Si chiamava Giovanna Maria Giammarino e aveva 59 anni. Lavorava come guida turistica a Roma e il 19 agosto, nel tardo pomeriggio, ha accusato un malore mentre guidava un gruppo di turisti sulle gradinate del Colosseo. È morta proprio su quei gradini, circondata dai turisti che accompagnava e da qualche collega prontamente accorso.
A quanto si legge dal comunicato congiunto di Filcams, CGIL e FP di Roma e Lazio, subito diffuso sui social e poi ripreso dalla stampa, la professionista è deceduta per cause ancora da accertare, sottolineando però che si dovrebbe partire “dai ritmi di lavoro e le temperature” e stigmatizzando il fatto che non si sia proceduto all’immediata chiusura del Colosseo per salvaguardare il diritto alla visita di chi aveva acquistato il biglietto.
Il triste evento accende, ancora una volta, i riflettori sulle dure condizioni operative dei lavoratori della cultura che, a vario titolo e in diversi contesti, sono costretti a operare secondo turni pesantissimi e per una paga non sempre adeguata (si veda “i nuovi schiavi del Colosseo” di Alessandro Mancini, Emergenza Cultura, 20.9.2022).
Può sembrare strano, ma il lavoro della guida non è quello “romantico” che appare momentaneamente al turista. Richiede, infatti, oltre alla preparazione culturale, anche capacità fisiche e psichiche notevoli per sostenere sforzi prolungati soprattutto in presenza di turni continui (camminare e parlare incessantemente, salire e scendere scale e pendii, caldo torrido d’estate, gestire il proprio e l’altrui stress etc.).
Per inquadrare al meglio quanto avvenuto, ci sembra utile dare un quadro di cosa sia oggi
il lavoro nel mondo della cultura e specialmente il comparto di quelli che sono definiti “servizi aggiuntivi”, tra i quali sovente rientra la didattica, che raccoglie molteplici professionalità inquadrate secondo contratti diversi per svolgere mansioni spesso affini.
A grandi linee, nelle grandi istituzioni museali ci sono i concessionari, incaricati di gestire i servizi di biglietteria e, spesso congiuntamente, di didattica. Nel caso del Colosseo, dopo il recente cambio di appalto, è gestito dall’azienda Ales s.p.a. – partecipata del Mic – il comparto della didattica e della vigilanza, mentre alla Rear è affidato in concessione l’appalto dei servizi di biglietteria e accoglienza.
Quando si dice “guida turistica”, si intende, sulla carta, il o la professionista abilitata all’esercizio tramite concorso. Nell’area archeologica centrale di Roma, quindi, la comunicazione culturale può essere fruita in tre modi: con il personale interno al ParCo, in occasione di eventi organizzati dall’Ufficio Servizi Educativi; con il personale interno che fa capo ad Ales s.p.a., in occasione di tutte le visite calendarizzate ufficialmente dal ParCo; oppure privatamente, con i professionisti esterni, cioè le Guide Turistiche, facenti capo a piccole Associazioni o, più realisticamente, a grandi colossi del turismo internazionale.
Sembra di vedere, però, per la seconda e la terza categoria una operatività “sul campo” caratterizzata da elementi comuni: turni massacranti, paghe al limite del dovuto, mancanza delle più essenziali tutele, specie per le lavoratrici e i lavoratori a Partita Iva.
Non è affatto roseo, quindi, il panorama professionale che si ricava dall’analisi e dalle testimonianze dei lavoratori coinvolti nel grande calderone della Cultura. Quel che traspare dai social come un mondo fatato di siti archeologici ripresi al tramonto, ruderi a picco sul mare, turisti felici che si godono l’esperienza culturale, spesso nasconde la realtà lavorativa anche a Roma nell’area archeologica centrale. L’esperienza culturale, vista dall’interno, somiglia più a una missione faticosa, segnata, in alta stagione, dal sole a picco senza una panchina dove sedersi e dall’asfissia per la quantità esagerata di persone convogliate nello stesso spazio, dove gli operatori culturali, di ogni categoria, patiscono turni che metterebbero a dura prova la resistenza del più dotato dei combattenti.
L’idea che questo sia il modello turistico valido, promosso dai vari Governi da oltre un decennio, si sta rivelando ogni giorno di più fallimentare, non solo per il patrimonio fisico, colto da un inarrestabile deperimento, ma anche e soprattutto per i lavoratori che si fanno quotidianamente carico della sua trasmissione al mondo, mentre la campana ufficiale continua, a ogni buona occasione, a propagandare imperterrita il suono dei numeri dei biglietti staccati.
Se davvero la Cultura vuole essere il traino di un cambiamento e di un miglioramento delle condizioni economiche e sociali dell’Italia, il primo passo da fare è riconoscere agli operatori della cultura dignità umana e professionale, cambiando il modello di impiego, rivedendo le strettoie burocratiche per cui i contratti applicati agli impiegati sono trasmessi senza adattamenti a chi fa didattica dentro a Musei e aree archeologiche – non certo un lavoro “d’ufficio” ! – riconoscendo l’esperienza formativa e lavorativa maturata con una paga equiparata ai titoli e interrompendo la sirena dei biglietti staccati come unica prova del successo delle politiche culturali.
Gradito l’oscuramento del Colosseo in segno di lutto, voluto dal Ministro Giuli, tardivo il comunicato da parte del Parco Colosseo, ma i problemi lavorativi ed organizzativi restano e sarebbe ottimo e dovuto intervenire anche su questi.
Morire al Colosseo svolgendo il proprio lavoro non è fare Cultura.
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