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LA DISTORSIONE DELLA CONCORRENZA INTERNAZIONALE

Maurizio Catello Alfonso PENNAROLA di Maurizio Catello Alfonso PENNAROLA
30/08/2024
in ECONOMIA
LA DISTORSIONE DELLA CONCORRENZA INTERNAZIONALE
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TE LO LEGGO IO

Già nell’antichità si pensava a come mettere dei ‘paletti’ per regolamentare la concorrenza. Ben prima dei romani gli antichi fenici istituirono pubblici monopoli come strumenti di politica fiscale. Nell’antica Roma il diritto romano vietò i tentativi di manipolare il prezzo delle merci. Ciascuno Stato, nel tempo ha definito leggi sulla tutela (e quindi per impedire la distorsione) della concorrenza.

Lo scopo è sempre stato nobile, impedire che persone in possesso di informazioni riservate, oppure gruppi di potentati, possano influenzare il mercato arricchendosi indebitamente.

Ovviamente, come tutte le cose umane, ogni norma è figlia del tempo e delle condizioni al contorno. Negli Stati Uniti, a seconda della floridità economica del momento, o della crisi che periodicamente sopraggiungeva, tali norme sono state costantemente adattate. Anche in Europa gli sviluppi di tali norme non si sono fatti attendere, Stato per Stato.

I diritti dei lavoratori, poi, si sono aggiunti al panorama normativo. Anche in questo caso lo scopo è sempre stato nobile, assicurare alle persone i diritti individuali per evitarne lo sfruttamento.

E’ però necessario comprendere che, ogni variazione della norma influenza i comportamenti dell’industria, e si riflette in una variazione di costo del prodotto. Facciamo degli esempi.

Norme di qualità dei prodotti. Se deve essere effettuata una lavorazione assicurando che, ad esempio, si applichino un certo numero di cicli di produzione in ambiente sterile, oppure deve essere provato un componente per un certo numero di cicli, l’azienda deve acquistare materiali speciali, prevedere procedure, addestrare i dipendenti, e tutto ciò con aggravio di costo, a vantaggio della qualità del prodotto.

Norme sulla salute. Se è necessario evitare determinati materiali (es: vernici) che in passato erano impiegati ma che oggi sono considerati tossici, e magari erano più economici, ci sarà un aggravio di costo, a vantaggio della salute del lavoratore o pubblica.

Norme sulla tutela del lavoratore. Se è necessario impiegare dei dispositivi di protezione individuale, se è necessario effettuare dei lavori in coppia, se sono necessarie strutture protettive, l’azienda deve acquistare materiali, prevedere procedure, addestrare i dipendenti, con aggravio di costo, a vantaggio della tutela del lavoratore.

Agli esempi fatti potete aggiungere tanti altri costi, quali quelli relativi alla tutela ambientale, quelli relativi agli standard edilizi, agli standard di costruzione etc.

Questi esempi non vogliono essere esaustivi, ma fanno capire come si è evoluto nel tempo il mondo del lavoro, e sono segni dell’evoluzione della nostra civiltà. Di conseguenza è evidente che il prezzo dei prodotti è maggiore negli Stati che applicano tali norme di tutela.

Ora, passaggio fondamentale, sino a pochi anni fa gli Stati Europei, nell’emanazione delle leggi sulla concorrenza, sulla tutela del lavoratore, sulla sicurezza etc, tenevano in conto degli effetti sul prezzo di vendita, ed intervenivano parallelamente con leggi che influenzavano ad esempio la tassazione o gli incentivi, naturalmente a tutela dalla propria industria, per non penalizzarla rispetto a Stati concorrenti.

Pertanto, sin quando la produzione industriale era prevalentemente effettuata nel mondo occidentale, le leggi e le norme si sono stratificate avendo un occhio di riguardo al mercato Europeo e Statunitense, e poco incideva il resto del mondo, che era visto come un mercato di esportazione.

Ad un certo punto le cose sono drasticamente cambiate. La politica Europea e Statunitense ha deciso il decentramento delle attività produttive: andare a costruire in altre nazioni, là dove il costo del lavoro è più basso.

