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IL GOVERNO BRITANNICO HA GIÀ “VENDUTO” I DATI SANITARI DEL COVID-19 AD AMAZON, GOOGLE E MICROSOFT

di Umberto Rapetto
07/06/2020
in EDITORIALI
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Il National Health Service (NHS), ovvero il sistema sanitario nazionale dei sudditi di Sua Maestà la Regina, a marzo scorso aveva tiepidamente annunciato la progettazione di un archivio contenente i dati dell’infezione del Coronavirus. L’obiettivo era quello di avere una “singola fonte di verità” sulla pandemia e di far perno su una massiccia base di conoscenza per arginare il propagarsi dell’infezione.

I propositi erano talmente nobili che nessuno ha pensato di preoccuparsi per la creazione di un così delicato database. L’NHS aveva tirato in ballo esigenze funzionali, garantito il rispetto della massima trasparenza sulle attività man mano poste in essere, assicurato che le informazioni (e solo quelle pertinenti) sarebbero state utilizzate unicamente per fronteggiare l’emergenza.

Il motivo della tranquillità collettiva risiedeva in poche parole rasserenanti: “una volta terminata la situazione di emergenza della sanità pubblica, i dati saranno distrutti o restituiti in linea con la legge e gli accordi contrattuali rigorosi che sono in vigore tra il National Health Service e i partner”.

I partner?

La chiusura della frase non è passata inosservata agli attentissimi operatori di OpenDemocracy, l’organizzazione internazionale impegnata per l’informazione indipendente che si distingue per le più diverse crociate sui tanti fronti in cui sono in gioco i diritti fondamentali delle persone.

OpenDemocracy – supportata dalla società Foxglove – è riuscita ad entrare in possesso dei contratti stipulati dall’NHS con i colossi tecnologici Amazon, Microsoft e Google e con le aziende del settore dell’intelligenza artificiale Faculty e Palantir.

L’acquisizione dei poco confortanti accordi contrattuali la si deve all’istanza di accesso agli atti (ai sensi del Freedom of Information Act, la norma cardine in materia di trasparenza amministrativa) presentata proprio da Foxglove e ha permesso di constatare che ci si trova dinanzi ad un trasferimento “senza precedenti” a società private di informazioni sulla salute personale di milioni di cittadini.

I contratti nascono dall’esigenza del Ministero della Salute britannico di avere supporto dalle più grandi imprese operanti sul fronte tecnologico e tale collaborazione viene pagata – ad esempio a Google – simbolicamente una sterlina (secondo il principio del “nummo uno” che trova radici nell’antica Roma).

Siccome anche dalle nostre parti si è parlato di gratuità nella fornitura della app Immuni, la curiosità si fa forte anche se in ballo stavolta sono i dati degli ormai extracomunitari d’oltre Manica.

Anche qui si scopre che il gigante hi-tech non si assume alcuna responsabilità e non offre la benché minima garanzia a proposito del proprio operato che viene prestato in una sorta di encomiabile volontariato. In fondo a pagina 2 dell’agreement, infatti, c’è un punto 10 in cui si legge chiaramente che “Google fornirà il suo supporto in maniera professionale, ma «così com’è» e quindi senza alcuna forma di garanzia. Il Servizio Sanitario Nazionale britannico sarà responsabile per le valutazioni di adeguatezza e di appropriatezza della collaborazione fornita e per le decisioni di fare affidamento sul supporto ricevuto o di agire in conseguenza di ciò”.

OpenDemocracy poi punta il dito in particolare sui contratti stipulati con Palantir e Faculty.

La prima è una delle aziende leader nelle attività di “data mining”, ovvero di estrazione di informazioni utili da grandi quantità di dati utilizzando metodi automatici o semi-automatici ed enorme capacità di elaborazione e calcolo. I servizi di Palantir sono diventati famosi per il supporto alle operazioni di controinsurrezione e di intelligence della CIA in Iraq e Afghanistan e in tempi più recenti per il sostegno dato nel 2019 alle brutali iniziative di deportazione dell’US Immigration and Customs Enforcement.

Faculty, invece, è una startup che si è distinta nella campagna politica per la Brexit con il suo supporto allo schieramento del “Leave” e poco tempo fa ha tra l’altro vinto un appalto con il Ministry of Housing, Communities and Local Government (l’equivalente di un dicastero per le politiche abitative) per estrarre e analizzare i dati di “social media, fornitori di servizi pubblici, bollette delle telecomunicazioni, agenzie di rating del credito”.

A questo punto è abbastanza naturale chiedersi cosa stia succedendo in Italia.

È possibile vedere il contratto stipulato dal Commissario Straordinario Domenico Arcuri che, oggetto dell’ordinanza numero 10 del 16 aprile 2020, prevede un “appalto di servizio gratuito” con la società Bending Spoons?

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Umberto Rapetto

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