Alcune persone, dopo il mio articolo su Giano, mi hanno chiesto se fossi contro il Gen. di Divisione Roberto Vannacci, se vedessi dietro le sue mosse lo zampino dei Servizi russi (i tanto risuonati in questi giorni Fsb e Gru) o quelle della terremotata e sempre in cerca d’autore, Politica nazionale; oppure, lo trovassi un semplice, anche se clamoroso, gesto di rivalsa e sfida contro una specifica amministrazione dello Stato che non ha saputo apprezzarne le doti di servitore.
Che rispondere per rimanere distaccati?
Il primo sarebbe un compito specifico del nostro Controspionaggio e di quelli dei nostri Alleati e non certo di un semplice analista o cultore dell’informazione che potrebbe solo citare brani dai vari manuali di Comunicazione strategica e di Guerra Psicologica o Cognitiva, oppure scomodare quelli più suggestivi della Dezinformacija.
Per il resto, posso solo aggiungere a quanto scritto nel precedente articolo, che, con i tanti problemi che abbiamo, vedere il nostro Paese trascinato e poi coinvolto, in esperimenti politici, come fossimo il più disponibile dei laboratori al mondo, urta il mio nazionalismo, sollecitando però, nel contempo, il mio interesse tecnico per il metodo di Comunicazione usato e per i suoi risvolti sociologici.
Il caso nazionale e presto internazionale, impostoci da un generale scrittore e dai suoi lettori e, quindi necessariamente fan ed elettori, è un fenomeno sociale molto interessante, anche se in verità, in ambito militare, il generale non è stato certo il primo a scrivere un libro di ricordi e suggestioni per conquistare un seggio in Parlamento, magari Europeo. In questo caso però, a parte l’essere ancora in servizio, i mezzi, le “formule d’opinione” usate e la velocità dei ritorni, paragonabile a una “miccia detonante” e non certo “a lenta”, ne fanno un caso unico.
E’ vero che siamo in Agosto e le partite di calcio sono solo quelle giocate tra amici, ma in 15 giorni, a far data dalla pubblicazione, si sono formate già ben due nutrite tifoserie sotto i vessilli dei “Vannaccisti”, così battezzo i favorevoli al pronunciamento del generale, e degli “Antivannacisti”, ovviamente quelli contro.
Potremmo dire, senza essere irriverenti o smentiti almeno sul piano dei fatti, che da oggi esiste il “Vannaccismo”. Un modo, uno schema e un metodo per porsi alla ribalta, nel contempo personale, sociale e politico, tutto italiano perché da noi tutto è più facile e giustificabile, per non dire perdonabile. Un metodo che potrebbe svilupparsi, grazie all’emulazione virtuale, molto rapidamente indicando una nuova soluzione ai tanti altri cittadini che si sentono stretti o non apprezzati.
Basterà, dopo aver studiato lo scenario in cerca di amici e nemici, scegliere, mescolare e far agire sapientemente e contemporaneamente, i media, i social, le opinioni in auge in qualche gruppo e, ovviamente, “interessare” a una qualsiasi parte della nostra classe politica, fibrillante e autoreferenziale. Sicuramente sempre in cerca di quello 0,1% in più per sopravvivere. Certo, non sostengo che per tutti sarà facile farlo, perché la mente strategica, acquisita o innata, non è da tutti, come pure il saper conoscere a fondo le forze dell’universo in cui si andrà a operare. Però, anche a scendere di status, da oggi ognuno potrà adattare lo schema Vannacci alle sue capacità e realtà. Un libero “fai da te” come già avvenuto per il giornalismo, la saggistica e lo spionaggio da quando esiste il Web.
A ben guardare si tratta di un metodo in parte simile, seppur non uguale, a quello già messo in atto nel libero e prolifico “laboratorio” italiano, da un consumato attore quale Beppe Grillo. Il “Grillismo” (voce accolta dalla Treccani), però era ed è diverso. A cavallo tra il classico e l’innovativo, la sua via all’affermazione è stata decisamente più lunga, diciamo dieci anni, e direi “tradizionale”. Nonostante l’apporto strategico del Web, tutto si è sviluppato realmente, con sudore, tempo, risorse e fatica attraverso l’aggregazione graduale di persone scontente. Individui raccolti soprattutto nel Web, trasformati con un impegno militante quitidiano in Grillini. Un vasto gruppo saldamente unito attorno a poche parole d’ordine, anch’esse contro il “Regime” e il “Pensiero unico”, nonostante le loro precedenti posizioni fossero di Destra, Sinistra, oppure Antagoniste o di delusi a qualsiasi titolo.
Nel caso del Vannaccismo, il reclutamento, il percorso, la militanza e lo stesso consenso sono per il momento opachi o assenti. I militanti, come il 7° Cavalleria dei film Western, arriveranno in soccorso dopo l’attacco, partiti dal fortino più vicino.
