L’avvocato Pierluigi Umberto Di Palma, presidente dell’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC), ha dichiarato all’ANSA che “il presidio di sicurezza ha funzionato e non ha mostrato buchi” e ha spiegato che “l’Enac non ha alcuna preoccupazione sulla sicurezza della struttura aeroportuale e del trasporto aereo”.
Quel poveraccio di Andrea Russo, trentacinque anni finiti tritati dalle eliche di un aviogetto di linea, non deve fare notizia e tantomeno suggestionare i più sensibili.
E’ giusto non fare allarmismo in un periodo in cui sono sufficienti gli episodi di cronaca a stordire il quisque de populo, ma riesce proprio difficile sostenere che la situazione sia sotto controllo.
Cosa sarebbe successo se a scavalcare le misure di sicurezza, invece di un disperato, fosse stato un terrorista suicida farcito di esplosivo?
Il discorso potrebbe facilmente fermarsi qui perché nessuno sarebbe disposto a intavolare discussioni o ad ammettere la concreta possibilità di rischi in una stagione “climaticamente” già difficile in ogni angolo del mondo.
Ma il fatto resta e con quel che è accaduto rimangono le legittime preoccupazioni di chi ha coscienza dell’escalation bellica e terroristica che il pianeta è costretto a vivere.
L’esistenza di controlli e protezioni all’aeroporto bergamasco di Orio al Serio non tranquillizza affatto, perché come la buonanima di Andrea Russo ha palesemente dimostrato non sono servite ad evitare la disgrazia. La straziante scena poteva essere ancor più orripilante se quel velivolo pronto a decollare fosse saltato in aria maciullando passeggeri ed equipaggio.
Le misure di sicurezza non sono un semplice adempimento formale per “stare a posto” con le tante leggi in materia. Devono essere efficaci (far bene il loro mestiere) ed efficienti (scattare tempestivamente e senza intoppi in caso di necessità) e non semplicemente esser state installate o ancor peggio soltanto comprate…
La “security” è una cosa seria che non si liquida asserendo che i varchi di accesso e di uscita erano “allarmati” e “presidiati”. Sbaglia chi è convinto che a bloccare un malintenzionato basti un campanello che trilla nel frastuono o la semplice presenza di un pur volenteroso addetto alla vigilanza che non corre da quando era alle scuole medie.
E se ha ragione l’avvocato Di Palma a dire che è tutto ok, quale dramma avrebbe potuto prendere forma nell’area di decollo se la sicurezza fosse stata “insufficiente”? Ci sarebbe stato Godzilla che afferrava l’aeroplano come nelle sequenze cinematografiche della storica pellicola?
La tragedia è impietosa cartina al tornasole che è successo qualcosa che non doveva capitare. Se è vero che Russo sarebbe prima o poi e chissà dove riuscito a togliersi la vita e non era l’ENAC a dover impedire quel tipo di tragedia, è altrettanto planare che uno scalo aeroportuale non doveva essere il palcoscenico di una così macabra avventura.
Il problema è e resta la vulnerabilità delle precauzioni che dovrebbero blindare una infrastruttura critica. Ma si fa prima a dire che non è successo nulla. Tanto nel giro di qualche giorno tutti avranno dimenticato e il problema è risolto…
E così è stato. Due giorni dopo – a Prato – un pluripregiudicato criminale cinese riesce a togliersi le manette e a scappare indisturbato dagli uffici della Questura. E’ un boss della droga che – acchiappato con grandi sforzi investigativi – passa dinanzi al piantone della caserma che naturalmente non gli chiede da dove salti fuori e dove stia andando.
Complice lo stereotipo dell’orientale che non pronuncia la “R” è facile immaginare l’agente di turno – come Titti alle prese con Silvestro – che esclama “mi è semblato di vedele un gatto”. E’ meno comprensibile il commento del Procuratore Capo della città toscana che dichiara ai giornali che è tutta colpa degli organici di polizia inadeguati.
Mi permetto di obiettare. Non è la quantità, ma la qualità quella che conta. E forse l’inadeguatezza sta proprio lì. In qualunque settore.