I rapporti di forza mondiali stanno rapidamente cambiando e la direzione verso cui si spostano è da Ovest a Est. Alcuni numeri che giustificano questo assunto li troviamo nelle statistiche:
- Nel 1980 il PIL sommato di tutte le Nazioni dell’Unione Europea era 10 volte quello cinese.
- Oggi il Pil più o meno lo stesso.
- Nel 2050 se questa tendenza continuerà l’EU sarà la metà della Cina.
- Nel 2000 gli USA erano 8 volte più grandi della Cina.
- Oggi è circa una volta e ½ quella cinese (anche se vi sono alcuni studiosi che già oggi ritengono che l’economia di Pechino sia uguale a quella americana)
- Anche in questo caso nel 2050 la Cina sarà più grande dell’economia USA
- Solo considerando i Paesi sotto la sigla CIA (Cina, India, ASEAN) questi raggruppano una popolazione di 3.5 miliardi e di questi nel 2000, solo 150 milioni si potevano considerar classe media. Oggi il benessere ha raggiunto 1.5 miliardi di persone.
L’Europa ha un enorme problema demografico, che comporta una diminuzione della popolazione indigena. Il Continente a sud, l’Africa ha il problema opposto:
- Nel 1950 l’Africa aveva una popolazione che era la metà di quella Europea
- Oggi l’Africa è cresciuta ed è 2 ½ l’Europa.
- Nel 2100 la popolazione africana sarà 10 volte quella europea.
Stiamo assistendo ad una divaricazione tecnologica tra noi e gli Stati Uniti e la Cina senza precedenti.
La Cina è già avanti gli Stati Uniti in numerosi settori, motivo questo delle tariffe trumpiane che cercano di fare così l’impossibile: cioè, riportare la produzione in America. Ma come si è reso conto anche il CEO di Raytheon in una recente intervista, il decoupling dalla Cina è impossibile. La sua azienda che è specializzata in sistemi Radar, missili e altri costosi giocattoli militari, è la prima a soffrire dall’interruzione della catena logistica dalla Cina. Tutta la produzione occidentale di armamenti deve fronteggiare enormi rallentamenti, perché la Cina ha ribattuto duramente alle sanzioni e alle tariffe americane ed europee; non è dunque una questione di soldi, che per le armi si trovano sempre, ma le richieste europee di comperare armi per il piano di riarmo e per rifornire l’Ucraina, non potranno essere soddisfatte in tempi brevi proprio per la mancanza di componenti critici che provengono da est.
Senza Antimonio non si costruiscono proiettili per cannoni e carri armati; senza il Gallio e Germanio non si costruiscono radar, missili e satelliti; senza Grafite non si producono sottomarini, aerei da caccia e stealth. Senza Tungsteno non si costruiscono armature per carri armati, navi e proiettili perforanti. Questi e altri materiali sono stati posti sotto embargo da Pechino in risposta agli atti sanzionatori di Usa e Europa. E si ricordi che la Cina detiene il monopolio mondiale di questi preziosi materiali.
Ma mentre Trump sta promuovendo un dialogo con XI attraverso delegazioni di alto livello che si sono incontrate a Ginevra, Londra, ed il 28 luglio in Svezia, proprio per discutere di come affrontare queste restrizioni, la Von der Leyen e la Kallas si sono esibite, nei recenti incontri, nelle consuete lezioncine sulla democrazia, sui diritti umani e su altre questioni di simile tenore incluso il supporto cinese alla Russia. Con il risultato che la visita della Presidente Europea a Pechino è stata ridotta ad un solo giorno e senza nessun risultato tangibile sulle scottanti questioni economiche aperte.
La politica europea si concentra ancora molto sulle “punizioni” da infliggere a coloro che non ci piacciono, ottenendo due risultati sostanziali: il primo è alienarsi la possibilità di cooperare con tale paese per raggiungere obbiettivi di reciproco interesse; il secondo è l’utilizzo di uno strumento che non riesce a sortire il risultato voluto; la Russia è un esempio lampante di ciò ed anche l’Iran per ciò che riguarda l’esportazione di petrolio; quest’ultimo ha raggiunto il record di esportazione che non si registrava dal 1978.
