Nel vasto panorama della scienza moderna, ci sono figure che, nonostante la loro vita breve o la loro relativa oscurità, hanno lasciato un’impronta indelebile. Una di queste è Henrietta Lacks, una donna il cui nome potrebbe non essere immediatamente riconoscibile per molti, ma la cui influenza sulla medicina e sulla ricerca biomedica è profonda e duratura. È infatti nota nella comunità scientifica internazionale per il suo ruolo nella creazione delle prime cellule immortali.
Nata il 1° agosto 1920 a Roanoke, in Virginia, come la quasi totalità della sua generazione conobbe un’esistenza fatta di sfide e tragedie, ma anche di forza, resilienza e profonda generosità. La sua era una famiglia afroamericana povera, che lavorava nelle piantagioni di tabacco, un ambiente duro e spesso pericoloso. Era l’America della Grande Depressione, quella di Uomini e topi di Steinbeck, e nella quale i diritti civili della popolazione afroamericana erano ancora molto lontani dall’essere riconosciuti.
Nel 1941, Henrietta sposò David Lacks, con cui ebbe cinque figli ed intraprese una vita modesta, ma caratterizzata da forti legami familiari e comunitari. Tuttavia, nel 1951 la sua esistenza cambiò drasticamente quando le fu diagnosticato un cancro al collo dell’utero all’età di soli 31 anni. Fu curata presso il Johns Hopkins Hospital di Baltimora, dove i medici prelevarono un campione delle sue cellule tumorali per ulteriori studi. Il consenso informato da parte dei pazienti per fini di ricerca non esisteva, ed Henrietta non seppe mai a cosa servisse quel prelievo e che impatto avrebbe avuto.
Quel campione di cellule, poi noto come “HeLa” dalle prime due lettere del suo nome, si rivelò straordinario. Contrariamente alla maggior parte delle cellule umane, che muoiono dopo un certo numero di divisioni cellulari seguendo il cosiddetto fenomeno dell’apoptosi, quelle di Henrietta continuarono a proliferare indefinitamente in laboratorio. Queste cellule immortali hanno aperto la strada a una vasta gamma di ricerche scientifiche, contribuendo in modo significativo a numerosi campi, tra cui virologia, genetica, farmacologia e medicina.
Le cellule HeLa si sono dimostrate ad esempio particolarmente preziose nella ricerca sui vaccini, nello studio del cancro, nell’esplorazione della genetica umana e persino nello sviluppo di farmaci, tra cui quelli contro la polio, l’HIV e molti altri. La loro disponibilità illimitata e la loro capacità di riprodursi rapidamente hanno reso queste cellule uno strumento inestimabile per i ricercatori di tutto il mondo. Sebbene sia morta dopo soli nove mesi dalla diagnosi, inconsapevole dell’impatto che le sue cellule avrebbero avuto, Henrietta Lacks può essere considerata una figura centrale delle scienze della vita su molteplici livelli.
Una volta riscoperta, infatti, la sua storia ha sollevato importanti questioni etiche e ha portato a un maggiore dibattito sul ruolo del consenso informato e della tutela dei diritti dei pazienti nella ricerca medica. Ha inoltre contribuito a mettere in luce le disuguaglianze razziali nel sistema sanitario degli Stati Uniti. Come molte altre persone afroamericane del suo tempo, Henrietta ha ricevuto cure mediche di qualità inferiore rispetto ai suoi corrispettivi bianchi. La sua storia ha servito da pungolo per una maggiore consapevolezza delle disparità nei trattamenti sanitari ed ha generato sforzi mirati a migliorare l’equità del sistema sanitario statunitense.
Come detto, nonostante il suo ruolo fondamentale nella scienza moderna, Henrietta Lacks non ha mai ricevuto riconoscimenti ufficiali o compensi per il suo contributo. Per molti anni, la sua identità è stata in gran parte oscurata, e solo più tardi la sua storia è stata portata alla luce grazie agli sforzi di giornalisti, scrittori e attivisti.
Negli ultimi decenni, ci sono stati sforzi per onorare la sua memoria e per riconoscere il suo importante contributo alla scienza. Nel 2017, la città di Baltimora ha dichiarato il 1° agosto come “Henrietta Lacks Day”, in suo onore. Inoltre, nel 2020, centesimo anniversario della sua nascita, sono stati annunciati progetti per erigere un monumento in sua memoria e per dedicarle una sala conferenze al Johns Hopkins University Hospital.