Decisione che ha aperto il mercato ad un fatto assolutamente nuovo. Stati africani oppure orientali, sino a quel momento esclusi dalla competizione tecnologica, divenivano produttori, pur impiegando tecnologie cosiddette di basso livello.

Chi aveva scommesso che la situazione sarebbe stata tenuta sotto controllo attraverso il controllo da parte occidentale delle tecnologie cosiddette di alto livello, ha commesso una serie di gravissimi errori, che oggi paghiamo:

  • Gli Stati africani oppure orientali, dopo anni di impiego di tecnologie di basso livello, si sono evoluti, producendo ora con tecnologie all’avanguardia diventando quindi concorrenti, e non soggetti però alle norme occidentali sulla concorrenza
  • Gli Stati africani oppure orientali, dopo aver iniziato ad esportare in occidente i prodotti con licenza occidentale, hanno iniziato ad esportare prodotti locali, e non soggetti alle norme occidentali in materia di qualità, salute, ambientali, tutela dei lavoratori
  • Il basso costo del lavoro si è trasformato da iniziale fattore di guadagno (dalla semplice delocalizzazione di attività produttive) ad uno sbilanciatissimo fattore di concorrenza

Oggi siamo giunti all’assurdo nel quale, aziende occidentali con un costo di produzione elevato dovuto alla stratificazione delle predette norme, devono competere con aziende africane oppure orientali che non rispettano tali norme. 

La concorrenza è insostenibile, ovviamente. 

Nessuno può pensare che un manufatto africano oppure orientale, prodotto sfruttando personale a basso costo, che non è soggetto a norme di qualità, salute, ambientali, sfruttamento del lavoro minorile, possa essere concorrenziale rispetto ad un manufatto occidentale, con buona pace della qualità dei prodotti, del mercato e delle aziende occidentali, destinate al fallimento oppure alla delocalizzazione.

Dando uno sguardo al futuro, la situazione sarà anche peggiore. La tendenza indicata si acuirà, i prodotti orientali ed africani diventeranno prevalenti con il progressivo diminuire della produzione europea e statunitense, sostenuta dalla cecità del cittadino che compra a prezzi bassi pensando di risparmiare, senza pensare che in quel momento sta rinunciando ad una fetta della propria civiltà e sovranità, consegnando il proprio futuro e quello dei propri figli e nipoti alle potenze africane ed orientali.

Infatti, se per qualche anno ancora il sistema occidentale potrà contare sulla attuale differenza tecnologica e di know how, impiegando la nostra gente in lavori di concetto ed esportando la produzione, e lasciando agli immigrati i lavori manuali, nel tempo siamo destinati a perdere anche questo predominio tecnologico. 

Infatti, segnali evidenti di crescita delle nazioni asiatiche sono evidenti, quali la costruzione di navi, aerei, sistemi spaziali e missilistici. Con buona pace delle aziende americane ed europee, destinate al fallimento e dei loro lavoratori, destinati alla disoccupazione.

Ci sono soluzioni? Siamo in netto ritardo nella comprensione del fenomeno, specie considerando che i nostri politici ancora non lo intravedono come pericolo strategico. Per cui ancora per molti anni subiremo l’invasione di prodotti di bassa qualità e basso costo, per molti anni lasceremo le nostre aziende delocalizzate in tali nazioni, e proseguiremo a ‘beneficiare’ dell’autogoal di impiegare il loro basso costo del lavoro.

Quando il pericolo sarà compreso probabilmente sarà troppo tardi per evitare il collasso.

Qualora qualche politico, industriale ed economista lungimirante comprendano in tempo il pericolo, dovrebbero spingere l’occidente a tornare al modo di pensare degli antichi fenici e degli antichi romani.

