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GREEN ECONOMY E I 3000 VOLI VUOTI DI BRUSSELS AIRLINES

di Umberto Rapetto
08/01/2022
in EDITORIALI, Uncategorized
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Si parla con facilità di ecologia e di sostenibilità. Se ne parla con enfasi anche in contesti salottieri, ma tra il dire e il fare stavolta non c’è il mare, ma le centinaia di chilometri di alcune tratte aeree.

E’ la brutta storia di una compagnia aerea secondaria del Gruppo Lufthansa che quest’inverno ha scandalosamente effettuato 3.000 voli completamente vuoti (o quasi) pur di non perdere i cosiddetti “slot” assegnati alla flotta.

Se la frase precedente può sembrare giustamente incomprensibile, spieghiamo cosa è successo e proviamo ad illustrare i meccanismi che sono dietro ad un caso di “inquinamento gratuito” e di “spreco” come quello di Brussels Airlines.

Cominciamo a tradurre “slot” a vantaggio di chi non ha dimestichezza con il linguaggio dell’aviazione, magari facendo storcere il naso agli addetti ai lavori per l’eccessiva semplificazione.

Gli aeroporti funzionano come i “simpaticissimi” moderni centralini che invitano il chiamante a “non perdere la priorità acquisita”. Nel gergo aeroportuale lo “slot” è una finestra di tempo, intervallo entro il quale un aeromobile è autorizzato a decollare. Questo arco di minuti (da 5 prima dell’orario previsto a 10 minuti dopo) si basa sulle regole dell’Air Traffic Flow Management e in Europa è fissato dal CFMU di Eurocontrol. La forza di una compagnia aerea sta nel possesso del maggior numero di “slot”, senza i quali sarebbe impossibile svolgere la propria attività di trasporto in determinati aeroporti.

Il mancato utilizzo degli “slot” soggiace all’applicazione di “sanzioni”: una compagnia che non se ne serve per un certo numero di volte rischia di “perdere” quello spazio di esercizio che viene riassegnato ad altre linee aeree.

In tempi di Covid il numero di passeggeri è diminuito sensibilmente e molti voli sono finiti deserti, rendendo pressoché inutile il “viaggio” dell’aeromobile costretto ad alzarsi in cielo con le poltrone dei passeggeri drammaticamente spopolate. Non decollare, però, riserva possibili conseguenze che si riflettono sulle future prospettive commerciali. Perdere i diritti di decollo e di atterraggio (specie negli scali aeroportuali più importanti ed affollati) può condannare a morte una linea aerea.

E’ così saltato fuori che in questi ultimi mesi Lufhtansa avrebbe operato ben 18mila voli che normalmente sarebbero stati cancellati per mancanza di passeggeri. Siccome 3.000 di questi voli erano sotto la bandiera della controllata Brussels Airlines, il governo federale belga – sorpreso da una simile notizia – ha deciso di scrivere alla Commissione Europea chiedendo una rivisitazione delle norme che disciplinano l’attribuzione e la conservazione degli “slot”.

La lettera scritta dal ministro della mobilità Georges Gilkinet fa perno proprio sulla necessità di riequilibrare il rapporto tra economia ed ambiente. Prima della pandemia le compagnie aeree dovevano utilizzare almeno l’80% degli orari di decollo e atterraggio programmati e probabilmente è necessario fissare una maggiore elasticità per il periodo che stiamo vivendo.

Il drastico calo di prenotazioni causato dalla variante Omicron ha indotto Lufhtansa a prevedere di cancellare 33mila voli entro la fine di marzo. Sarà così oppure gli aerei viaggeranno vuoti per non mutilare la futura operatività della compagnia?

I guru della transizione ecologica e della mobilità sostenibile che pensano di fare? I politici infervorati dalle “scie chimiche” hanno qualcosa da dire? 

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Umberto Rapetto

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