Il desiderio di fare uno scoop è irrefrenabile. Si arriva persino a gonfiare un po’ i numeri, tanto nessuno se ne accorge.
Il report “Big Brother Is Watching You (And So Is Everyone Else)”, che illustra il rischio che il Grande Fratello e chiunque altro con lui ci stiano guardando, è stato appena pubblicato da una azienda che vende soluzioni di sicurezza.
Bitsight, certamente stimata realtà imprenditoriale, ha calamitato l’attenzione su un problema fin troppo noto e – come spesso accade – altrettanto sottovalutato.
Il documento (qui a disposizione per lo vuole consultare) evidenzia la vulnerabilità delle videocamere che – collegate ad Internet – permettono di controllare gli spazi domestici quando si è assenti.
I dispositivi in questione sono “robusti” proporzionalmente al costo che si sostiene per acquistarli. Con una trentina di euro si può comprare una telecamera a colori ad alta risoluzione che ha la possibilità di zoomare e di muoversi a comando dell’utente e che ha la capacità di attivarsi in automatico e registrare quel che accade non appena rileva un movimento nell’ambiente in cui è collocata.
Chi ricorda il vecchio show televisivo “Ok, il prezzo è giusto!”, condotto in studio da Iva Zanicchi, difficilmente si sente pronto a ritenere equa la spesa da affrontare per vedersi recapitata a casa una telecamera di quel tipo. Le nuove generazioni non rammentano la programmazione delle TV commerciali al loro esordio e comunque non si pongono il quesito sul reale valore di certi prodigi tecnologici.
L’accessibilità a tutte le tasche è ricavata risparmiando sulle misure di sicurezza che certi aggeggi dovrebbero invece avere come caratteristica principale. Il problema è sostanzialmente di carattere culturale. La riservatezza della vita quotidiana è infranta già con la continua e ininterrotta esposizione di foto e video sui social, consentendo ai malintenzionati di conoscere abitudini, relazioni e localizzazione. Se non spaventano certi comportamenti esibizionisti, ci si può preoccupare della piccola cam che inquadra il salotto, naturalmente in disordine, permettendo ad un hacker iraniano di farsi un orrida opinione sui padroni di casa?
La questione è seria e non la si liquida certo in poche righe, ma in un momento in cui tanti parlano di 70 mila telecamere forse è opportuno segnalare che il numero (approssimativo, si intende) è di 40mila. E già abbiamo quasi dimezzato il peso delle preoccupazioni. A chi ha titolato sulla carta, sul web, via etere e tramite satellite che alcune importanti città sarebbero sprofondate nel panico, vale la pena suggerire di leggere il report invece di copiare il pezzo del primo che ha scritto confondendo le cifre. In quelle 17 pagine a forte connotazione pubblicitaria si scrive che nel nostro Paese le telecamere in balia di hacker e, ancor prima, di aziende produttrici che si rivendono i fatti nostri sono meno di mille.
Considerato che una famiglia media installa – calcolo a spanne – tre telecamere per controllare le stanze di maggior interesse, a rischio ci sarebbero 300 appartamenti e non l’intera Nazione.
A voler fare gli spiritosi, chi non ha casa degna di essere riprodotte sulla carta patinata di qualche rivista di arredamento può ritenere la telecamera sfruttata dai criminali una sorta di antifurto. I delinquenti, infatti, vedendo che c’è poco da rubare non faticherebbero a trovare un altro obiettivo da saccheggiare.