In maniera similare le restrizioni applicate alla Cina sui semiconduttori non hanno fatto che stimolare lo sviluppo, la ricerca e la produzione autoctona di questi componenti.
Questo vale anche per la produzione di macchinari litografici per la produzione di chip, di cui la olandese AMSL è l’unica produttrice al mondo.
Sul recente incontro in Alaska tra Trump e Putin si è già detto moltissimo, ma quel che appare chiaro è che il disimpegno americano dal conflitto ucraino continua. Lo scenario che si sta aprendo è quello di una forte riduzione e ridimensionamento degli aiuti militari a Kiev da parte di Washington (comunque afflitta dalle carenze produttive che abbiamo descritto), a fronte di un rifiuto europeo e di Kiev di negoziare con Mosca. Rifiuto che è sostenuto dalla politica europea da sempre. E dunque le spese militari per acquistare armi, principalmente dagli USA, dato che la produzione europea non ha la capacità di sostenere tale sforzo, rimarrebbero in capo ai bilanci dei paesi comunitari.
Dunque, non solo abbiamo accettato la richiesta dell’aumento del 5% del bilancio Nato, ma da adesso in poi ci dovremo far carico delle spese militari della guerra, che anche Zelensky sponsorizza, fino all’ultimo ucraino.
Il risultato non cambierà dal punto di vista del conflitto: questo è sostanzialmente già da tempo perso irrimediabilmente. Ma la retorica dell’aggredito e dell’aggressore è salva. Almeno fino al completo collasso della linea difensiva ucraina. In questi giorni stiamo assistendo alla presa di nodi importanti qual è ad esempio Pokrovsk, che potrebbero accelerare lo scenario finale. Scenario che non comprende la conquista di tutta l’Ucraina ma solo alcune aree a maggioranza russofone e la Crimea. Ma ciò che la Russia chiede da sempre sono soprattutto garanzie certe circa la non entrata dell’Ucraina nella Nato, e a questo punto, lo smantellamento della forza militare ucraina costruita dalla Nato.
Pertanto, l’Europa si ritrova con un enorme fardello sulle spalle, dopo non essere stata capace di mantenere gli importanti legami con la Russia, che avrebbero consentito di mantenere un assetto energetico compatibile con le aspirazioni industriali dei Paesi comunitari; già perché la questione energetica è l’altro grande problema che sta progressivamente deindustrializzando il tessuto produttivo europeo a causa dell’aumento vertiginoso dei costi.
Cosa servirebbe alla politica europea? Intanto un bagno di umiltà. Cento anni fa gli Inglesi, i Francesi, gli Olandesi erano i conquistatori del mondo; qualcuno ancora oggi non si è reso conto che lo scenario è cambiato e non siamo più noi ad imporre le nostre regole (non sempre belle e giuste).
L’Europa è incapace di relazionarsi con le grandi potenze; non è in grado di farlo con il suo egemone di sempre, “l’America”, ma non è in grado di farlo con la Russia e la Cina. Ha molta difficoltà anche con Paesi come India, Brasile e con quelli come i Paesi che si affacciano nel Mediterraneo, perché in maniera miope ritenuti non degni di un alto sforzo diplomatico. A parole forse, qua e la si sente qualche cosa, ma nei fatti tutto viene lasciato ad altri attori come la Turchia, ad esempio, che si muovono molto attivamente su scenari che a noi dovrebbero davvero interessare.
Manca il pragmatismo ed il realismo.
Oggi la nostra politica dovrebbe far propri i concetti di: multi-civiltà, multipolarità e di multilateralità.
A Bruxelles nulla di tutto ciò viene applicato. E se ne vedono i risultati.