In effetti, sui social e sui media è tutto un tracimare di analisi e commenti al libro “Il mondo al Contrario” autoprodotto dal Generale di Divisione Roberto Vannacci, pubblicato il 10 agosto e in meno di 10 giorni divenuto “il più venduto su Amazon” al costo di € 19,76.
Dopo due giorni dall’uscita già mi erano arrivate due copie gratuite inviatemi da amici di differente estrazione culturale, politica e professionale, cui in breve se ne sono aggiunte altre. Tutte, ovviamente, accompagnate da giudizi contro (i più) e a favore (i meno) dell’autore e della sua opera oltre che da poco velate richieste di adesione al commento proposto o di stimolo a partecipare al dibattito.
Ebbene sì, dopo il Ferragosto gran parte degli Italiani, molti ancora in costume da bagno, attivi sui media classici e sui social sono stati costretti, grazie anche agli incessanti e aggiornatissimi lanci e rilanci pubblicitari dei motori di ricerca, a prendere posizione sul “mondo” delle opinioni politiche e sociali del Gen. Vannacci, come pure dei suoi detrattori e dei suoi estimatori, tutti convinti, in primis il generale, di possedere la verità anche se la stragrande maggioranza degli “a favore” e dei “contro” non ha presumibilmente potuto leggere in qualche ora un tomo di ricordi e riflessioni personalissime di ben 373 pagine.
Confesso, come incipit, di non aver pensato nemmeno per un secondo a questo generale né come a un “eroe” – che sicuramente sarà stato – né come a un “Salvatore degli antichi Costumi della Patria” né tantopiù o tantomeno a un vero golpista, piuttosto mi è sembrata la versione più mediaticamente aggiornata, direi 2.0, di altri simili comportamenti.
Un modus operandi, di cui il libro è manifestazione pubblica perché pubblicata, seppur in questo caso autofinanziata, che a me appare in linea, non certo nella forma ma nella sostanza delle finalità, con quella di tanti altri generali e ammiragli, anche da me personalmente conosciuti a partire dal 1975, che, dopo aver svolto incarichi apicali, tra cui anche Capi del SID, del SISMi e del SISDe, oltreché di Stato Maggiore, messi o andati in pensione regolarmente o passati ad altri incarichi meno “operativi” o di “potere”, hanno sentito forte la tentazione di passare dalla spada alla penna. Un salto in un mondo, quello della Politica e dei Media, spesso prima criticato e/o visto con sospetto, perché tendenzialmente ostile, che però ora appariva risolutore di conti in sospeso o comunque veicolo di chiarimenti a futura memoria.
Evidentemente il proverbio antichissimo “ne uccide più la lingua che la spada” è apprezzato anche dai “guerrieri” che, del resto, facilmente vedono le opportunità offerte da ogni possibile “arma”, tanto più oggi, scoperte, studiate e applicate grazie alla Guerra Psicologica, divenuta Cognitiva e, soprattutto per il grande pubblico, Guerra delle informazioni.
In tutte queste opere, sicuramente più “togate” forse perché figlie di altri tempi e di altre culture in cui non esisteva il “Popolo del web”, l’elenco delle cose fatte dagli autori per il bene della Patria, ma poi incomprese, negate, disattese e/o dimenticate è lungo e calzante.
Il “nemico” sempre presente vi appare velato, mai definito per nome e cognome, è un’ombra cangiante di un incombente “demone” politico che divora come Kronos i suoi figli migliori. Un “nemico” senza volto ma intuibile, che a ben guardare è proprio frutto del tempo che scorre, dei costumi e degli interessi politici che mutano inesorabili, “O tempora, o mores !”, come pure dei conseguenti relativi “aggiustamenti” compiuti a norma di legge e regolamento da una Burocrazia per sua natura soggetta alla Politica. Un potere che deve sempre rinnovarsi, scontentando quelli che precedentemente aveva accontentato, per conservare inalterato il suo sé e, tramite suo, le Istituzioni e lo Stato.
Sollecitato da questi richiami interni ed esterni e dalle diverse copie ricevute in omaggio, ho iniziato anch’io a conoscere e con interesse il mondo del Gen. VANNACCI, poi di fronte alle 373 pagine di 30 righe ciascuna – confesso – non ce l’ho fatta a mantenere l’ordine cronologico della scrittura e – come penso tutti – ho cercato di aiutarmi prima con l’ “Indice” e poi andando random sulla base dei mei antichi interessi per le tecniche dell’informazione e delle azioni di influenza che mi sembravano anche disattese dagli altri commentatori.
Non voglio tediare nessuno riproponendo le contraddizioni, le superficialità, le ingenuità e le imprecisioni dell’autore, che su ben 373 pagine a onor del vero non possono certo mancare, ma condividere del testo soltanto pochi brani trascurati sinora dagli altri “cacciatori” in cui mi sono imbattuto a pagina 116, 117, 146 e 147. Frammenti di un tema abbastanza stimolante per il momento storico in cui viviamo: ossia la Russia.