In effetti nessuno sa con certezza chi abbia comperato realmente il libro via internet, astutamente autoprodotto per cogliere tutti di sorpresa evitando così fughe di notizie e impedimenti vari. Né tantomeno chi abbia provveduto a farne, altrettanto istantaneamente e abbondantemente, copie “pirata” da distribuire generosamente ad amici e parenti. Qualcuno ha quantificato il venduto in 22.000 copie in 15 giorni, e tutti giustamente parliamo di record, soprattutto, perché è un libro di ben 373 pagine che per leggerlo tutto ci vogliono almeno tre giorni pieni di ferie dedicate. Un best sellers ancora più rilevante in un Paese che non è proprio in testa alle classifiche europee per numero di lettori e del saper capire quello che si legge.
Siamo il Paese di Machiavelli e di Vegezio, ma anche della Commedia dell’arte, da noi inventata nel XVI secolo perché i nostri attori erano insofferenti alle norme del Teatro in uso. Quindi, scoprirono una scorciatoia molto semplice per aver più successo con molta meno fatica. Niente più testi da memorizzare e ruoli e personaggi, fissati anche da secoli, da rappresentare fedelmente secondo i canoni dati, ma da ora in poi sarebbe bastato un semplice e schematico canavaccio di base da seguire idealmente mentre gli attori avrebbero recitato a soggetto, regolandosi empaticamente sulle reazioni del pubblico. Insomma, un “Uovo di colombo” anche per la politica e poi per la pubblicità.
Il cervello è pigro e più facilmente segue gli slogan e le cose che già gli piacciono, per questo siamo tutti suggestionabili come ha svelato Edward Louis Bernays, nipote di Freud, dettando attorno al 1913 i principi operativi dei moderni uffici stampa e pubbliche relazioni per far muovere le masse secondo le esigenze della Politica e non solo della Pubblicità.
Perché nell’Era dell’Informazione non dovrebbero farlo anche gli altri oltre ai politici e ai pubblicitari? Certo, qualcuno potrebbe dire, come lo storico e militare greco Polibio, ben duemiladuecento anni fa, che la Democrazia può, se senza regole, degenerare in Oclocrazia, ossia e letteralmente “Governo della Plebe”, ma sarebbe subito tacciato e forse giustamente, di antidemocraticità. Comunque, ovvio che a governare anche nell’Oclocrazia non sarebbe mai la plebe, ma tramite di essa, i retori e/o politici più abili dialetticamente.
La Retorica ormai ci sommerge. In un Paese dove tutti parlano in piena libertà, le invocazioni a salvaguardia delle opinioni (proprie) sono oramai incisi dialettici assordanti e stucchevoli. Invocazioni agli Dei fatte «Al colto pubblico e all’ inclita guarnigione», come se la Costituzione non prevedesse altri diritti, appunto quelli degli altri, e imponesse obblighi a chi si esprime in ambito pubblico specie se è un “Servitore dello Stato” ancora in Servizio. Ad esempio, per il caso specifico, ci sarebbe l’articolo 98 che se applicato taglierebbe drasticamente la testa a ogni toro. Senza parlare ovviamente di leggi, regolamenti, norme etiche e professionali che dovrebbero guidarci nei nostri comportamenti che, oggi, grazie ai social e ai device, sono anche le nostre parole.
Certo la Logomachia, con il suo subdolo uso di termini vecchi e nuovi, con funzione di “ancora”, “guida”, “trappola”, “civetta” o di astuto “paguro Bernardo” è una forma di guerra sia militare che civile antichissima. Le parole e la loro interpretazione danno vita alle opinioni che sono misurabili con i sondaggi, ma diventano numeri reali con il voto. Quindi tutto questo ambaradan, a logica di naso, contro chi andrebbe, se non contro il Governo in carica?
Insomma, e concludo, il pronunciamento del Gen. Vannacci a me, come studioso degli aspetti sociologici dell’Informazione, non interessa sul piano del segno politico prescelto, anche se, come cittadino democratico – ripeto – avrei apprezzato di più se non lo avesse messo in atto mentre era in servizio, come è ancora a campagna acquisti iniziata.
Detto questo, ribadisco che siamo di fronte a un interessante e innovativo piano di comunicazione pubblicistica, con chiari intenti di self branding, ma sapientemente ideato e posto in essere. Un fenomeno sociale 2.0, degno di essere analizzato nella sua struttura operativa da ogni Scuola di Comunicazione sia essa civile che militare e di “sicurezza”.
Comunque, ormai il dado è tratto e il Rubicone quasi guadato. Come per il passato era pronta e sta per essere praticata “L’uscita di sicurezza”, fornita immediatamente su un vassoio d’argento dalla Politica. Una scelta o un compromesso sicuramente previsto e atteso che in un mondo al contrario sembra a tutti i neofiti foriero di ulteriori grandi successi.
Per questo, ancora una volta: “In bocca al lupo, generale!”