Nel tumulto di giornate che sembrano richiamare le ombre del passato, la crisi attuale in Medio Oriente ci riporta alla mente un tragico episodio. È il 27 dicembre dell’85, quando un gruppo di terroristi palestinesi compie, per la seconda volta, una strage nell’aeroporto di Fiumicino, ripetendo un orrore simile a quello del 1973.
L’attacco viene orchestrato con uno spietato mix di bombe a mano e mitragliatori Kalashnikov, rivolto contro le postazioni delle compagnie El Al e TWA, rispettivamente israeliana e americana. Le vittime innocenti cadono come foglie, mentre il terrore si diffonde tra le persone in fila per l’imbarco e coloro che si trovano al bar dell’aeroporto, presente a poca distanza.
Il commando terroristico era arrivato a Roma un mese prima dell’attacco, ma gli estremisti palestinesi avevano già segnato il territorio con una serie di attentati. La sistematica escalation antisemita inizia con dei colpi di bazooka contro l’ambasciata degli Stati Uniti, poi la bomba che devasta il Café de Paris in via Veneto, quindi l’attacco alla Sinagoga di Roma e il drammatico dirottamento della nave da crociera Achille Lauro, durante il quale viene ucciso Leon Klinghoffer, un passeggero americano in sedia a rotelle ammazzato solo perché di fede ebraica.
Ma torniamo a quel fatidico 27 dicembre. La violenza esplode alle 9.05, quando un commando, formato da quattro terroristi, sferra il suo spietato attacco verso tutti coloro i quali si trovano nei pressi dei check-in delle compagnie El Al e TWA.
La sicurezza israeliana li individua. L’inferno si scatena. Inizia lo scontro con combattimenti ingaggiati per limitare gli effetti della follia omicida. Gli aggressori lanciano bombe e sparano, mirando ai passeggeri in fila. Tre dei terroristi incontrano la morte nel fuoco incrociato con i giovani carabinieri e poliziotti, comandati di vigilare quella delicata zona aeroportuale, considerata non a torto un obiettivo sensibile.
Restano a terra 13 morti e 80 feriti.
A pochi minuti di distanza a Vienna, un altro gruppo armato attacca l’aeroporto uccidendo altre tre persone e ferendone oltre quaranta. Tutto fa parte di una strategia di terrore ben pianificata.
Il mandante di questo terribile attentato è Abu Nidal, il capo di una fazione palestinese ostile alla linea moderata dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) guidata da Yasser Arafat e che sarà ucciso a Bagdad nel 2002.
Oggi, le Stragi di Fiumicino sembrano un ricordo lontano, troppo facilmente dimenticato dalla memoria collettiva. Tuttavia, esse rappresentano una stagione storica che non dovremmo mai rimuovere. Un periodo in cui il terrorismo mieteva vittime innocenti, in un contesto di conflitti politici e armati che coinvolgevano il mondo intero.
In questo frangente critico, l’attuale crisi nel Medio Oriente connotata dalla feroce attività terroristica palestinese in territorio israeliano, reclama la nostra attenzione e richiama alla memoria gli eventi oscuri del passato, appena rievocati.
Purtroppo il terrorismo internazionale non conosce confini e può colpire ovunque, in qualsiasi momento. È un nemico che dobbiamo affrontare con determinazione mediante gli organismi di intelligence, impegnati a individuare e neutralizzare minacce potenziali, adottando misure di prevenzione basate su elevati livelli di collaborazione a livello globale. Il delinearsi di questo nuovo conflitto, che si aggiunge all’interminabile guerra Russo-Ucraina, espone il mondo a una pesante minaccia e a un momento di prova per il futuro della stabilità globale, con inquietanti rischi per la sicurezza interna e la pace mondiale.
È essenziale che la comunità occidentale, insieme al mondo intero, si uniscano in un atto di solidarietà nei confronti di Israele, in modo da affrontare questa sfida globale con determinazione e con grande coraggio.