Eravamo abituati a vederlo subire il peso di nastrini e distintivi, indomito per il suo fare assertivo e per molti rassicurante, capace di sopportare il cappello alpino anche in ambienti chiusi dove forse il regolamento delle uniformi esclude che debba essere indossato.
Ci aspettavamo di vederlo di nuovo in televisione perché si era convinti che fosse tornato il suo momento: correva infatti voce che fosse lui il Commissario Straordinario per l’emergenza idrogeologica in Emilia Romagna, ennesima figura da incastonare nel già fin troppo confuso intreccio di competenze e incompetenze che caratterizza la nostra povera Italia quando succede qualcosa che si sarebbe potuto evitare.
Nulla, non è apparso sullo schermo. O, forse, sono io che me lo sono perso ma ho fatto in tempo a vedere i volti disperati delle vittime di questa sciagura. Ho visto i soliti volontari, ho sentito ripetere il consueto refrain “abbiamo perso tutto”, ho guardato le distese d’acqua e ho provato un dolore profondo.
Infilarsi in mezzo al fango effettivamente può esporre al rischio che qualche schizzo di melma possa inzaccherare la sfavillante divisa e quindi è comprensibile che chi la indossa con tanta fierezza eviti di calarsi in una realtà tanto disordinata e sporca.
Il Generalissimo quindi ha fatto bene a non affacciarsi su quello che è il luogo del delitto, delitto di cui non è colpevole solo la natura ma anche chi avrebbe dovuto fare qualcosa e ha fatto poco, toppo poco o addirittura nulla.
Ma – come lo chiamerebbe il parroco – il “benedetto Figliuolo” fa quello che può e sa fare, smettendo i panni del super eroe indossati durante la pandemia dove i veri angeli sono stati medici, paramedici e volontari meno celebrati e premiati ma davvero meritevoli di riconoscenza.
Quella che dovrebbe fare il miracolo è forse la classe che governa e amministra il Paese, ma purtroppo è impegnata dall’imminente appuntamento elettorale proprio in quella Regione e – non avendo argomenti – preferisce avviare una preistorica tenzone a frastornanti colpi di clava.
Un veemente “E’ colpa tua” cui fa eco il “No, è colpa tua” echeggia sullo sfondo, confermando la ritrosia ad assumere responsabilità calpestandone il senso, facendo rimbalzare qualsivoglia addebito quasi fosse la palla freneticamente percossa sul parquet di un campo da pallacanestro da un “Globetrotter”…
Stato, Regione ed Enti locali si puntano l’un l’altro il dito. A bagno intanto c’è la povera gente che tra qualche giorno tornerà ad esser dimenticata.
Se è vero che agli onori si abbinano gli oneri, è lecito sapere cosa è stato materialmente compiuto e quali sforzi sono stati effettuati per evitare che il primo allagamento fosse quello della burocrazia? La domanda è quella che si pone il cittadino con i piedi a bagno, non lo spettatore a distanza che non ne ha titolo.
Si parlerà di procedure e di iter da seguire. Ma con moduli, certificati e carte bollate forse – e sottolineo forse – si arginano le eventuali truffe, ma non l’impeto delle acque di fiumi e torrenti trascurati dalla manutenzione e dal buonsenso.