C’è chi aspetta di vedere la fumata – o sfumata, come dicevano a Borgo Pio – dal comignolo della Sistina con la speranza di risentire, poi, una voce di condanna della guerra che, magari, riesca a portare i contendenti tutti, comprese le tifoserie, sotto il cupolone. Dove c’è stato il colloquio penitenziale reciproco di Trump e Zelenskj.
Perché proprio lì? Che cosa è il Vaticano? si chiede più volte nel diario di venti anni (1958-78) Benny Lai, il principe dei giornalisti e scrittori di cose “di là dalle sacre mura”.
Il MONDO IN UN TASCHINO
Un altro grande giornalista, Leo Longanesi, “ammaliato dalle porpore, dalle vesti paonazze, dalla Curia”, un giorno gli rispose: “E’ come voler far entrare il mondo nel taschino del panciotto”, dove si depone l’orologio che serve a scandire il tempo che scorre perenne.
In poche centinaia di metri di uno Stato più piccolo di mezzo chilometro quadrato, lunedì di Pasqua scorso, c’erano i massimi rappresentanti di quasi tutto il mondo.
Quante divisioni ha il papa? domandava sarcastico Josif Stalin, inconsapevole forse che quella piccola città dentro la città di Roma è lo stato maggiore di un esercito con le parrocchie, tutte in prima linea: un miliardo e quattrocento milioni di “soldati di Cristo”, agli ordini di un capo, il papa, che ha in se tutti i poteri, il legislativo, l’esecutivo, il giudiziario e, quando serve, pure quello di aprire o chiudere, con la scomunica, le porte di un aldilà felice dopo la morte. Nel suo stemma campeggiano, infatti, due chiavi incrociate, perché, scriveva il Belli:
Er papa, a genio suo, po’ legà e scioje
Tutti li nodi lenti e quelli stretti,
ce po’ scommunicà, fa benedetti
e dacce a tutti indove coje coje.
LE PAPESSE
Lo stanno per eleggere i cardinali chiusi a chiave nella Cappella Sistina. Tutti maschi, perché è sempre in vigore la sostanza dell’originario precetto dell’apostolo Paolo “In Ecclesia, mulieres taceant”.
In Ecclesia, perché, invece, nella Curia ci sono state donne che finivano col contare più dei papi stessi che le favorivano: le papesse.
Da Elena, madre dell’imperatore Costantino e prima determinante protettrice della Chiesa di Roma, alle amanti dei papi del Rinascimento, come Giulia Farnese, uxor Christi, la favorita di Alessandro VI. O Lucrezia Borgia, la figlia di costui, avuta dall’amante Vannozza, una popolana che gestiva l’osteria “Locanda della vacca”.
Oppure la Sybilla,Vittoria Sambuci da Tivoli alla corte di Clemente XIV quando Pasquino scriveva:
Calcò di Pietro il profanato soglio
La rapace Vittoria Tiburtina,
con rustico fasto e folle orgoglio
impose leggi alla città latina.
E poi donna Olimpia Maidalchini, la Pimpaccia, lobbista che portò al pontificato il cognato Innocenzo XI per imperare lei nell’urbe. Fino alla moglie di Gaetano Moroni il barbiere di Gregorio XVI, definito all’epoca il sottopapa, perché, ancora il Belli:
Ghitanino è ammojato: la su moje
È una donna de garbo, assai divota der vicario de Ddio…
Oh, nun vojo di antro…
In epoca moderna, poi, la Curia – un termine che deriva da co-viria, comunità di esseri virili – chiamava “papessa” la suora addetta alla cura della persona del Santo Padre. Come suor Paschalina Lehnert, assistente e segretaria personale di Pio XII talmente influente da meritare anche l’invocazione di Virgo potens.
O la psichiatra polacca Wanda Poltawska, amica dagli anni giovanili di Giovanni Paolo II, col quale esisteva un “sodalizio affettivo e spirituale durato mezzo secolo”, che, come testimonia Claudio Rendina, le consentiva di interferire, anche come medico, nell’organizzazione dell’entourage papale e di assistere l’amico sul letto di morte.
Un ruolo di cui aveva consapevolezza e che avrebbe voluto le fosse riconosciuto anche dalle guardie svizzere che non le facevano il saluto militare come ai cardinali e monsignori. La dottoressa se ne lamentò col papa, al quale il comandante degli svizzeri spiegò che il “regolamento del corpo prevedeva solo il saluto a ecclesiastici maschi”.
LA PAPESSA GIOVANNA E “TESTICULOS HABET”
Qui il magico cerchio maschilista del vaticano potrebbe chiudersi, se non fosse che una donna eletta papa ci fu davvero nell’anno 855, la papessa Giovanna, in carica due anni, cinque mesi e quattro giorni.
Aveva simulato di essere maschio, ma, poi, rimase incinta e fu presa dalle doglie, all’altezza di via dei Querceti dalle parti di via Merulana, mentre, in corteo, andava da San Pietro al Laterano.
I romani la lapidarono e da allora si stabilì che il papa eletto, prima di prendere possesso della carica, venisse fatto “sedere su un seggio aperto sotto, la sedia porphyretica, perché l’ultimo diacono toccandolo veda che egli sia maschio”.
Il rito, che si concludeva col grido “Ttesticulos habet” e il “Deo Gratias” di clero e popolo, fu abolito
da Pio VI nel 1560.