Il titolo farcito di espressioni anglofone è orripilante per libera e convinta scelta. Vuole essere la più sadica vendetta nei confronti di non conosce l’inglese ma ne farcisce il suo parlare e nei riguardi di una stampa male informata che a sua volta informa ancor peggio. La duplice schiera ha in comune il non avere vergogna, mai.
Il decadimento del mondo dell’informazione pubblica è a dir poco desolante e, soprattutto, senza rimedio. Come le truppe di Putin invadono poco alla volta l’Ucraina, battaglioni di incapaci e illetterati hanno progressivamente conquistato le redazioni. Indomiti accaparratori di poltrone scippate a chi se le sarebbe meritate e acrobati del “doppio e triplo salto” gerarchico a dispetto delle forze grativazionali che inchiodano le carriere dei colleghi capaci, sono armati della loro invulnerabile corazza di raccomandazioni, di coperture politiche, di vincoli parentali, di trame parasindacali, di generosità “sentimentali”…
Lo sfascio di una gestione improntata sulle logiche della spartizione di partito e della più sbalorditiva lottizzazione è evidente anche a chi quel mondo lo conosce poco. Persino la celeberrima “casalinga di Voghera” – abituata a quotidiane somministrazioni di nefandezze dell’intrattenimento pomeridiano e serale (con vere e proprie vaccinazioni booster che da tempo hanno stroncato il temibile virus del buon gusto) – non riesce a capacitarsi di quel che i mass media fanno piovere sulla sua casa.
La nonna che è convinta di guardare il telegiornale viene avvicinata dal nipotino che le sussurra “ah, ti sei convertita anche tu ai videogiochi?!? brava, brava…”. Il ragazzino, che ha immediatamente riconosciuto l’ambientazione di “War Thunder”, chiede all’anziana donna quale punteggio abbia raggiunto e dove abbia imparato a smanettare così bene. In realtà la signora sta assistendo ad un servizio del TG2, realizzato da chi pensava – forte probabilmente di vantate competenze ed esperienze militari – di spacciare l’allestimento scenico di un passatempo infantile al computer per una ardita ripresa di un operatore sul campo di battaglia.
Il Von Klausewitz della redazione non si è accorto che i missili non piovevano su Kiev o su qualunque altra località bersaglio ma si allontanavano verso il cielo. Non si è nemmeno reso conto che nessuna città sotto bombardamento tiene tutte le luci accese per meglio essere individuata dai caccia o dall’artiglieria…
Pare che le stesse “immagini di repertorio” (videoteca in cui gli appassionati possono forse trovare anche indimenticabili sequenze vintage di “Space Invaders” e “Tetris”) siano state ritenute talmente avvincenti da essere poi utilizzate anche da altre testate viciniori.
Per par condicio va detto che pure nel “privato” non si contano le figure barbine che qualificano il dar notizie all’italiana e provocano irrefrenabili orgasmi nelle schiere di no-vax e no-tutto solite inveire contro i media.
Un esempio magistrale è fornito dal quotidiano di Confindustria che pensando di fare uno scoop ha piazzato online il video di una parata militare russa di due anni fa, offrendola in pasto come il volo dei bombardieri verso Kiev.
A forzare la severità nel giudicare Il Sole 24 Ore ci si mette pure il testo della fantozziana smentita, twittato così: “Abbiamo depubblicato il video poichè alcune immagini non erano riferite agli eventi della notte ma ad esercitazioni dell’aeronautica russa. Ci scusiamo con i lettori”.
Depubblicato?
In epoca di aiuti umanitari, destinatario di soccorso è anche chi ha scritto “depubblicato”, convinto di possedere memorabili eloquio e facondia….
Per sua comodità e per quella di chi lo ha assunto, chi lo dirige e chi lo stipendia, mi permetto di riportare qui sotto la fotografia di una pagina del volume CH-FL del “Grande Dizionario Italiano dell’uso” dell’indimenticabile Tullio De Mauro.
Il verbo “depubblicare” non esiste, ma se quello idiomatico è sicuramente un peccato veniale è d’obbligo che chi se ne è macchiato reciti almeno un Pater, Ave e Gloria…
Non ci si lamenti poi se fioriscono i Byoblu o le altre iniziative mirate a delegittimare la categoria dei giornalisti o le iniziative volte a sopprimerne l’Ordine.
Si caccino via gli amici, i parenti, i “segnalati”, gli intoccabili, quelli “che non sai chi sono loro”. Lo si faccia senza esitazione, così come senza indugio li si è collocati dove non dovevano stare.
Si rivalutino i talentuosi, quelli che hanno il coraggio di scrivere le cose scomode, quelli che pesano e dosano le loro espressioni, quelli che faticano per riportare la verità e guidare alla corretta interpretazione delle notizie, quelli che – letti e ascoltati – fanno esclamare “che bravura, come mi ci vorrei complimentare…” a cui si indirizza la più sentita gratitudine.
Forse è l’occasione per far esplodere il più pericoloso ordigno. La serietà.