Voglio raccogliere con entusiasmo l’invito del ministro Musumeci. La musica, ad esempio, potrebbe costituire addirittura una pericolosa apologia.
Le nuove generazioni, infatti, non sanno che il nostro Paese – come ha giustamente ricordato il Presidente del Senato Ignazio La Russa – ha visto trucidare una “banda musicale di semi pensionati” a via Rasella. L’episodio di intolleranza verso quel simpatico gruppo orchestrale folcloristico fece adirare i manager della formazione poco apprezzata dagli italiani per l’approccio troppo “metal” delle loro performance ritmate da proiettili di mitra e dalle coreografie un pochino splatter.
Il non essersi limitati a fischiare la band ha innescato la reazione – comprensibile anche se forse un po’ eccessiva – dei dirigenti della casa discografica tedesca che alle Fosse Ardeatine sotto la guida del maestro Herbert Kappler regalò all’Italia un indimenticabile concerto per machinenpistole e piombo…
Corriamo il rischio di trovare questo sui prossimi libri di storia, redatti sotto dettatura o – forse – sotto dittatura.
Il lavaggio della memoria, esercitato con l’ammollo nella rasserenante atmosfera del negazionismo esteso e con il detersivo di versioni edulcorate di una lotta fratricida, sta sortendo i suoi effetti. Il passato è sempre più bianco, sempre più opaco. I giovani confondono la data di oggi con la Pasqua, la fondazione di Roma, la festa dei lavoratori e non citano Halloween solo perché in giro non vedono zucche oltre alla loro.
Dopodomani Ugo Forno avrebbe compiuto 93 anni. Era nato a Roma il 27 aprile del ’32. Ugo era un bambino di seconda media che il 5 giugno del 1944 richiamò l’attenzione di giovani partigiani perchè un reparto di guastatori tedeschi stava cercando di far saltare il ponte ferroviario sull’Aniene. Nel disperato tentativo di fermare i nazisti il ragazzino muore trafitto al volto e al petto dalle schegge di una bomba a mano lanciata dai soldati.
Lo si racconti ai piccoli di casa, sfidando il loro sbuffare infastidito mentre sono concentrati sulla Playstation o sull’inseparabile telefonino.
Non ci si spaventi dinanzi ad una pastasciutta come ha fatto il sindaco di Orbetello. Comprendo la lotta ai trigliceridi e la paura dell’obesità, ma forse non c’era motivo di vietare all’ANPI di ricordare come ogni anno quel pasto offerto a tutti da Alcide e Genoeffa Cervi nell’aia della loro cascina per festeggiare la liberazione.
Forse il primo cittadino della località lagunare si è irrigidito perché l’evento era previsto sul piazzale antistante la bocciofila (noto covo di estremisti armati di pannolone e deambulatore). La parola “antistante” sentita solo a metà ha fatto scattare il divieto. Il prefisso “anti” è stato fatale.