IL SITO DEL GOVERNO USATO COME UN BLOG

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TE LO LEGGO IO

“Est modus in rebus” scriveva Quinto Orazio Flacco in tempi in cui non c’era bisogno di scrivere trumpianamente Facciamo Roma Nuovamente Grande.

La moderazione – secondo molti l’opposto dell’estremismo – è un dono prezioso e in talune circostanze è d’obbligo, specie per chi riveste ruoli apicali.

Sorprende, quindi, che chi è al timone di un Paese in oggettiva difficoltà nell’avere rispetto delle Istituzioni imbracci il sito web del Governo come una mitragliatrice e faccia fuoco sulla magistratura con la stessa foga con cui sulla spiaggia si giochi con i fucili ad acqua per indispettire simpaticamente amici e bagnanti estranei.

Pur comprendendo la sorpresa di una condanna dinanzi a primigenie richieste di archiviazione e di assoluzione, probabilmente il bon ton avrebbe suggerito una reazione un pochino più composta dinanzi alla Nazione.

Sulla pagina web della Presidenza del Consiglio è apparsa, infatti, una dichiarazione che pone clamorosamente in dubbio l’operato della Autorità giudiziaria e testualmente si legge “Sono sconcertata per la sentenza di condanna del sottosegretario Andrea Delmastro, per il quale il pubblico ministero aveva inizialmente richiesto l’archiviazione e successivamente l’assoluzione. Mi chiedo se il giudizio sia realmente basato sul merito della questione. Il sottosegretario Delmastro rimane al suo posto”.

Non spaventa l’inamovibilità di chi autonomamente, forse, avrebbe potuto fare un passo indietro, ma il “se” e il “realmente” che sottolineano la più profonda disistima nei confronti di chi ha giudicato una circostanza acclarata.

In un’epoca in cui i traduttori automatici basati sull’intelligenza artificiale riescono a interpretare in qualsivoglia idioma frasi e pensieri, il dubbio esternato su governo.it e con le medesime parole su X verrebbe convertito in romanesco in quel “ma che, davero davero?” tanto caro alla Sora Lella, a Nino Brignano e ad altri personaggi che hanno esportato ed esportano le espressioni tipiche della periferia capitolina.

Churchill, se mai avesse avuto Internet a disposizione, probabilmente avrebbe adoperato toni differenti.

Mentre i più saggi prontamente sottolineano che vale la pena aspettare che siano pubbliche le “motivazioni” della sentenza, qualcuno ritiene che l’episodio consacri de facto la separazione delle carriere e ritenga superflua qualsivoglia riforma della Giustizia.

Mai come in questo caso si sbriciola l’idea che la magistratura manchi di contrapposizione tra pubblica accusa e giudice…