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ELEZIONI KAPUT

Giuseppe Bodi di Giuseppe Bodi
14/06/2024
in RIFLESSIONI
ELEZIONI KAPUT
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TE LO LEGGO IO

Le elezioni europee, regionali (solo il Piemonte) e comunali si sono ormai concluse. Sono stati oltre tremila i Comuni coinvolti nelle amministrative. Alle europee ha votato il 49,69% degli avventi diritto al voto, contro il 56,09% della passata tornata elettorale.

Un trionfo incontrastato delle astensioni, poco meno di un elettore su due si è recato alle urne. Senza ripetere tutti i dati, si evidenzia che nelle isole solo il 37,77% ha espresso il proprio voto. Non si ha la prova contraria ma è facilmente immaginabile che se non vi fossero state le elezioni comunali in più di un terzo dei comuni italiani l’affluenza sarebbe stata notevolmente minore. Si può notare, senza astrusi calcoli, che l’affluenza è stata minore laddove non vi sono state consultazioni locali, pur con pochissimi distinguo.

Si sa che, specie nei piccoli comuni, l’affluenza è mediamente superiore in caso di amministrative per una serie di ragioni qui lunghe da illustrare. Molti piccoli comuni hanno sfiorato o superato l’80%, percentuali che ricordano quando gli italiani si recavano compatti alle urne per dare senso alla nostra democrazia rappresentativa.

Praticamente il primo partito, più o meno, è stato votato da meno del 15% degli aventi diritto al voto. Più si scende nelle percentuali degli altri partiti e peggio è. Si può dire deludente, sconcertante od altro. Comunque nulla di positivo o di cui andare fieri come popolo italiano e come elettori.

Rispetto alle precedenti elezioni europee FdI ha più che quadruplicato i voti, la Lega è scesa di due terzi abbondanti, i 5 Stelle hanno perso un sonoro 7%. Per gli altri i risultati sono stati meno eclatanti. I votanti esteri e fuori sede hanno prodotto risultati in totale dissonanza con quelli nazionali ma sono stati di scarso valore, producendo scarti di pochi centesimi.

Nei commenti qualche partito si è agganciato all’elezione più conveniente ma la realtà inoppugnabile è quella sopra descritta. Chi ha vinto od è rimasto stabile o ha oscillato di poco è più che chiaro.

Il non elettore esprime il primo partito; non sapremo mai cosa pensa in politica ma, sicuramente, comunque andranno le cose domestiche ed europee, sarà abilissimo a lamentarsi per tutto.

Come già annotato la campagna elettorale non è stata caratterizzata da stile, lealtà ed altre note positive; solo veleni e parole di pessimo gusto.

Quindi? Il primo partito, il vincitore assoluto, senza tema di smentite è l’astensionismo. Una vergogna per un Paese che vantava primati mondiali di affluenza alle urne. Una percentuale così elevata di non votanti avrebbe potuto stravolgere o confermare o rafforzare i risultati. Non lo sapremo mai. Nella Prima Repubblica vi erano i così detti Governi di minoranza. Ora la politica ed i partiti tutti sono in eterna ed estrema minoranza, nel senso che neanche un cittadino su due ha votato tutti i partiti sommati tra loro.

Un qualsiasi politico, per carità di Dio non evochiamo gli statisti, forse non sanno nemmeno il significato vero della parola, qualche domanda dovrebbe pur porsela. Dove abbiamo errato, cosa possiamo fare per riportare alle urne la grande parte di quel 50% di astenuti? O fa comodo confidare su una minoranza? Questo vale per tutti, nessuno escluso.

C’è solo da vergognarsi quando ci si bea dei risultati e ci si dimentica, volutamente, di metà degli italiani aventi diritto al voto. Sicuramente nessuno li ha minacciati per non farli votare ma altrettanto sicuramente tutti, si sottolinea tutti, hanno contribuito nel tempo, in circa 20 anni, a produrre un simile avvilente stato di cose. Con quale spirito si rappresenta un’Italia dimezzata in Europa e si governa nel Paese? Si può dire che le percentuali dei votanti reggono solo se si accorpano elezioni locali, in particolare comunali. I piccoli comuni non influiscono molto ma, comunque, contribuiscono a tenere più alta l’asticella.

Se si fosse votato solo per le europee forse di poco si sarebbe superato il 40%. Deprimente per la nostra democrazia.

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Giuseppe Bodi

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