Certo, 4 pagine su 373 sono poche per considerarle un esempio emblematico o significativo di qualcosa distante dall’occasionale, tantopiù se si tratta di riferimenti lasciati tra le righe assieme ad altri “esempi” mentre si affrontano temi ponderosi quali “La società multiculturale e multietnica” e “La sicurezza e la legittima difesa”. Ricorrerò pertanto alla tecnica del virgolettato senza voler crocifiggere l’autore alle parole enucleate.
“In Russia c’è lavoro, e ce n’è anche tanto. Rispetto a molti posti del mondo, vi si vive anche abbastanza bene” sostiene il generale che è stato anche addetto militare nella Federazione russa dal 2020 al 2022. “A Mosca – prosegue – quasi tutti i tassisti sono Kirghisi, Uzbechi o Tagichi come quasi tutti gli operai che manutengono le strade, che sgomberano le città dalla neve nel lungo inverno e che lavorano nelle costruzioni e nell’agricoltura”.
Girando pagina si scopre anche che: “Il clandestino in Russia non lo vai a fare perché sai che non avrai vita facile. Nel 2019 i lavoratori stranieri immigrati temporaneamente in Russia erano 12 milioni su una popolazione di 145 (quasi il 10 %). Nel 2020 sono scesi a 6 milioni a causa della pandemia. Per immigrare in Russia le candidature dei potenziali lavoratori sono vagliate nel paese di origine e, a chi viene accettato, è garantito il contratto di lavoro ed il contratto per la casa prima ancora dell’ingresso nella terra degli Zar”.
Il tema Russia ricompare, sempre in termini di esempio, anche alle pagine 147 e 148: “Per non parlare della Russia, ed in particolare di Mosca, dove – ricorda il generale – incontravo, ben dopo l’imbrunire nei grandissimi e bellissimi parchi cittadini, donne sole e mamme con bambini che assaporavano il fresco delle sere estive senza il benché minimo timore di essere molestate da qualcuno. ‘Ma là c’è una dittatura’ – tuona qualcuno – come se una delle caratteristiche delle democrazie fosse quella di autorizzare ladri, stupratori e criminali a esercitare liberamente le loro attività. E il problema è anche questo. Se la democrazia non riesce a dare risposte concrete soprattutto nei confronti della delinquenza comune e di quei reati, come i furti, che toccano più di ogni altro il cittadino allora l’elettorato si volgerà verso sistemi diversi, verso forme di governo più efficaci nei confronti dei malviventi”.
Nulla quaestio: tutti in Democrazia possiamo, anzi direi dobbiamo, esprimere le nostre opinioni, soprattutto – direi – quando sono di sprone al miglioramento di essa o della società in generale. Però, diciamolo, un alto ufficiale dell’Esercito ancora in servizio, come qualsiasi altro dipendente di qualsiasi impresa pubblica o privata, quando scrive o parla rivolto al largo pubblico deve esercitare non solo il riserbo dovuto alla sua posizione, ma almeno due delle virtù cardinali, quelle della Temperanza e della Prudenza, tantopiù se è un militare.
Non è possibile che con tre lauree e chissà quanti corsi frequentati, i molteplici delicatissimi incarichi internazionali svolti con successo, un Generale di Divisione non conosca questa regola elementare non certo solo etica. Regola che tra l’altro se infranta nella citata a modello Russia sarebbe costata al trasgressore in divisa molto di più del trasferimento ad altro incarico.
Ovviamente, tutto questo è valido per chi non abbia già prima deciso per i più svariati motivi di lasciare il suo incarico sbattendo clamorosamente la porta.
Ecco perché in questo libro e in quello che traspare dalle interviste dell’autore ho visto soltanto – e non me ne voglia nessuno per questo mio limite – le mosse di un contemporaneo “esperto di Personal branding” che, come gli altri esperti, costruisce strategicamente a tavolino e propone poi una coerente azione di comunicazione. Un’azione cui servono pochi elementi: un’immagine coerente di se stesso (brand identity) da trasmettere attraverso adeguati mezzi e “formule d’ opinione” a determinate persone (recettori, pubblici, target Etc.) per entrare in empatia con esse tantopiù se si sa che già condividono le opinioni proposte. Insomma, modernissimo marketing di se stessi per esordire con successo automatico in un nuovo mondo, anch’esso al contrario rispetto al precedente.
Un esordio talentuoso da influencer od opinion leader e presto – e anche questo come tanti altri Generali – da “politico”. C’è già chi scommette e non a torto che lo vedremo rappresentante del popolo, eletto democraticamente al Parlamento nazionale o europeo magari, contrappasso docet, da una “piccola minoranza”. Del resto il Toto-offerte è già partito pubblicamente grazie a un gruppo marginale che ne ha forse bruciato altre più pesanti. Tempus narrabo !
