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EVA: CI SAREBBE UNA SOLUZIONE…

Massimo Di Muzio di Massimo Di Muzio
20/12/2022
in RIFLESSIONI
EVA: CI SAREBBE UNA SOLUZIONE…
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TE LO LEGGO IO

Eva viene dalla Grecia. Logicamente non parliamo della Eva “Madre di Tutti i Viventi” come venne definita da Adamo (in ebraico ḥawah, “Vita”, o “Colei che dà la Vita”).

Grecia, antica madre di tutte le scienze, antico esempio di tutte le tragedie. E del loro scioglimento nella catarsi. Recitate in teatri scenografici, rivolti ad occidente, le tragedie greche cominciavano al pomeriggio, finivano al tramonto[1]. I teatri antichi erano rivolti ad occidente per una molteplicità di motivi: la brezza di mare favoriva e propagava il suono fino alle ultime gradinate; il tramonto sul mare creava una scenografia unica e irripetibile e infine poi arrivava il buio (e senza materie energetiche, magari toccherà presto anche a noi). Catarsi educativa: premio all’eroe, punizione al colpevole.

Infrangi la Legge, offendi gli Dei: allora cicuta! Come Socrate. La cui morte – serena secondo Platone – fu forse favorita da un po’ di cannabinoidi, ben noti ai Fenici che li distribuivano ai vogatori delle navi da guerra (se qualcuno vuole, ci scriva; ne parleremo in altra occasione). O forse anche per liberarsi dai continui  domestici rimbrotti di Santippe, rifiutò la fuga perché era infame sottrarsi alla Legge.

Ricordate la scena,  nell’interpretazione di Jacques-Louis David?  Il dito verso il cielo indica appunto  la necessità di rispettare la Legge che è al di sopra degli uomini.

 

L’espiazione della pena, come quando eravamo piccoli: “Màzz’ e ppanélle, fa lu fìjje bbèlle; panélle sènza màzze, fa lu fìjje pàzze.”[2]. Giù i pantaloncini corti e una racchettata di battipanni sulle chiappette, ad indicare la disapprovazione un po’ umiliante. Per buon ricordo, educativo.

Ma Eva viene dalla Grecia: e lì, alcune storie di processi femminili furono diverse, pur con accuse simili.

Di empietà fu accusato Socrate in Atene, e punito. Di empietà fu accusata Aspasia: coinvolta nei processi che l’opposizione scatenava contro Pericle, aggredendo Fidia e Clazomene per le opere pubbliche loro affidate: la  parrhesia (παρρησία) ateniese, per cui a tutti era consentito affermare facezie o calunnie e accuse e querele e maldicenza, anche ai comici che graffiavano, a torto o ragione, le eminenze di Governo.  Nihil sub sole novi: ne abbiamo visti  e – vigliaccamente! – tollerati senza protestare: processi senza capo né coda, di maghi del diritto col coniglio bianco nel cappello a cilindro. Tant’è, nessuno è immune dalla propria ignavia.

Aspasia, etèra ionica, quindi straniera, fu difesa personalmente da Pericle, cui, nel frattempo, aveva avuto modo di dare un figlio bastardo (il termine è corretto, secondo il Dizionario Treccani. Si può ritenerlo inopportuno, ma è aggettivo che porta anche un re di Inghilterra, tale Guglielmo
I il Bastardo, appunto, figlio di Roberto I il Magnifico e Arlette, giovane contadina normanna;  un po’ come Leonardo da Vinci, insomma).  Nella società Ateniese il ruolo di moglie era legato alla casa e alla assoluta invisibilità: come della moglie di Cesare, a Roma: si doveva non doverne parlare.

Diverso il ruolo dell’etèra: vita sociale emancipata dalla morigeratezza borghese, lusso esibito, libertà di espressione e cultura, artistica, musicale, morale. Fino al limite – indefinibile, quindi facilmente strumentale – dell’empietà. Il volere degli dei deve essere rispettato. Se no, cicuta! Le lacrime di Pericle, invece, fecero assolvere Aspasia, che realmente condizionava le scelte politiche dell’amante: questo il motivo reale del processo. E fu assolta!

Un secolo dopo, Mnesarete (nome che vuol, dire “colei che fa ricordare la virtù”), si soprannominò Frine (Φρύνη), cioè “rospo” per il pallore (forse da anemia mediterranea) ma che di ranocchia certo nulla aveva se pensate che Prassitele, suo amante, le dedicò due statue: una nel tempio di Apollo a Delfi e una a Tespie sua città natale.

Ma soprattutto si dice che posò da modella per l’Afrodite di Cnido (primo nudo femminile nell’arte greca) e forse per l’Afrodite Anadiomene di Apelle: come dire il paradigma eterno della bellezza e dell’ispirazione per secoli e secoli d’arte. L’icona della bellezza! La Top Model del millennio.

Accusata di empietà (e dàgli…!) per aver costituito una associazione illecita per il culto di Isodaite, una divinità nuova estranea al Pantheon ateniese, fu difesa da Iperide, logografo ateniese, inserito nel canone alessandrino dei  dieci grandi oratori attici. Questi,  attivo nel partito antimacedone contro Filippo, padre di Alessandro Magno (educato, ricordiamolo en passant, nientepopodimenoché da Aristotile), in un precedente processo, si schierò contro Demostene accusandolo di aver agito contro gli interessi di Atene perché corrotto e ottenendo che fosse dichiarato colpevole. Ma per Frine raggiunse l’apice della sceneggiata: vedendo che le sue parole non erano sufficienti a commuovere l’animo dei giudici, denudò platealmente la sua cliente, ottenendone così l’assoluzione. La Bellezza vinse sulla Giustizia!

