Se ne riparlerà tra 15 giorni della “autorizzazione a procedere contro il dottor Gennaro Sangiuliano nella qualità di Ministro all’epoca dei fatti” che il Senato – iniziato l’esame in Giunta per le immunità – ha ritenuto di non rendere pubblici.
Si tratta forse della “chiave d’oro” donata al ministro dal comune di Pompei, il cui valore supererebbe il limite dei trecento euro oltre il quale l’oggetto avrebbe dovuto essere consegnato agli uffici del ministero. Invece e stando alle notizie di stampa, Sangiuliano, ignaro dell’effettivo valore venale del dono, lo avrebbe consegnato ad una collaboratrice che pensava di nominare sua consulente. La corrispondenza avuta per un periodo con lei riempì per giorni, chissà come, pagine di giornali e ore di tv fino a quando Sangiuliano si dimise.
Dunque, un fatto pubblico ma anche privato, forse una certa leggerezza ma, soprattutto, la diffusione di informazioni, chissà quante vere e quante no, e, come spesso è accaduto, il dubbio che a diffonderle, se non costruirle, sia stata qualche manina. Magari guidata da manone.
Ordinarie storie di cui tutti parlano, anche se raramente se ne trovano le vere fonti. Logiche del potere, dicono, instrumenta regni (Governare, diceva Machiavelli, è far credere) e della forza dirompente delle “voci”. Il “venticello” che, cantava il Don Basilio del Barbiere di Siviglia:
sottile, leggermente incomincia a sussurrar.
piano piano, terra terra…va scorrendo, va ronzando nelle orecchie della gente,
le teste e i cervelli fa stordir…
E produce un’esplosione come un colpo di cannone…
Uno che della materia aveva dovuto interessarsi da governante e da studioso, Francesco Cossiga, ricordava “la prassi di affiancare ad ogni dossier ufficiale, un appunto su fogli bianchi privi di intestazione, con le informazioni più delicate…”.
Dossieraggi, veline ai giornali e carriere terremotate, stroncate o almeno…avvertite..
Ne fece le spese, già duemilacinquecento anni fa perfino Pericle, il cui potere politico e militare fece grande Atene. Rischiò, infatti, di cadere per le voci sul rapporto intrattenuto con Aspasia, la donna per la quale il grande stratega perse la testa e i suoi concittadini non glielo perdonavano.
Ogni pagina del libro della storia può, in proposito, raccontare di come leggerezza personale, informazioni fatte circolare deformate e connesse strumentalizzazioni a fini politici abbiano mutato eventi e carriere.
Prassi oggi arricchita con le intercettazioni, che dovrebbero servire solo a fini istituzionali e di giustizia, ed invece, distillate qua e là negli alambicchi di giornali pur indipendenti (nella testata) hanno effetti politici maggiori di un’elezione.
A parte gli anni del Berlusconi imperante, come non ricordare quel ministro fotografato con un transessuale, e non per caso e tantomeno per fare un favore al presidente del consiglio dell’epoca, o quell’altro governatore di regione costretto alle dimissioni da un video compromettente?
Foto, video casuali?
D’altronde, agli albori della Repubblica – certo in tempi di guerra fredda che imponeva una attenzione particolare – il Sifar del Generale De Lorenzo produsse un archivio di migliaia di fascicoli riguardanti vita, virtù e vizi di altrettanti cittadini di una qualche importanza civile o politica.
Addirittura, la successione ad Alcide De Gasperi, se formalmente avvenne nella Democrazia Cristiana con rituali delibere degli organi di partito, nella sostanza però, il principale candidato, Attilio Piccioni, ministro degli Esteri, fu azzoppato da uno scandalo sessuale imputato ingiustamente al figlio.
L’11 aprile 1953, sulla spiaggia di Torvajanica, vicino Roma, fu trovato il cadavere di una ragazza, Wilma Montesi. Era vestita ma non aveva le calze: quanto bastava per incuriosire un certo tipo di giornalisti e di lettori. Cominciarono le ipotesi…il venticello e le manine si mossero a dovere. De Gasperi era all’ultimo anno di vita: si contendevano l’eredità i ministri degli Esteri, Piccioni appunto, e degli Interni Amintore Fanfani. Del passaggio epocale i Servizi non potevano e non dovevano disinteressarsi.
Ci sono sempre i realisti più del re e, quando un giornale di destra, Il Merlo giallo, pubblicò una vignetta con un piccione viaggiatore diretto in questura trasportando col becco un reggicalze, un altro, Attualità, sparò esplicitamente la notizia che Wilma Montesi era stata lasciata cadavere sul bagnasciuga dopo un festa a base di cocaina cui aveva partecipato Piero Piccioni. Il quale, poi, fu completamente scagionato dal Tribunale, ma intanto il Ministro degli Esteri, suo padre, si ritirò dalla corsa per la segreteria della Dc.
Alla quale fu eletto il collega Amintore Fanfani titolare degli Interni. Il ministero che, avuta conoscenza delle accuse scritte in proposito dall’amante delusa del proprietario della tenuta in cui il festino si sarebbe svolto, diede il via alle indagini.
Annota il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dell’epoca, Giulio Andreotti: poiché nel libello di accuse si parlava anche del Questore di Roma, quindi un uomo della Polizia, “l’incarico fu dato ai carabinieri con il facile rischio di soffiare sul fuoco di un ben noto antagonismo”.