I bagordi delle feste hanno riverberazioni durature e certe concomitanze fanno mescolare fantasia e realtà rendendo impossibile il riconoscimento.
I fumi dell’alcool, potrebbe spiegare qualcuno. Ma nessuno saprebbe a chi addebitarne il consumo, se a chi scrive, se a chi viene descritto.
Scegliendo di non preoccuparci dell’attendibilità di queste poche righe d’apertura d’anno, lasciamo i legittimi timori in quel che una lettura attenta potrebbe far emergere come veritieri.
Nel caleidoscopico scenario di questi giorni, qualche performer di esperienze oniriche immagina Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj, come all’anagrafe è stato registrato alla nascita il premier ucraino, che legge i giornali.
Il Presidente – tautologia d’obbligo – rimane colpito da chi non è rimasto colpito da un proiettile la notte di Capodanno.
Conoscendo le tradizioni tricolori e le stragi della notte di San Silvestro, Zelensky è incuriosito dall’incidente sfiorato e si domanda come possa esser accaduto, ipotizzando scarsa mira, mano tremula, “strappo” del dilettante alle prese con il grilletto, bagliore accecante e così a seguire.
La notizia che però lo attira maggiormente è quella del piccolo arsenale domiciliare del “quasi protagonista”, sicuramente proprietario del minuscolo revolver ma dichiaratamente estraneo all’esplosione del colpo.
In tempi di ristrettezze nelle forniture di armi e di oggettive difficoltà nel reperimento “all’ingrosso”, nell’immaginifica ricostruzione il leader politico di Kiev prende carta e penna e decide di scrivere al tizio per chiedere supporto per le proprie truppe.
“Onorevole deputato… no, troppo formale… caro amico… forse non è abbastanza” tentenna Volodymyr alle prese con un incipit che dondola tra l’approccio diplomatico e l’abbracciante cordialità dei suoi normali rapporti internazionali.
Decide di rivolgersi in maniera più immediata e l’inchiostro si fa scorrevole per il più affettuoso contatto epistolare.
“Caro fratello…” non lo convince, ma una precisazione geografica gli sembra funzionare e inizia con un “caro fratello d’Italia…”
Purtroppo il trillo fastidioso della sveglia interrompe la proiezione della bizzarra vicenda.
A colazione verrebbe voglia di parlarne ma sembra qualcosa di esagerato e poco credibile. Senza fare alcuno sforzo, il tema resta a galla.
In albergo, al tavolo vicino, un marito racconta alla moglie (famiglia regolare secondo i principi tradizionali) di aver sognato Vladimir Putin che telefonava al nostro Governo, implorando l’assegnazione di un parlamentare come istruttore di tiro per entrambi gli eserciti in guerra. La conversazione concitata non era quella dei soliti comici che – forti di grande versatilità – movimentano la politica mondiale. Il tono era serio e l’interlocutore, su richiesta dei funzionari di Palazzo Chigi, aveva mandato via fax il proprio codice fiscale per avvalorare la sua identità. Il deputato è la summa della passione per le armi e dell’imprecisione nel servirsene: i suoi insegnamenti segnerebbero una svolta nel conflitto, immediatamente reso incruento grazie a pallottole che – fortuna di tutti – non centrano il bersaglio…
Scappa un sorriso di cui si sente forte il bisogno.
La storia è sicuramente poco credibile. Sotto sotto vorremmo che anche certe vicende nostrane fossero solo una allucinazione notturna da lasciarci alle spalle al risveglio…