Le pape è mort, la paupeté est immortale, ha scritto Voltaire. I romani al funerale: Il papa è morto. Viva il papa! e dopo, durante la Sede vacante: Morto un papa se ne fa un altro. E’ la storia della Città eterna, cattolica, apostolica. Romana.
Giuseppe Gioacchino Belli, poeta e papalino irriverente, diceva che il papa more nell’isterno ma l’anima sua passa al successore.
Il corpo di Francesco è a Santa Maria Maggiore, lì dove è sepolto anche Pio V, il primo papa che vestì di bianco e che gli avrà forse chiesto della mise in poncho giorni fa in San Pietro.
Al suo funerale, celebrato in latino, proprio come nel Messale di Pio V, era presente – e al massimo livello – quasi tutta la politica mondiale. Capi di stato e di governo per un papa morto. E per un papa vivo, quello da eleggere, che faranno?
I cardinali aggiungono il passaporto vaticano alla cittadinanza del paese di origine e di esso, dei suoi interessi, sarebbe illogico pensare che non risentano. I governi perciò li corteggiano, le ambasciate sfornano dossier su ogni eminentissimo e, si sa come vanno queste cose, c’è sempre qualcuno che li emenda o li integra ad usum delphini.
Poi, totonomi e interviste. Grazie ad una di esse il card. Siri, il più favorito, nel 1978 perse…la tiara. Entrano in azione giornali, tv, social per dare, in forma subliminale, indicazioni all’opinione pubblica. In effetti, però, ed absit injuria verbis, a nuora perché suocera intenda: cioè agli elettori.
Opinion leaders e pure capitali più o meno oscuri per indirizzare. Non tanto, come fece De Gaulle nel 1958, con finalità nazionalistiche, quanto per interessi non solo geopolitici.
Quando non avveniva così, c’era il diritto di veto, jus exclusivae, delle grandi potenze del mondo.
Altri tempi. Ad esempio, l’ambasciatore di Francia presso lo Stato Pontificio, il Conte Pellegrino Rossi, nel 1846 si agitava tanto da esser soprannominato “Conte dello Spirito Santo”, la terza persona della Trinità notoriamente responsabile della scelta del papa.
Era stato, infatti, autorizzato dal suo governo a far esercitare tempestivamente il divieto di elezione di cardinali non ispirati al principio dell’indipendenza dello Stato della Chiesa.
Veto uguale e contrario, però, avrebbe dichiarato l’arcivescovo di Milano contro il card. Bernetti accusato di “gallicomania”. Così gli era stato comandato dal Principe di Metternich, peraltro recidivo in materia, avendo fatto la stessa cosa nel conclave del 1823 per stroncare, allora, il cardinale Gabriele Severoli, sospettato di connivenze con i “carbonari”.
L’ultima volta che la politica intervenne in forma diretta sull’esito di un conclave fu nel 1903. La maggioranza dei cardinali era indirizzata – e in tal senso aveva cominciato a votare – verso il cardinale Mariano Rampolla Del Tindaro, fortemente osteggiato dall’imperatore d’Austria e dalla Germania. Provvide a stroncarne la candidatura il vescovo-principe di Cracovia, Puzyna, che, seppur con un fil di voce, lesse la dichiarazione che dovette poi essere ripetuta da uno dei segretari dell’assise perché non tutti avevano sentito: “Con l’autorità di Sua Maestà Apostolica Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria, volendo S.M. usare d’un antico diritto e privilegio, mi faccio onore di pronunciare il veto contro il mio Eminentissimo Signor Cardinale Mariano Rampolla”.
L’iniziativa formale fu austro-ungarica, ma dicono che a provocarla fosse stato il governo italiano. Il presidente del consiglio Zanardelli, infatti, l’avrebbe chiesta ai partners (Germania e Austria-Ungheria) della Triplice Alleanza, perché vedeva in Rampolla un nemico dell’unità nazionale.
Pochi mesi dopo, il 20 gennaio 1904, papa Sarto, Pio X, promulgherà la Costituzione Commissum Nobis, con cui abolì il “veto civile anche sotto forma di desiderio, interventi, intercessioni”, comminando ai cardinali che se ne facessero comunque portatori il massimo della pena ecclesiastica, la scomunica latae sententiae.
Ciò non toglie che, sede vacante, quei centosettanta Stati presenti alle esequie di Francesco non facciano quel che possono per aver un nuovo papa… “amico”.