La logica è stringente:

  • Produci con le mie stesse norme? Paghi i lavoratori quanto me? Ben venga la libera concorrenza
  • Non produci con le mie stesse norme? Non paghi i lavoratori quanto me? I tuoi prodotti saranno soggetti a dazio trasparente (basato su norme e standard) e progressivo, che scende al recepimento delle norme e degli standard (pur se all’inizio controproducente per paesi esportatori o nei confronti della bilancia dei pagamenti), circostanza che comporterà inziali aumenti su prodotti fuori norma o standard, e che spingerà i cittadini occidentali a comprare prodotti occidentali a norma

All’inizio, come dicevamo, ciò produrrà un aggravio di costo sul cittadino americano ed europeo, ma nel tempo questo consentirà all’industria occidentale di rifiatare, dare lavoro ai giovani, riportare le aziende delocalizzate in occidente, e soprattutto proteggere la fuga del know how relativo a tecnologie moderne ed innovative. 

E tale strada sarà pagante perché, anche per il resto del mondo, prima o poi arriveranno norme per la tutela della qualità e dei lavoratori, e solo allora, la concorrenza sarà libera ed equa.

Sursum Corda!

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Maurizio Catello Alfonso PENNAROLA

Maurizio Catello Alfonso PENNAROLA

Il Gen (R) Pennarola è vincitore di concorso per l’Accademia Aeronautica, Corso Zodiaco Terzo, e consegue la laurea quinquennale in Ingegneria e l’abilitazione alla professione presso l’Universita’ degli Studi di Napoli. Classificato primo al Corso Comando presso la Scuola di Guerra Aerea di Firenze, è risultato vincitore del premio internazionale Douhet-Mitchell. Classificato in prima fascia a livello interforze al corso presso Istituto Studi Strategici Militari Interforze – Roma, consegue il Master in Studi Strategici con indirizzo Internazionale ed il titolo di Consulente Giuridico delle Forze Armate. Consegue infine con lode la laurea in Scienze Politiche all’Università di Trieste ed un ulteriore master post universitario, in Difesa Cibernetica, presso la LUISS di Roma. Ha maturato nella sua carriera una lunga esperienza in campo nazionale ed internazionale, direttiva, di Comando, gestionale, tecnico-logistica, amministrativa e contrattuale. Presso il 1º Reparto Manutenzione Velivoli di Cameri (NO), oltre a supportare l’operazione Desert Storm per la difesa del Kuwait dall’invasione dell’Iraq, propone ed implementa un criterio innovativo, la centralizzazione ed il controllo delle capacità manutentive della flotta, poi esteso a tutte le flotte della Forza Armata. Presso la Direzione Generale delle Telecomunicazioni dell’Informatica e delle Tecnologie Avanzate (TELEDIFE), Roma, gestisce circa 100 contratti a rilevanza nazionale, interforze internazionali e NATO di Ricerca e Sviluppo nei settori delle comunicazioni (MIDS), identificazione (NGIFF) e Comando e Controllo, modeling e simulation e cyber defence, incluso il Sistema di Controllo Territoriale dei Carabinieri. Sotto la sua Direzione l’Italia collauda, prima in Europa, il Sistema di Comando e Controllo delle Forze Aeree della NATO. Quale Direttore del 6º Reparto Manutenzione Elicotteri di Pratica di Mare, è responsabile della sorveglianza della qualità delle lavorazioni delle industrie aeronautiche del centro Italia (velivoli ed elicotteri), e delle attività logistiche manutentive e contrattuali delle quattro linee elicotteri dell’AM dislocate in tutto il territorio nazionale. Propone ed implementa un programma pluriennale di riforma di compiti, organizzazione, procedure e normative logistiche, col risultato del raggiungimento del più alto tasso di efficienza della storia dell’AM per tutte le sue flotte. Presso l’Agenzia NATO NETMA in Germania si è occupato dello sviluppo del sottosistema di navigazione dell’Eurofighter, presso l’Agenzia NATO NAMEADSMA in USA dello sviluppo del radar di tiro del MEADS, e presso l’Agenzia NATO Communications and Information Agency (NCIA) in Olanda è stato Direttore del Programma NATO Ballistic Missile Defence, col compito di proteggere l’intera Europa da attacchi missilistici. In breve tempo propone ed implementa una riforma al fine di recuperare i notevoli ritardi ereditati. Al suo rientro in Italia, il General Manager Statunitense ha apostrofato il Programma come “un esempio per tutta la NATO”.

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