“Essendo il ritardato pagamento della Pubblica Amministrazione un evento prevedibile e ricorrente, è onere dell’imprenditore predisporre quanto necessario per poter versare il dovuto all’Erario.
Non si può, quindi, invocare l’esimente della forza maggiore, in caso di omessi/tardivi versamenti correlati alla crisi di liquidità, dovuti a significativi ritardi della Pubblica Amministrazione, nella corresponsione di importi cospicui.”
Una recente sentenza della sezione Tributaria della Cassazione, n. 12708 del 9 maggio 2024, abbraccia una tesi dura, riguardo al concetto penalistico della forza maggiore, sostenendo che la crisi di liquidità, alla base del mancato pagamento delle imposte, dovuta ai ritardati pagamenti della Pubblica Amministrazione, o “evento”, come viene definito nell’asettico linguaggio giuridico, non può essere qualificato come imprevedibile, essendo il ritardato pagamento della Pubblica Amministrazione un fenomeno ricorrente; con un’unica concessione empatica, rappresentata dall’utilizzo dell’avverbio: purtroppo.
Per certi versi è comprensibile che l’alta Corte voglia tutelare un interesse della P.A., di cui, gioco forza, fa parte, nello specifico l’Agenzia delle Entrate, ad assolvere ad un proprio compito precipuo: riscuotere le tasse, ma pensando alla “terzietà dei giudici” ed ai concetti di Giustizia ed Equità, che dovrebbe essere alla base delle decisioni dei giudici, è inconcepibile che l’analisi delle situazioni e la loro risoluzione, sia solo di tipo teoretico, similmente all’attività di un matematico che applica il teorema di Euclide, prescindendo dal contesto in cui sono calate le situazioni, anche perché, se così fosse, potremmo essere spinti a pensare che le funzioni giudicanti potrebbero essere esercitate da una Intelligenza Artificiale, che in modo più rapido e forse più efficiente, risolverebbe almeno il problema della lentezza della Giustizia. Altro che separazione delle carriere!
L’Alta Corte, nel formulare il proprio giudizio, a differenza di quanto accaduto nelle fasi di merito, che avevano dato ragione all’imprenditore, ha ritenuto di non dover tenere conto di un fattore derimente nel caso specifico, ovvero che: il contribuente è una società dedita alla locazione di impianti per effettuare intercettazioni ambientali che ha, per l’appunto, quali unici committenti le Procure della Repubblica e i Tribunali, quindi, se questi non ottemperano ai pagamenti previsti contrattualmente, è chiaro che non ha altra fonte di reddito, non potendo, per legge, fornire le particolari e delicate prestazioni a soggetti diversi dall’Autorità Giudiziaria e dalla Polizia Giudiziaria.
I Giudici, dimostrando un “particolare acume” hanno stabilito che, in definitiva, “è onere dell’imprenditore predisporre quanto necessario – anche attraverso mutui e accantonamenti – per versare tempestivamente il dovuto all’ Erario”.
Peccato che rispetto alla teoria, la vita normale e la pratica aziendale funzionano in modo completamente diverso e purtroppo sconosciuta ai Giudici, perché:
- è difficile fare accantonamenti quando i ricavi vengono contratti dal fatto che, avendo un unico cliente, la P.A., essendo resa talmente forte dalla mancanza di alternative per gli imprenditori, tende costantemente ad abbassare i costi delle prestazioni, unitamente al fatto che i fornitori devono essere pagati in anticipo, se vuoi acquistare i materiali necessari per l’attività; i dipendenti ed i relativi contributi devono essere pagati, per non incorrere oltre che in un reato penalmente perseguibile, anche nel fatto che finiresti con il perdere i dipendenti, non pagandoli, e non potresti più essere in grado di fornire le tue prestazioni, oltre, infine, ad incappare nella mannaia del DURC, la cui mancanza di regolarità blocca automaticamente tutte le possibilità di incassare i crediti vantati, permettendo all’INPS di agire in tua vece nella loro escussione
- è difficile trovare un Istituto di Credito che conceda un qualsiasi tipo di credito o mutuo sulla base delle attività prestate alla P.A., tenuto conto che, essendo di pubblico dominio i meccanismi alla base dei ritardati pagamenti della P.A., le banche sanno perfettamente che l’imprenditore non sarà in grado di onorare, suo malgrado, gli impegni presi, pertanto sanno che, in base alle stringenti norme di Maastricht, saranno loro che dovranno fare degli accantonamenti a tutela di quelli che dopo 6 mesi saranno tecnicamente considerati dei crediti incagliati e dopo un anno diventeranno crediti inesigibili, che, quindi, spingeranno a dover tutelare giuridicamente i vertici delle banche con azioni giudiziarie nei confronti delle non colpevoli Società, portandole al fallimento ed all’escussione delle garanzie eventualmente offerte dagli Imprenditori, attuando delle procedure di vendita forzosa di beni, che ancora un altro giudice, dovendo seguire dei meccanismi iniqui, si troverà a dover svendere a cifre irrisorie, che oltre a non risolvere il problema alle banche, non svincolerà l’imprenditore che, quindi, oltre a vedersi privato dei suoi beni, per anni sarà costretto a subire la gogna derivante dal fallimento.
Come ultima chicca si segnala una circolare emessa dall’Ufficio I della Dir. Gen. delle Risorse Materiali e delle Tecnologie del Ministero della Giustizia, nel marzo del 2021, indirizzata a tutte le varie articolazioni giudiziarie fino ai massimi livelli della Corte di Cassazione, con indicazione di ulteriore distribuzione a tutti gli uffici, quindi teoricamente a conoscenza di tutti gli organismi giudiziari, che costituisce una pietra tombale sulla possibilità di ricevere crediti da banche o istituti finanziari, utilizzando le fatture emesse, in cui si vieta espressamene l’accettazione di qualsivoglia cessione del credito perché con tale attività, tenuto conto dei ritardati pagamenti, gli Istituti finanziari, cessionari dei crediti, avrebbero avuto una diversa capacità di chiedere il pagamento forzoso, del dovuto, direttamente al Ministero, rispetto alle società fornitrici, oltre alla possibilità, degli Istituti finanziari di chiedere anche gli interessi per i ritardati pagamenti, cosa normalmente negata alle società fornitrici per un cavillo, legato alla tipologia contrattuale della fornitura che, pur essendo stata avallata, sempre dalla Suprema Corte (Cass.Civ. n. 22159 del 05.09.2019), è oggetto di una specifica infrazione delle norme europee (n. 4037 del 2021), attualmente in esame, dal 2023, da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Cari Giudici, abbiamo capito che la Legge è uguale per tutti, ma per la P.A. lo è di più.