Il linguaggio dello spionaggio offre numerose curiosità per chi è estraneo a quel mondo o non dedito a letture in materia. Tutti conoscono il libro “La Talpa” di John le Carrè, pseudonimo di David John Moore Cornwell (1931-2020) famoso scrittore britannico di romanzi di spionaggio, nonché agente segreto del SIS (Secret Intelligence Service) britannico.
Pur senza entrare in tecnicismi per i soli addetti ai lavori possiamo genericamente dire che, nello spionaggio, con il termine “spia fredda”, o “cold spy”, si intende un agente utilizzato per raccogliere informazioni in modo discreto, senza destare sospetti, spesso attivabile anche dopo lunghi periodi di apparente inattività. L’agente viene infiltrato in un ambiente d’interesse per raggiungere gli obiettivi e trasmettere le informazioni, al fine di evitare inutili rischi, solo quanto esse raggiungono una valenza strategica o giungono al massimo ottenibile o vi è un elevato rischio nel proseguire con la raccolta informativa.
Lo stesso principio che hanno adottato i terroristi ed adotta la criminalità organizzata con i “covi freddi”. Sono luoghi dove rifugiarsi dopo delitti od azioni di fuoco in territori lontani ed insospettabili dove non si compiono reati per non attirare l’attenzione delle Forze dell’Ordine. Naturalmente per la criminalità organizzata valgono la copertura e la connivenza dell’omertà territoriale.
Nel mondo dello spionaggio taluni si fingono disertori per meglio infiltrarsi nella rete più consona ai loro fini. La spia fredda deve avere doti di discrezione, resistenza, pazienza nella raccolta delle informazioni delle quali il Servizio di riferimento ha necessità. Il contesto non è mai semplice e può comportare anche elevati rischi: dalla prigione alla morte.
Non sono dissimili dalle “spie in sonno”, o sleeping spy, che vengono attivate solo nel momento reputato opportuno per lo svolgimento della missione.
Tra i casi più conosciuti di spie fredde, o talpe fredde, od agenti in sonno, vi è quello di Günter Guillaume (1927-1995). Fu un agente segreto dell’intelligence della Repubblica Democratica Tedesca, la famigerata “Stasi” diretta da Markus Wolf, del quale diremo oltre. Alla fine del secondo conflitto mondiale Guillaume si trovò nella Germania Est, la DDR. Nel 1956 emigrò con la moglie nella Germania Ovest, la RFD, con il preciso compito di penetrare il sistema politico occidentale in Germania e riferire in merito ad ogni possibile informazione utile.
Divenne membro del partito Socialdemocratico tedesco scalandone le gerarchie sino a divenire uno stretto consigliere del Cancelliere pro tempore Willy Brandt (1913-1992). Ebbe accesso a documenti segreti ed informazioni classificate; spiò anche la vita privata di Willy Brandt. Guillaume venne smascherato nel 1974; Willy Brandt si dimise. Il Cancelliere aveva portato avanti la così detta Ostpolitik, politica estera favorevole ad una normalizzazione dei rapporti con la DDR e gli altri Paesi del blocco dell’Est. Per tale motivo ottenne, nel 1971, il premio Nobel per la pace. Guillaume venne condannato a tredici anni per spionaggio ma nel 1981 venne rilasciato nell’ambito di uno scambio di agenti con il blocco orientale e celebrato in patria come eroe.
Markus Johannes Wolf (1923-2006), detto Mischa, fu il famoso e temuto vice direttore del Ministero per la Sicurezza dello Stato della DDR, nonché fondatore e direttore dell’HVA, organismo di quel Dicastero deputato allo svolgimento di attività di intelligence all’estero.
Le attività di spionaggio sono, secondo un detto comune, il secondo mestiere più antico al mondo. Le tecniche sono similari ma i Servizi dei Paesi dell’ex blocco sovietico sono quelli che maggiormente hanno sviluppato alcune modalità di impiego degli agenti. Pensiamo al KGB, ora FSB, al GRU, alla disciolta Stasi.
Se il lupo perde il pelo ma non il vizio, perché credere ingenuamente che in Italia ed in Europa, a vari livelli, non circolino personaggi od agenti, apparentemente innocui ma che, di fatto, fanno vero e proprio spionaggio o promuovano gli interessi di Sevizi e Paesi stranieri ostili e non? La Russia non ha mai abbandonato metodi e pensiero acquisiti nel periodo sovietico. Alcuni atteggiamenti di protezione, se non di connivenza in talune scelte, potrebbero essere indicativi. I più pericolosi sono gli insospettabili.