Per essere equanime, dopo un “dimenticato” sardo, vi racconto la storia di un “dimenticato” siciliano. Più che “dimenticato”, forse sarebbe meglio dire “messo da parte”… e scopriamo perché.
Gaetano Fuardo, classe 1878, orfano in giovane età, da Piazza Armerina (Enna) grazie alle sue capacità e meriti di studio – che gli fecero conseguire varie borse di studio – approdò alla laurea in ingegneria chimica a Milano. Dopo un breve quanto infelice matrimonio (la moglie Clelia Anna Gerli morì a causa di un tumore poco dopo le nozze), si gettò a capofitto nello studio e nella ricerca, con un chiodo fisso ed un traguardo ben fissato in testa: realizzare un carburante solido e non pericoloso partendo dalla benzina.
Durante il primo conflitto mondiale, da Ufficiale di Fanteria, vide i disastri causati dai serbatoi di benzina degli aeroplani abbattuti e dei depositi di carburante bombardati o colpiti dall’artiglieria: al congedo, accettò l’offerta di un’azienda francese che, dal 1920, gli consentì di proseguire i suoi studi sui combustibili solidi.
Fuardo riuscì a realizzare un procedimento ed un apparato per la solidificazione della benzina, che si trasformava in un composto solido, leggero e galleggiante come sughero, dall’aspetto di zollette di zucchero, ininfiammabile e insensibile agli urti; un secondo impianto consentiva di riconvertire in forma liquida la Benzina F per l’uso ordinario.
Un ritrovato comprensibilmente rivoluzionario per la logistica militare di aderenza e per la sicurezza dei trasporti marittimi.
Nel 1935 Fuardo infatti scrisse «La mia benzina renderà inutili le petroliere, il costo di trasporto diminuirà enormemente perché qualsiasi nave potrà caricare la benzina F nelle sue stive senza pericoli o danni. I mari non verranno più inquinati. Gli incendi verranno evitati e così gli scoppi e cento altre disgrazie provocate dal petrolio o dalla benzina.»: il suo sogno era giunto in porto, la “Benzina F” (F da Fuardo) era una realtà.
Eppure, questa realtà – come si può facilmente intendere – da sogno realizzato si trasformò in un incubo: Fuardo provò a mettere a disposizione dell’umanità la sua scoperta, ma fu osteggiato dall’industria, dalla politica lobbistica e dall’establishment militare e si ritrovò a dover vendere la tomba della moglie al Cimitero Monumentale di Milano per sbarcare il lunario.
Decise di trovare nuovo rifugio in Inghilterra, che inizialmente lo accolse, ma l’offerta di acquisire in via esclusiva il brevetto lo spinse a tornare in Italia. Tuttavia la “perfida Albione” decise di “trattenerlo” per motivi di sicurezza nazionale, impedendogli il rientro in Patria, che fu possibile solo grazie ad un provvidenziale intervento del S.I.M. (il “Servizio Informazioni Militari” – i Servizi Segreti dell’epoca) che lo mise a disposizione del Regime transitando dai Paesi Bassi.
Il periodo non era fausto per gli innovatori tecnologici mossi dalla passione: l’invenzione di Fuardo, insieme allo scienziato in persona, furono “ceduti” al regime hitleriano, che aveva all’epoca la forza economica e industriale di realizzare un impianto funzionante con la formula dello scienziato siciliano, e ben presto, già dal 1944, lo stabilimento di Düsseldorf-Duisburg sfornava le prime casse di Benzina F che, insieme alla BUNA (la gomma sintetica) e alla benzina sintetica da carbone idrogenato, prese piede nei sogni vanagloriosi di Hitler minati dalla mancanza di materia prima.
Gli Inglesi tuttavia evidentemente seguivano molto da vicino Fuardo, forse per lo “sgarbo” di qualche anno prima, e la fabbrica venne rapidamente individuata dai Servizi Segreti e rasa al suolo. Incredibilmante, carteggio, progetti e il segretissimo procedimento furono trafugati e finirono nelle mani degli Americani, che realizzarono due copie perfette dello stabilimento nazista, che sfornò il prodotto finito per tutto il 1952; la lobby del petrolio ebbe la meglio ed il Presidente Eisenhower, appena eletto, decise di smantellare gli impianti.
Ritornato in Italia, Fuardo propose la sua invenzione alla Fiat che, seppure interessata, decise di non procedere oltre per le difficoltà di dover trasformare le linee di produzione dei motori per consentire l’utilizzo della Benzina F.
Una nuova delusione in patria, dunque, per Fuardo, ma la Francia non demorde: evidentemente il prodotto funzionava, tant’è che i Servizi francesi contattarono l’inventore siciliano che stipulò nello stesso 1952 con il governo d’oltralpe un importante contratto di fornitura di combustibile solido, che immediatamente trovò impiego nella Guerra d’Indocina nella quale le truppe francesi erano assetate di benzina e che, dopo il primo riuscito trasporto di duecento metri cubi di materiale, paracadutati su Dien Bien Phu, proseguì nei due anni successivi.
Il povero Fuardo non utilizzava evidentemente efficienti sistemi antisfiga: verso la fine del ’53 fu misteriosamente oggetto di una violenta aggressione, che lo lasciò malmenato e con un femore rotto ma che, soprattutto, vide il furto della valigetta in cui conservava gelosamente la formule ed i procedimenti della sua invenzione, fortunosamente lasciati in copia poco prima al cugino-assistente che lo ha seguito per lungo tempo.
Senza preavviso, la Francia rescisse improvvisamente il contratto nel 1954, adducendo imprecisati “ritardi nelle forniture”, lasciando così nuovamente a terra il povero scienziato, che cadde in depressione, temendo nuovi attentati alla sua vita, privato dei suoi preziosi documenti e soprattutto non avendo più mezzi di sostentamento. Intentò sì causa al governo francese, ma la vittoria ed il risarcimento di un miliardo di franchi giungerà troppo tardi, dopo la sua morte nel 1962, quando ormai paranoico e dimenticato in un ospizio della Ciociaria raccontava delle visite quotidiane di Hitler nello stabilimento in Germania per sapere dei progressi del procedimento…
Gli eredi si spartirono litigiosamente l’indennizzo, ma ebbero almeno il buongusto di far tumulare Gaetano Fuardo nella natia Piazza Armerina.
Un paio di note di colore: il brevetto, depositato in Francia nel 1952 e registrato nel 1954 (n. FR1068141/1954) avrebbe potuto essere reclamato dall’Italia.
Eppure, nessuno fece nulla, l’invenzione cadde nel dimenticatoio delle buone cose che non “servono” a nessuno, soprattutto all’industria petrolifera e alle modifiche che avrebbe imposto alle produzioni meccaniche; ma soprattutto avrebbe scalfito gli equilibri economici internazionali a vantaggio dei Paesi non produttori, tagliando i costi dell’energia.
Corre voce però che in Ferrari, sul finire degli anni ’80, sia stato sperimentalmente rispolverato il processo di Fuardo, e pure con un certo successo.
Da ultimo, la laconica e disarmante risposta ad un’interrogazione al Parlamento Europeo del 2008 ha messo la pietra tombale sullo sfortunato Gaetano Fuardo.
Dobbiamo grazie a Salvatore Cosentino, giornalista siciliano che con caparbietà ha seguito le flebili tracce di Fuardo nel libro-romanzo “Il Giallo della Benzina Solida”, pubblicato nel 2007 per i tipi Bonfirraro Editore.