Per rimanere al Latino, come ha detto Giulio Cesare, grande generale conquistatore, che come Alessandro Magno praticava la bisessualità: “Alea iacta est”. Il Rubicone ora va guadato sino all’altra sponda. Un condottiero sa, se è in sé o è veramente tale, che rimanere in mezzo al guado è tragico per ogni esercito regolare o non.
Insomma, avvenga ciò che sarà, ma oggi è un bel salto “pubblicistico”, mediale e sociale, per un generale di divisione sino al 10 Agosto scorso poco visibile ai più in quanto Comandante dell’Istituto Geografico Militare di Firenze, organismo antico e prestigioso, ma di scarsa forza per lanciare influencer.
Amazon docet! Quelli del Gen. Vannacci sembrano proprio i primi passi, per ora letterari e auto finanziati, di un personaggio in cerca di consenso pubblico e che inizia il suo percorso con un ben indirizzato sondaggio delle reazioni basiche su opinioni o credenze reali, spesso culturalmente ed eticamente poco solide, ma condivise dal suo target. Ora, però, dovrà passare dal pubblico di chi lo conosce già e ne ha apprezzato le doti sul campo e forse incoraggiato il pronunciamento, a quello più variegato ed esteso del “popolo del web” e dovrà farlo mentre su di lui infuria la tempesta, anche amministrativa.
Comunque sia, nella battaglia del generale sia essa sulla riva raggiunta o ancora in mezzo al guado a poco varranno le trenta righe delle “Note dell’autore” scritte un po’ in “legalese” a futura memoria.
Sicuramente con “Il mondo al Contrario” siamo in presenza di un fenomeno culturale, intendendo il termine cultura antropologicamente, ma di certo la Cultura, quella altamente intesa, non c’entra, semmai essa è invocata per svolgere, come pure la Politica e il Giornalismo, una mera funzione di eco anche contraddittoria, ma rafforzativa, seppur a contrasto delle opinioni del Gen. Roberto Vannacci. Siamo, come lo stesso autore dichiara, nel mondo delle opinioni e “Hic manebimus optime”.
Quello che si è verificato, al di là dei giudizi morali, etici e culturali, è però un fenomeno sistemico insito nella nostra società democratica e mediatica dove l’essere è sempre più determinato dall’apparire in cerca di like. Altrettanto certo è che, soprattutto a certi livelli, ogni cambio di campo individuale rimane sempre legato alle precedenti scelte personali e di vita, inclusa la famiglia.
Certo è agosto e le pagine, incluse quelle delle chat, si debbono riempire ugualmente. “E’ la stampa bellezza!” Quindi, tutto va bene, anche se è così che gli scontrini, le diete, il caldo, i cani abbandonati si mescolano alle opinioni di un Generale di divisione che ha gettato il suo dado in un mondo anch’esso al contrario o più semplicemente diverso dal suo, almeno sino a ora. L’universo delle opinioni è per sua natura mutevole e difficilmente si cristallizza senza un’organizzazione, per questo il navigarlo è sempre rischioso. Il mondo dei media e della politica non è lineare, ma caotico.
La società dell’Informazione è definita proprio da questo mescolarsi senza sosta di opinioni, per lo più “basiche” e di pancia, diverse e mutevoli, ma le sue leggi sono automatiche e ferree. Tutti, in questo oceano, rischiano di partire come conductor per poi ritrovarci apprendisti stregoni o golem di argilla, sbriciolati da una realtà che è comunque solo rappresentazione. Ugualmente dicasi del mondo dell’odierna Politica ormai sempre più amalgamato a quello dell’Informazione.
Per questo, come agli albori della nostra civiltà occidentale, un generale può decidere di scendere nell’Agorà a testimoniare le sue opinioni, spinto dalle più adamantine o torve intenzioni, usando anziché la spada la Retorica. Lo può fare, allora come oggi, proprio perché siamo in Democrazia, una democrazia ormai meno severa di quella greca che non perdonava nemmeno ai generali illustri, imponendo al perdente l’ostracismo o la morte.
Patos, retorica, demagogia, teatralità, reazioni automatiche previste dei cittadini (oggi pubblico) e necessità della guerra. Tucidide, generale, politico, “inventore” della Storia e abile retore, lo avevo fotografato oltre duemilacinquecento anni fa e ancora Tucidide docet. Un insegnamento classico, trascurato ormai dalla Scuola e dalla Cultura, che è ancora più valido oggi dove imperano le chat, i social e i media.
Allora? Poco o niente di aulico, ma molto, molto di pragmatico, programmato o programmabile. In bocca al lupo Generale!