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HUAWEI? MA QUALE TRUMP, TUTTO COMINCIA AI TEMPI DI BUSH JR.

Umberto Rapetto di Umberto Rapetto
20/02/2020
in EDITORIALI
HUAWEI? MA QUALE TRUMP, TUTTO COMINCIA AI TEMPI DI BUSH JR.
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Non mi si venga a raccontare che la guerra a Huawei è un capriccio del Presidente Trump. E nemmeno si pensi che io creda all’innocenza del colosso cinese, quasi la storia dello spionaggio industriale fosse una recente boutade per azzoppare un pericoloso produttore concorrente.
Tutti parlano (e molti si impegnano per farlo a vanvera) della grande azienda di Shenzen senza conoscere una serie di precedenti storici che potrebbero consentire una più serena lettura dei recenti eventi del braccio di ferro tra Stati Uniti e Repubblica Popolare.

Chi si è svegliato ieri esperto di cyber security (come Alberto Sordi nel film “Troppo forte” un giorno medico, quello dopo avvocato e quindi ballerino classico…) probabilmente non conosce qualche antefatto che può risultare quanto meno suggestivo.
La storia delle scorribande di spionaggio industriale di Hauwei e della sua Futurewei, che ha sede a Santa Clara in California, comincia nel 2003.

La collocazione temporale è sufficiente per dichiarare per obiettive e insindacabili questioni cronologiche l’estraneità sia di Donald Trump sia di Barack Obama. La vicenda primigenia, infatti, ha avuto luogo quando alla Casa Bianca abitava George W. Bush jr. e nessuno ipotizzava complotti economico-finanziari.

L’ormai storica causa presso la Corte di Giustizia per il Distretto orientale del Texas per violazione di segreti produttivi e di opere dell’ingegno tutelate dal diritto è etichettata “266 F. Supp. 2d 551” e chi vuole approfondire la questione senza pregiudizi di sorta ne può leggere le carte.

Chi reputa la vicenda infondata, può invece dare un’occhiata ad un articolo di marzo 2003 uscito sul Wall Street Journal, in cui si legge (ma lo si trova anche altrove) che il colosso cinese avrebbe ammesso di aver copiato “un pochino”…
Quel “cicinino” che sarebbe stato sottratto si tradurrebbe nella violazione di cinque brevetti di Cisco e nella copia abusiva del codice sorgente dell’Internetwork Operating System (IOS) sempre di proprietà della azienda americana. In aula la società di Shenzen ha ammesso che un dipendente (naturalmente impossibile da identificarsi) avrebbe “inavvertitamente” inserito nel software VRP trentamila righe di codice (poche ma magari fondamentali nel milione e mezzo di quelle complessive) scopiazzate dal programma dell’impresa statunitense. Il maltolto era stato memorizzato su un disco che è ripetutamente passato di mano in mano da un dipendente ad un altro, rendendo impraticabile qualsivoglia ricostruzione dell’accaduto e ancor meno l’auspicata individuazione delle responsabilità.

Tralasciando questioni ataviche e querelle che ormai hanno quasi raggiunto la maggiore età, vale la pena segnalare che Huawei (in compagnia dell’altra realtà cinese ZTE) ha appena ricevuto un’altra pesante “mazzata” (termine d’obbligo vista l’identità del giudice che l’ha sferrata).

Amos Mazzant, questo il nome del magistrato, martedì 18 ha dichiarato l’infondatezza del ricorso presentato da Huawei e con cui si rappresentava l’incostituzionalità della messa al bando. Il provvedimento (qui disponibile per chi ha giustamente il vizio di conoscere le fonti e di sincerarsi dell’attendibilità di quel che si racconta) è la risposta all’azione legale di Huawei che aveva considerato lesivo dei diritti fondamentali il provvedimento normativo che vieta la vendita dei suoi apparati all’Amministrazione pubblica USA. Il giudice ha ritenuto che la presunta penalizzazione era da intendersi invece come legittimo limite commerciale ancorato ad insormontabili problematiche di sicurezza nazionale.
Come Berlusconi rappresentava l’aggressività della Procura milanese nei suoi confronti, qualche tifoso del produttore cinese potrebbe richiamare l’attenzione dicendo che anche stavolta è lo stesso Tribunale del Texas ad occuparsi delle faccende in questione.

Ad ogni buon conto, secondo Mazzant, la legislazione americana ha lasciato a Huawei molte altre opportunità come quella di vendere i propri dispositivi a soggetti privati negli Stati Uniti, nonché a migliaia di potenziali clienti, pubblici e privati, in ogni angolo del mondo.

Comunque la si pensi, le forniture per infrastrutture e servizi strategici non possono essere affidati a interlocutori su cui non veleggino dubbi di qualsiasi sorta.
Ripescando lo slogan di una importante industria casearia italiana, serve trovare qualcuno il cui nome “vuol dire fiducia”. Perché come diceva il Carosello “la fiducia è una cosa seria che si dà alle cose serie”.

