Non riesco proprio a cancellare dalla memoria la sequenza in cui Matteo Messina Denaro viene accompagnato fuori dalla struttura sanitaria dove è stato rintracciato. Ho ben presente la scena in cui viene fatto accomodare sul pulmino che lo deve portare a destinazione.
Ho visto il sofferto accostamento di quei fotogrammi con lo scatto che immortala un impietrito Enzo Tortora con i “ferri” ai polsi, colpevole di non aver sciolto un bimbo nell’acido e di non essersi macchiato di efferatezze che avrebbero disgustato anche Quentin Tarantino.
Ho negli occhi le orrende tumefazioni che deturpavano il volto di Stefano Cucchi, sventurato tossicodipendente e piccolo spacciatore.
Qualcuno mi liquiderà dicendomi che sono cambiati i tempi e che la nuova stagione dei “presunti innocenti” ha modificato l’approccio con la clientela della macchina giudiziaria.
Nel frattempo leggo che lo Stato non si farà intimidire. E mi chiedo, maledetto istinto, “da chi?”.
Anche qui arriva – provvidenziale lettura dei quotidiani – chi mi spiega che incombe la minaccia anarchica e che il terrorismo è dietro l’angolo.
Già, dietro l’angolo. Infatti a poche centinaia di metri da dove abito qualche giorno fa c’è stato niente meno che un attentato con l’incendio di auto e furgoni della società telefonica TIM e con l’apparizione di uno scarabocchio spray che riproduce una “A” racchiusa in un cerchio, tipica della simbologia eversiva.
In zona, qualche maledetto – da tempo – appicca il fuoco alle vetture e alle moto in sosta ma finora nessuno aveva pensato che la mano, pardon, l’accendino fosse anarchico. Fa piacere scoprire che gli atti vandalici che hanno vivacizzato il quartiere Montesacro/Conca d’Oro siano nobilitati da una matrice insurrezionalista e non siano da addebitare a uno stronzo piromane qualsiasi.
Se vedrò una limousine con autista in guanti bianchi avrò modo di capire che è stato acciuffato il responsabile. Se in stand by ci sarà un tetro “van” nero con lo scudo da “noleggio da rimessa” (quelli con vetri oscurati che sfrecciano veloci nel traffico) capirò che è stata acchiappata una intera banda…
In un Paese a fine corsa, inebetito prima dalle telenovelas e poi dai talk show, dai cuochi e dai “talent”, potrebbe essere un segnale di vitalità cerebrale qualunque manifestazione idealista. Anche in assenza del benché minimo barlume di condivisione di quel che viene detto o fatto, sarebbe di conforto sapere che c’è ancora chi è capace di pensare e magari di meditare cose insolite o in contrasto con l’opinione massificata.
In una Nazione allo sbando, qualcuno potrebbe ancora immaginare la certezza e la proporzionalità della pena, ma sarebbe lui stesso a sorridere e a lasciarsi sfuggire “scusate, lo so, mi è scappata una cazzata…”.
Mentre si discute della costituzionalità del “41-bis”, a qualcuno viene da domandare se fosse possibile istituire una analoga misura restrittiva “laica” da applicare alla politica.
L’ipotesi è tutt’altro che bizzarra. La realizzazione di certe forme di isolamento eviterebbero che un Sottosegretario alla Giustizia passi ad un amico parlamentare documentazione riservata con la stessa disinvoltura con cui un pensionato inoltra un pecoreccio filmino porno sulla chat degli ex colleghi di lavoro. Impedire contatti con l’esterno – qui inteso come il semplice fuori dal “tra sé e sé” – ostacolerebbero persino tanto torrenziali quanto deprecabili performance del deputato di qualche riga fa.
Verrebbe da cimentarsi per promuovere un referendum popolare per far scegliere agli italiani se abolire il 41 bis o di estenderne la portata a salvaguardia dei principi democratici. Sarebbe, è il caso di dirlo, …ri-costituente.