Altri tempi, altri giurati, con peplo, barba e mogli noiose ma tolleranti.

E Eva?

Che sarà di lei?

Chi la difenderà? Con quali  coup de téatre?

Tutto sommato, con la quantità smisurata di evasori, corrotti e corruttori, giudici a carriere incrociate, sistemi Palamara e altre quotidiane, accettate nefandezze tra soldi e potere, la punizione ci vuole e deve essere esemplare.

Noi proponiamo una soluzione ormai arcaica: non la cicuta, ma una buona sculacciata col battipanni,  pubblica, a chiappe scoperte.

E ci proponiamo noi come boia, magari in un teatro antico al tramonto!

 

Pier Enrico Gallenga

Massimo M. G. di Muzio

 

[1]     Un pensiero riconoscente al prof. Luigi C. Antonucci della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara che amorevolmente ha insegnato al nipote, uno degli autori, il gusto per l’arte.

[2]     Per i non indigeni del Regno Borbonico: “Botte e pane fanno il figlio bello, pane senza botte fa il figlio pazzo”. Questo proverbio sembra avere origini addirittura nel libro dei “Proverbi” dell’Antico Testamento. Infatti San Girolamo, nella sua traduzione latina conosciuta come “Vulgata”, sembra riconoscersi l’antenato del celebre detto napoletano. “Qui parcit virgae, odit filium suum” (Chi risparmia le nerbate al proprio figlio lo odia), massima seguita da generazioni di genitori fino ad oggi.
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Massimo Di Muzio

Massimo Di Muzio

58 anni, laureato in Farmacia, è specialista in Tossicologia (Università di Bologna) e in Farmacia Ospedaliera (Università di Padova). Ha svolto attività di ricerca presso l’Istituto di Farmacologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Chieti. Attualmente è Responsabile della UO di Farmacia Clinica dell’INRCA-IRCCS di Ancona. È responsabile del Centro Regionale per l’Allestimento della Cannabis. Ha conseguito il Master in Organizzazione e Gestione in Sanità presso la SDA Bocconi di Milano, il Master in Economia e Management Sanitaria presso l’Università di Roma Tor Vergata e si è perfezionato in Bioetica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Ha effettuato uno stage di ricerca presso il Dipartimento di Sociologia e Antropologia della British Columbia Open University di Vancouver (Canada). È il Referente Regionale della Scorta Nazionale Antidoti del Ministero della Salute per la regione Marche. È stato membro per due mandati della Delegazione Italiana della Commissione Europea per la Farmacopea Europea a Strasburgo. I suoi principali settori di interesse professionale sono: Farmacia Clinica, Farmacologia, Tossicologia, Bioetica e Sperimentazioni Cliniche, CBRNe, Management Sanitario, Farmacoeconomia. Si interessa inoltre di emergenze e maxiemergenze: è stato Membro della Commissione della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento di Protezione Civile per la gestione dei farmaci nelle maxi-emergenze, Commissione che ha emanato il Deliberazione del 22 maggio 2003 (GU n. 196 del 25 agosto 2003) “Accordo tra Governo, regioni, province autonome di Trento e di Bolzano, comuni, province e comunità montane sui «Criteri di massima sulla dotazione di farmaci e dispositivi medici di un posto medico avanzato di II livello utilizzabile in caso di catastrofe». È membro Tossicologo del GORES (Gruppo Operativo Regionale di Emergenza Sanitaria) della Regione Marche. È socio della SIF (Società Italiana di farmacologia) e della SITOX (Società Italiana di Tossicologia). Ha svolto e/o svolge attività di docente presso l’Università di Camerino (Insegnamento di Tossicologia), di Pisa (Farmacologia nelle maxiemergenze), di Bari (insegnamento di Medicina delle Catastrofi), di Ancona (insegnamento di Chimica degli Alimenti), dinGenova (insegnamento di Medicina delle Catastrofi nel Master di Bioetica). È stato Docente Esperto e Direttore presso il Centro Nazionale di formazione NBCR della Croce Rossa Italiana. È stato relatore e moderatore a numerosi congressi e convegni in Italia ed all’estero e vincitore di alcuni premi nazionali. Ha oltre 200 pubblicazioni scientifiche nazionali ed internazionali e di diverse monografie. Fra queste, si ricorda in particolare, come co-autore il libro M.L. Farina, G. Bacis, A. Gattini, M. Di Muzio, G.C. Taddei, L. Giuliani: Antidoti: Prontuario Terapeutico Ragionato (2001, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma). Tale testo è considerato “Reference Material” dall’Organizzazione Mondiale della Sanità-World Health Organization – International Programme of Chemical Safety. Ha elaborato le “Linee guida nazionali per la gestione extraospedaliera di persone esposte a irradiazioni e/o contaminazioni acute in relazione ad eventuali emergenze radiologiche”, con la prefazione del prof. Antonino Zichichi che le ha approvate.

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