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Umberto Rapetto

Umberto Rapetto

Segno zodiacale Leone, maturità classica alla Scuola Militare Nunziatella di Napoli, laurea in Giurisprudenza e in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Trieste e in Scienze della Sicurezza Economica e Finanziaria all’Università di Roma Tor Vergata, generale della Guardia di Finanza in congedo, già comandante del GAT Nucleo Speciale Frodi Telematiche, docente universitario e giornalista, è stato consigliere strategico del Presidente di Telecom Italia Franco Bernabè e poi Group Senior Vice President con delega alle Iniziative e ai Progetti Speciali del colosso nazionale delle comunicazioni da cui è uscito in totale divergenza con le scelte aziendali. Paracadutista e istruttore di tiro rapido, è stato il pioniere delle investigazioni tecnologiche. Protagonista di indagini che rappresentano vere e proprie pietre miliari della lotta al cybercrime, tra cui la cattura degli hacker entrati nel Pentagono e nella NASA nel 2001 e il recupero dei dati del naufragio della Costa Concordia, ha guidato le indagini – svolte su delega della Corte dei Conti – inerenti la mancata connessione delle slot machine al sistema dell’Anagrafe Tributaria con un miliardario danno per l’Erario. Quest’ultima attività investigativa ha determinato il suo trasferimento alla frequenza di un corso al Centro Alti Studi Difesa dove era docente da sedici anni e la pianificata rimozione lo ha indotto a rassegnare le dimissioni dopo ben 11 interrogazioni parlamentari sull’assoluta inopportunità di un suo trasferimento ad altro incarico. In GdF ha prestato servizio – tra l’altro – al Comando Generale, al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria e al Nucleo Speciale Investigativo ed è stato direttore del Progetto Intersettoriale “Sicurezza Informatica e delle Reti” all’Autorità per l’Informatica nella P.A. Ha svolto attività di docenza universitaria negli Atenei di Genova, Pisa, Roma La Sapienza, Roma Tor Vergata, Roma Tre, Trento, Chieti/Pescara, Teramo, Parma, Palermo, Macerata, LUMSA di Roma, Cattolica del Sacro Cuore alla sede di Piacenza, LINK Campus – University of Malta – Roma, “LUM – Jean Monnet” di Bari, LIUC di Castellanza. Relatore e chairman in convegni nazionali ed internazionali in materia di criminalità economica e tecnologica, in ambito istituzionale svolge e ha svolto attività di docenza presso la NATO School di Oberammergau (D), le Scuole di Addestramento delle strutture di intelligence, il Centro Interforze di Formazione Intelligence e Guerra Elettronica dello Stato Maggiore Difesa, la Direzione Corsi di Elettronica ed Informatica di SMD, la Scuola di Guerra, il Centro Alti Studi della Difesa, l’Istituto Superiore Stati Maggiori Interforze ISSMI, la Scuola di Perfezionamento delle Forze di Polizia, la Scuola Tecnica della Polizia di Stato, l’Istituto Superiore di Polizia, la Scuola di Polizia Giudiziaria Amministrativa e Investigativa di Pescara, l’Accademia della Guardia di Finanza, la Scuola di Polizia Tributaria, la Scuola Sottufficiali della GdF, l’Accademia Navale, l’Accademia della polizia rumena. Come free-lance ha svolto attività didattica presso il Centro di Management ISVOR-FIAT, la Scuola Superiore G. Reiss Romoli (poi Telecom Italia Learning Service) del Gruppo Telecom, l’Istituto di Informatica Direzionale IBM, l’IRI Management, l’Istituto Nazionale di Formazione Aziendale INFORMA, CEIDA, Paradigma, SOMEDIA La Repubblica, CEGOS, il Centro di Formazione Il Sole 24 ORE. Consigliere del Presidente pro tempore del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), prof. Fabio Pistella, per la sicurezza tecnologica, e in materia di protezione dei dati e dei sistemi informatici dei Presidenti Pippo Ranci e Sandro Ortis all’Autorithy per l’Energia, è stato anche consulente delle Procure presso i Tribunali di Roma, Viterbo, Grosseto, Cosenza, Palermo, Massa, Pescara e Paola, della Commissione Parlamentare diinchiesta sull’AIMA, del Comitato Usura, estorsioni e riciclaggio nell’ambito della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari, della Commissione d’inchiesta sull’Affare Telekom Serbia. E’ stato rappresentante e relatore per le rispettive delegazioni italiane in Interpol a Lyon (F), in NSG a Paris (F) e Berlin (D), in MTCR a Munich (D), in Comunità Europea a Strasbourg (F) e a Bruxelles (B), in Europol a Den Haag (NL). Già membro onorario dell’Associazione Italiana di Psicologia Investigativa e dell’Association for Certified Fraud Examiners (ACFE), è certificato “Security Advisor” EUCIP Champion (European Certification for Informatics Professionals). Autore di oltre 50 libri, iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1990, ha collaborato con i più importanti quotidiani e periodici nazionali ed è una delle firme de Il Sole 24 ORE e de Il Fatto Quotidiano e del settimanale OGGI. Attualmente è CEO della start-up HKAO – Human Knowledge As Opportunity operante nello scenario della sicurezza dei sistemi e delle reti, della riservatezza dei dati e del controspionaggio industriale con attività di consulenza, coaching, progettazione, formazione. E’ Presidente della Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali della Repubblica di San Marino (Authority di cui è stato Vice Presidente dall’aprile 2019 al gennaio 2022).

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