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INDIA, PAKISTAN E GEOPOLITICA DELL’ACQUA

Giuseppe Bodi di Giuseppe Bodi
12/05/2025
in SCENARI
INDIA, PAKISTAN E GEOPOLITICA DELL’ACQUA
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TE LO LEGGO IO

Il 22 aprile terroristi pakistani hanno ucciso 22 turisti indù sul territorio indiano. In risposta il 6 maggio l’India ha effettuato raid aeri in Pakistan. Vi è una tregua incerta con accuse di violazioni e propositi statunitensi di renderla definitiva. Al di là delle motivazioni ultime, proviamo a leggerne altre possibili, in particolare negli aspetti della geopolitica dell’acqua.
L’acqua rappresenta una delle sfide fondamentali del XXI secolo. È alla base della vita, fonte di alimentazione, salute, benessere materiale, culturale, sociale e sanitario di ogni popolazione, sviluppo economico e, quindi, capace di alterare gli equilibri per la sua distribuzione ineguale. Con chiarezza emerge che il “fattore acqua”, ovvero la sua penuria potrebbe generare sempre maggiori elementi di conflittualità tra gli Stati che desiderano accaparrarsi quantità sempre maggiori di questo bene essenziale per lo sviluppo e la sopravvivenza. Nel 2000 la rivista “Fortune” identificò nell’oro blu il settore più redditizio per gli investimenti.
Conflitti per l’acqua sono stati, sinora, evitati tra India e Pakistan. Le tensioni internazionali di natura idrica si sviluppano, prevalentemente, tra Paesi a monte ed a valle dei bacini internazionali di Indo e Brahmaputra. L’India ha una situazione idrica complessa. Impegnata sul doppio fronte dello sviluppo economico e demografico, il Paese necessita di sempre maggiori quantità di acqua per soddisfare i bisogni nutrizionali di una popolazione che è di oltre 1,4 miliardi di persone. L’agricoltura è irrigua ed il Brahmaputra è vitale per l’India. Come per Cina, Pakistan e Bangladesh la coltura del riso, che richiede grandi quantità di acqua, è alla base dell’alimentazione. Il mix è scarsità di acqua ed inquinamento dell’acqua dolce. L’India, specie per l’agricoltura, dipende dal clima monsonico e dalle acque provenienti dall’Himalaya, dove nascono i tre grandi fiumi che attraversano il Paese: Brahmaputra, Gange ed Indo. Le riserve e la distribuzione idrica sono ineguali, concentrate lungo le zone rivierasche, a fronte di ampie zone di elevata penuria. L’industria assorbe elevate quantità di acqua. A questo si somma la delocalizzazione di imprese occidentali con processi di urbanizzazione. L’aumento dei consumi domestici di acqua non ha ridotto i livelli di inquinamento, incrementati e corroborati da un pessimo smaltimento dei rifiuti industriali e civili. La difficoltà di accesso all’acqua, la rete fognaria degradata in modo allarmante, l’uso dissennato di acqua potabile per l’agricoltura, la cattiva gestione ed altro sono un serio problema per l’India. I razionamenti di acqua rappresentano la normalità. Il Paese ha circa 4.500 dighe mediante le quali si è cercato di sopperire all’ineguale distribuzione delle risorse idriche.
Gli attriti idro-politici con il Pakistan si sovrappongono a quelli etnico-religiosi, ovvero tra indù e mussulmani. Non sono da sottovalutare i nazionalismi, che spingono a forme di crescente contrasto, nonché la rivalità militare; ambedue gli Stati sono dotati di armamento nucleare. Il Paese è sostanzialmente arido in quanto i monsoni giungono con pochissima acqua. La siccità viene mitigata da corsi d’acqua che nascono nel Kashmir, dall’Indo e dai suoi affluenti di sinistra.
L’India viene accusata di provocare inondazioni o siccità gestendo le dighe a monte del Pakistan. Pomo della discordia è il castello d’acqua del Kashmir; il Pakistan pretende la sua restituzione in quanto territorio popolato da mussulmani mentre l’India intende sfruttarlo in misura ancor maggiore per l’energia idroelettrica. Il trattato dell’Indo del 1960, con il quale venivano stabiliti criteri di ripartizione delle acque tra i due Stati, è spesso disatteso o sospeso.
Di fatto l’India possiede ed esercita una predominanza idrica nella Regione sia per la posizione naturale, sia per l’attuazione di progetti unilaterali.
Similmente ad altri settori della politica, dell’economia, della religione, la via principe da praticare per ricondurre gli attriti di natura idrica, di sfruttamento delle acque e quant’altro in un ambito di sufficiente ragionevolezza, è affidata agli strumenti della cooperazione e della diplomazia. Le prevaricazioni non potranno che essere fonti di ulteriori contrasti, utili solo ad acuire quelli già esistenti.
In questo quadro, sicuramente non confortante, i mutamenti climatici e l’effetto serra aggravano lo stress idrico mondiale, elemento che si ripercuote negativamente ovunque. I problemi principali saranno: qualità e quantità delle acque, inquinamento delle stesse per gli scarichi industriali ed umani, processi di inaridimento dei terreni agricoli.

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Giuseppe Bodi

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