Chiuse le urne, declamati i dati e proclamato il vincitore, cioè il nuovo Governatore della Basilicata, rifacciamo qui alcuni calcoli in modo diverso da quelli ufficiali che, naturalmente sono incontestabili perché veritieri, efficaci ed esecutivi. Una specie di gioco con pessimi risultati finali.
Ci si servirà dei dati ufficiali del Ministero dell’Interno (non degli Interni come dicono alcuni parlamentari che non sanno neanche il nome dei Dicasteri dello Stato, Stato che dovrebbero rappresentare).
Il primo partito, quello che ha tristemente vinto, è stato quello degli astenuti al voto che, secondo i dati forniti dal Ministero competente, sono stati il 50,19%. Confermando quanto era prevedibile, hanno schiacciato tutte le coalizioni. Nel 2019 furono il 46,48%, sempre vincenti anche se con un margine di poco inferiore. Si sono astenuti dal voto poco più del 50%, un cittadino su due, evitando calcoli particolareggiati, ininfluenti nel giudizio.
A questo punto, facendo 50% per comodità di calcolo, non 49,81% come è stato effettivamente, il numero dei votanti si può affermare che il 28,3% dei cittadini ha votato il Governatore Bardi, Marrese è stato votato dal 21,08% dei cittadini e Follia dallo 0,65%. Conteggi arrotondati ai centesimi per facilitare la lettura ma che non cambiano il trionfo assoluto dei non votanti.
Se fossimo stati in un referendum abrogativo la votazione sarebbe stata nulla in quanto, per renderlo valido, occorre che si rechi alle urne il 50% più uno degli aventi diritto al voto.
Fortunatamente nelle elezioni a qualsiasi livello non è previsto un quorum.
Una sempre più esigua minoranza decide chi deve governare. Sicuramente chi non vota dovrebbe continuare nella sua astensione non criticando e non lamentandosi dei risultati o delle scelte politiche conseguenti. Sì, perché un altro 35-40%, in ogni consultazione elettorale, potrebbe: a) cambiare i risultati proclamando un altro vincitore, b) renderli più netti per chi ha vinto, c) variare il peso delle singole componenti nelle coalizioni. Coalizioni che ormai sono a geometria variabile; disorientano il cittadino che può non capire le motivazioni, generalmente supportate da calcoli elettorali e non da scelte politiche serie.
Ci si deve domandare, non riferendoci a partiti e coalizioni, chi ha perso veramente? Ha perso la politica, ormai sempre meno capace di attrarre la partecipazione al voto del cittadino, hanno perso coloro i quali non si sono recati alle urne perché rappresentano il nulla in termini politici e di partecipazione alla gestione della cosa pubblica a qualsiasi livello.
Indipendentemente dal colore politico di chi risulta eletto, una minoranza sempre più esigua ha in mano la gestione del Paese a livello centrale e locale. Neanche le liste civiche, prima ritenute una panacea, sono in grado di attrarre i votanti. Forse il richiamo è maggiore in alcuni piccoli Comuni dove gli interessi in gioco toccano più direttamente la cittadinanza od i legami parentali spingono a votare. Chi non si reca alle urne non si rende conto che diviene succube di una minoranza, quella dei votanti, si ripete indipendentemente dal colore degli schieramenti politici. Sostanzialmente gli astenuti sono degli autolesionisti che delegano ad altri scelte che potrebbero non condividere.
In termini pratici, se il cittadino non si riappropria del diritto di elettorato attivo rimarrà in balia delle onde gestite dalla minoranza votante. Questo fa male alla democrazia italiana. Pensare che un tempo avevamo record di affluenza al voto che moltissimi ci invidiavano.