CNET ha usato in modo massiccio l’intelligenza artificiale attribuendo i contenuti ai suoi giornalisti e ha dovuto fare dietro-front. Quali sono le implicazioni?
Negli ultimi anni, l’uso dell’intelligenza artificiale (AI) in vari settori è diventato sempre più diffuso, anche nel campo del giornalismo. La corsa al risparmio di risorse (specialmente umane) e la pressione per pubblicare contenuti sempre più frequenti per generare SEO e vendere spazi pubblicitari ha spinto testate come CNET a farne un uso costante.
Se non fosse stato per Gael Breton, un esperto di internet marketing che se n’è accorto e per la rivista Futurism, CNET non avrebbe ammesso il tutto e avrebbe continuato ad usare l’intelligenza artificiale senza dirlo chiaramente ai lettori.
Ora CNET si è scusata per l’uso dell’IA e si è impegnata a garantire che tutti gli articoli sul proprio sito Web siano scritti da esseri umani. O almeno, a scrivere chiaramente se per la stesura di un articolo il giornalista ha fatto uso dell’intelligenza artificiale. Adesso molti pezzi recano una frase liberatoria come questa: “Questo articolo è stato generato con l’utilizzo di tecnologia di automazione ma controllata da un editore facente capo al nostro staff editoriale”
Ma per quanto scandalosa possa sembrare la stesura di articoli con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, il problema non è l’utilizzo dell’IA di per sé ma il fatto di far passare tali contenuti come articoli creati dal giornalista che li firma. Un lettore di una testata si aspetta che dietro una firma ci siano non solo l’esperienza del giornalista sul tema trattato ma un lavoro di ricerca, approfondimento e contestualizzazione che la ricerca in Google prima e l’uso di programmi come ChatGPT adesso non possono garantire. E anche nel caso di articoli in ambiti molto tecnici, la penna, il vocabolario e il tono di chi firma fanno parte di un’identità che il giornalista crea e consolida e diventa un marchio che la stessa testata dovrebbe riconoscere come valore aggiunto. Altrimenti restano solo i grandi editorialisti a rendere le testate uniche e meritevoli di lettura. Per il resto c’è Google.
In ogni caso è doveroso ridimensionare tutto il clamore intorno all’utilizzo di ChatGPT. Qual è il problema se già da tempo usiamo Google per fare ricerche per raccogliere informazioni? La cosa importante è avere la nostra ricetta: fare le domande giuste, impostare le ricerche, controllare le fonti e tirar fuori il nostro piatto.
In fin dei conti, ChatGPT ha semplicemente dato impulso all’evoluzione dei motori di ricerca. Ricadrà sempre e comunque su di noi la capacità di fare il “fact-checking” agli stessi motori di ricerca, ai programmi di intelligenza artificiale e a tutte le evoluzioni che ne seguiranno.
Si dice Google sia preoccupata per il successo di ChatGPT, ma è da tempo che lavora sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale se non altro come strumento per l’evoluzione del motore di ricerca. Non dovrebbe sorprenderci se a breve vedessimo affiancata la funzione “Generatore automatico di testi” alle funzioni che già consociamo di traduzione automatica o ricerca per immagini, oppure se invece di scrivere “creami un articolo sull’intelligenza artificiale” in ChatGPT, lo si scriva direttamente nella finestra di Google.
Oltretutto, Google non tarderà a ridefinire gli algoritmi SEO per riconoscere e dare un voto negativo ai contenuti artificialmente generati. E’ ironico che dovrà usare l’intelligenza artificiale per definire se dietro i testi c’è una persona in carne e ossa o se ci sono le risposte generate da chatGPT e affini.
Chi si preoccupa tenga conto che ChatGPT ne ha di strada da fare. Per adesso i suoi “articoli” sono come pietanze senza sale, spezie o aromi, con quel sapore di stucchevole diplomatese dove si ipotizza tutto e il contrario di tutto, perché un argomento potrebbe avere lati positivi ma anche negativi e tutto dipende dalle circostanze.
Toccherà sempre a noi aggiungere le sfumature, il tocco umano, la contestualizzazione delle informazioni, il livello di dettaglio o la complessità, l’analisi di una tematica da un punto di vista originale e personale, incrociando fatti e concetti apparentemente non in rapporto fra di loro ma legati dal nostro vissuto, dalla nostra formazione accademica e professionale e dalla nostra visione del mondo. E se qualcuno avrà domande da farci sul nostro contributo o vorrà interagire con noi in qualche modo, saremo noi a dare seguito al tutto.
Questo articolo è stato scritto da un robot multitasking in un magazzino Amazon che riesce a scandagliare la rete e creare contenuti mentre legge i codici a barre degli articoli da spedire ai clienti Prime e li inserisce nel cartone per l’inoltro al corriere.