Se ci si chiede come la politica abbia potuto affidare la salute dei calabresi e il progresso tecnologico della Puglia a vere e proprie macchiette, è facile trovare risposta nel naturale istinto – tipico degli individui di basso calibro e pochi principii – di circondarsi di personaggi a propria immagine e somiglianza.

Le scelte inopportune di infilare proverbiali incapaci nei più delicati posti di responsabilità non turba la mia fin troppo cauterizzata sensibilità, ma riconoscere nel buffo ruolo di “soggetti perculati” (ossia unanimemente presi per il …) persone che – come me – erano “in montura” mi addolora e mi indigna.

L’opinione pubblica non fa certo esercizio di clemenza. È abbastanza facile pensare che Saverio Cotticelli sia il “normotipo” dell’Arma dei Carabinieri o Giuseppe Tiani il classico esempio di poliziotto. Anzi le famiglie – impressionate dalla loro brillante carriera – sono portate a pensare che i due costituiscano la migliore espressione delle Forze dell’Ordine.

E se qualcuno va ad approfondire scopre che entrambi hanno effettivamente rappresentato i rispettivi colleghi, non in modo occasionale, ma proprio negli organismi incaricati di far valere i diritti di chi lavora in un comparto così delicato.

Il Generale Cotticelli, infatti, è stato il Presidente del CoCeR, ovvero del Consiglio Centrale di Rappresentanza dell’Arma. Per chi è poco pratico si tratta dell’organo supremo eletto dai militari e vertice della struttura che ha alla base i CoBaR e a metà strada i CoIR. È l’entità incaricata di formulare pareri, proposte e richieste su tutte le materie che formano oggetto di norme legislative o regolamentari circa la condizione, il trattamento, la tutela di natura giuridica, economica, previdenziale, sanitaria, culturale e morale dei militari. In pratica il Generale Cotticelli è stato l’interfaccia dei CC con il mondo istituzionale e politico. Prima di lui un altro brillante ufficiale ha presieduto il CoCeR ed è giunto anche a rivestire il ruolo di Sottosegretario di Stato all’allora Ministero delle Finanze: parliamo del generale Antonio Pappalardo, noto per le sue recenti esibizioni con una inconfondibile giacca arancione in alcune manifestazioni con i gilet dello stesso colore.

Giuseppe Tiani, invece, Presidente del Sindacato Italiano Appartenenti Polizia SIAP, ha preferito rimanere Ispettore della Polizia di Stato rinunciando (come si legge nel suo curriculum) a progredire nella propria escalation gerarchica al grado di Commissario “dedicandosi così all’attività sindacale e politica per diffondere la cultura dei doveri e dei diritti del lavoro, per il riconoscimento socio culturale «dei cittadini in divisa» e del ruolo sociale del loro lavoro, della Legalità, della Sicurezza Pubblica e dell’Ordine Pubblico come funzione democratica dello Stato contro tutte le forme di violenza”. In parole povere, un eroe dei nostri tempi che al servizio della terra in cui è nato ha messo anche le proprie competenze hi-tech assumendo il delicato incarico di Presidente di InnovaPuglia, la società controllata dalla Regione cui spettano gli spinosi ruoli di “Centro di competenza per la gestione integrata degli acquisti” e “Centro di competenza per il governo dell’ICT regionale”.

L’uomo divenuto famoso ai più grazie al prodigioso ciondolo era sicuramente la persona più adatta a ricoprire quell’incarico perché – sempre a sfogliare il suo dettagliatissimo CV – è “Autore e curatore del saggio di approfondimento tematico su «L’innovazione tecnologica al servizio della sicurezza nazionale» promosso SIAP – Roma 2019”.

Nonostante una certa dimestichezza a fare ricerche online non ho avuto la fortuna di rintracciare un così prezioso saggio che certo è stato preso in considerazione da Emiliano al momento della selezione e della designazione per l’ambito incarico. Ho poi casualmente scoperto che quel titolo in realtà corrisponde ad un incontro – senza dubbio determinante per il progresso scientifico – tenutosi a Roma nell’aprile del 2019 e ho pensato cosa dovrebbe raccontare nella propria biografia chi di conferenze e congressi più o meno inutili ne ha fatti a migliaia….

Entrambi gli illustri colleghi avevano certamente una discreta familiarità con chi li ha insediati in posizioni apicali di realtà delicatissime per il futuro di quelle porzioni del nostro Paese.

Molti “sbirri” (termine tutt’altro che spregiativo e che vado orgoglioso di essermelo sentito appioppare) rincorrono il consenso dei superiori e il plauso della classe politica nella speranza di trarne vantaggio. Non hanno letto Don Milani e non sanno che “l’obbedienza non è più una virtù”.

Tanti altri sono persone ben diverse, la cui soddisfazione sta nel garantire la sicurezza degli altri, nel restituire la serenità a chi l’ha perduta, nel far ritrovare la fiducia nelle leggi e nella giustizia. Lo fanno in silenzio, senza aspettarsi medaglie o un semplice “grazie”, senza esitare ad agire a proprio rischio e pericolo qualunque ne sia il prezzo. Sono l’ultimo appiglio che resta ai più deboli che – come loro – non hanno assi nella manica con cui barare nella vita e rubare traguardi che non meritano.

In nome di questi ultimi mi auguro che certe “investiture” non si abbiano a ripetere. E se non se ne avrà la forza, si abbia la faccia di ammettere di aver premiato i fedelissimi anche se immeritevoli, gli inetti ma devoti, i capaci di mostrare riconoscenza e di fare quello che altri non avrebbero mai accettato di eseguire. E si precisi che nulla hanno a che vedere con quelli che ogni giorno si ostinano a perseguire il bene comune.

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Umberto Rapetto

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